lunedì 14 gennaio 2019

L’OSTIA, IL VANGELO E LA LASAGNA. (RIFLESSIONI SUGLI ATTI DEGLI APOSTOLI, 3)


LEONARDO LUGARESI
Dunque eravamo al punto in cui, nella chiesa primitiva, scoppia il caso delle “vedove trascurate” e si scopre che non è proprio vero che «tra loro nessuno è indigente». Del resto, non è una sorpresa: Gesù una volta, a Betania, l'aveva pur detto a quei discepoli, ardenti di passione per i poveri, e infuriati per lo spreco di trecento denari in «nardo autentico» (non un'imitazione!), “buttati via” per ungere il suo capo: state tranquilli che «i poveri li avete sempre tra di voi (μεθ' ἑαυτῶν)» (Mc 11,7) e se volete far loro del bene avete tempo per farlo fino alla fine della storia.
Cosa fanno allora gli apostoli? «I Dodici, avendo convocato in assemblea la moltitudine dei discepoli, dissero: “Non è accettabile (ἀρεστόν) che noi lasciamo la parola di Dio(ἡμᾶς καταλείψαντασς τὸν λόγον τοῦ θεοῦ) per servire alle mense (διακονεῖν τραπέζαις)”» (6,2).  Punto primo.
Pietro Apostolo, Masaccio Cappella Brancacci (part)

Che meraviglia questo esordio! Gli apostoli non corrono a mettersi una parannanza e a servire a tavola le vedove degli ellenisti, per "dare loro per primi il buon esempio", "riparare allo scandalo di una chiesa troppo spesso distratta”, “rendere concreto nella solidarietà il messaggio di Cristo" e "far sentire più vicina alla gente la parola di Dio con la condivisione del pane" eccetera eccetera, come probabilmente farebbero oggi molti loro successori ... Si preoccupano invece, per prima cosa, di ribadire qual è il compito loro affidato da Dio e di riaffermarne l'assoluta priorità rispetto a tutte le altre incombenze, pur gravi e pressanti: «noi, da parte nostra, continueremo a perseverare nella preghiera e nel servizio della parola (τῇ προσευχῇ καὶ τῇ διακονίᾳ τοῦ λόγου προσκαρτερήσομεν)» (6,4).
Ritorna il concetto di diakonia, evocato sin dall'inizio del passo (6,1: le vedove degli ellenisti «venivano trascurate nella diaconia quotidiana), se ne assume la centralità per la vita cristiana, ma al tempo stesso si mette in chiaro che esiste un “servizio alla parola di Dio” che viene prima (e per gli apostoli è il compito specifico a cui devono dedicarsi totalmente) del “servizio alla mensa”. Viene prima, come vedremo meglio, perché lo fonda e gli dà senso. «Così è chiaramente indicata la posta in gioco della crisi; l'assistenza alle vedove non viene messa in discussione, ma viene subordinata a una necessità che la sovrasta: la diffusione della Parola, garante della crescita della Chiesa» (Marguerat).
Ci vuole un certo coraggio, oggi, ad assumere la stessa posizione, perché un po' tutti, chi più chi meno, siamo stati contagiati dal bacillo del dubbio che, di per sé, il servizio alla parola di Dio non basti, non sia concreto, non sia credibile, non sia autentico. La parola di Dio – che non è un flatus vocis, ma è la persona del Figlio fatto uomo, morto e risorto per la nostra salvezza e sacramentalmente unito a noi nella chiesa – temiamo che non basti, temiamo che resti astratta se non è corroborata dalla “tavola”.
Cosa intendo qui con questo emblema? Intendo l'idea – pericolosissima perché assume in sé, falsificandolo, uno spunto di verità cristiana – che per sfamare l'indigenza umana la parola divina fatta carne non basti, che ci voglia lo sforzo umano della condivisione e del soccorso materiale. Se no quella parola non diventa carne. Perché, infatti, si organizzano i pranzi di solidarietà nelle chiese, quando si potrebbero benissimo fare in altri posti? Esattamente per significare questo: che la chiesa è un luogo di vita concreta, che lì gli uomini trovano il cibo che li sfama. Ma in questo modo non si implica che ciò che normalmente si dovrebbe fare in chiesa, cioè celebrare la liturgia, non basta, non è ultimamente vero, dal punto di vista cristiano, e non è adeguato al bisogno dell'uomo se non in quanto sostenuto dall'impegno caritativo a favore dei poveri? Non si sostituisce alla fede nella potenza di Dio, quella nel nostro impegno morale? Banalizzo, chiedendo venia per la volgarità: non si finisce per pensare che il vangelo e l'ostia non bastano, senza la lasagna?
Il vero e il falso che si mischiano a generare questo orrendo equivoco sono ben chiariti dal seguito del racconto di Atti. Domani lo vediamo.

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