Il governo e la linea politica del Quirinale, erede di un passato che non
c’e’ piu’
Il discorso di
fine anno di Sergio Mattarella conferma la trasformazione della Presidenza
della Repubblica in corso fin dagli anni Novanta. Il suo intervento, la
Costituzione, distanza dal contratto di governo tra Cinque Stelle e Lega.
Appunti, note storiche, riforme istituzionali necessarie e paralisi politica
Il Presidente della Repubblica ha
fatto il suo discorso di fine anno sui "buoni
sentimenti", un intervento che nessuno ha voluto criticare per evitare
l'innesco di una polemica politica il primo giorno del 2019, ma
basta un'attenta lettura per vedere come sia tutt'altro che una fiaba
per il governo.
Qualcuno fa dell'ironia sull'accento
posto da Mattarella sui "buoni sentimenti", ma in realtà si tratta di
un passaggio politico molto importante, tutt'altro che privo di conseguenze (le
vedremo in futuro, come sempre), basta semplicemente ricordare lo slogan della
Lega di Salvini per catturare la distanza tra
Mattarella e il quadro di governo: "Prima gli italiani". Siamo di
fronte a due visioni del mondo opposte.
Sul piano della sostanza politica non è
certo una sorpresa, Sergio Mattarella ha una biografia lontana anni luce (in
tutti i sensi) da Di Maio e Salvini, e fa di tutto per non nasconderlo.
Mattarella esprime una testimonianza
novecentesca della storia politica italiana, è figlio di un glorioso
partito dissolto (la Dc), ha continuato a fare politica con un altro partito
evaporato (la Margherita), è stato eletto da una maggioranza che non c'è
più (quella del centrosinistra), fu scelto da un leader oggi finito
nell'irrilevanza (Renzi), la sua elezione provocò la rottura di una larga
alleanza di governo (il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi), è
l'incerto punto di riferimento di un partito in grave crisi di identità
(il Pd). Tutti i punti cardinali dell'esperienza di Mattarella sono
inesorabilmente al passato.
Questa esperienza è
viva al Quirinale e in alcune
entità che sono impermeabili più di altre al cambiamento politico, le
burocrazie istituzionali che hanno sempre un collegamento diretto con la
Presidenza della Repubblica. Anche in questa legislatura.
Qualsiasi Presidente della Repubblica ha
una sua visione e naturalmente una certa distanza rispetto al quadro politico,
la storia della Dc - da cui Mattarella trae chiaramente ispirazione - è piena
di episodi che segnarono un conflitto tra il Presidente e il suo
partito. Qui però la situazione è profondamente diversa, Mattarella esprime qualcosa che non c'è più
nella mappa politica italiana. Si può sostenere con ragione che egli
esprima posizioni culturali che vanno oltre il quadro dei partiti, che siano il
quadro di valori compiuto del paese. Siamo in un campo storico-filosofico, ma
prendiamo per buona anche questa tesi e poniamoci una semplice domanda: quello che dice Mattarella è quello che
pensa la maggioranza degli italiani? Ai lettori la risposta.
Naturalmente il Presidente non deve
rappresentare la maggioranza, non è questo il suo compito, è chiaro, ma non può neppure assumere come valide e
indiscutibili le sole idee della minoranza. Come vedete, siamo in un
campo delicatissimo. Né i partiti né l'opinione pubblica sono un punto di
ancoraggio sicuro per la sua azione politica così come si sta delineando dopo
il voto del 4 marzo 2018. Perché di politica si tratta, è bene
ricordarlo.
(...)
Si oscilla tra
equilibrio, equilibrismo e un'impostazione culturamente distante e dunque per forza di cose contraria alla
maggioranza.
Qualcuno sostiene che sia un
bene che Mattarella controbilanci questa
maggioranza, ma sul piano istituzionale il Presidente della Repubblica non ha
questa funzione, non è un contropotere, non può esserlo. (...)
Siamo di fronte a
una linea politica "attiva" del Quirinale. La conseguenza
politica coerente con questa evoluzione dovrebbe essere quella di cambiare la
Costituzione e introdurre il presidenzialismo, ma la sola idea di prendere atto
della realtà spaventa i partitanti e l'establishment di lungo corso. Non si
può dire e non si può fare. Non si può pensare e non si può agire. Si
preferisce restare nel rassicurante limbo di un indistinto potere dove
tutti fanno tutto, un gioco degli
equivoci in cui alla fine l'azione legislativa e il potere esecutivo
sprofondano nelle sabbie mobili.
Il 2019 parte come
aveva annunciato il 2018, nella
conservazione. Vedremo presto se avrà anche elementi di rivoluzione. Buon
anno.
Tratto da LIST
Nessun commento:
Posta un commento