domenica 6 luglio 2014

IL 4 LUGLIO E LA LIBERTA' RELIGIOSA

Oggi è il Quattro Luglio, la festa nazionale con cui gli Stati Uniti d’America celebrano l’indipendenza dalla gran Bretagna, proclamata a Filadelfia nel 1776, ovvero la quintessenza di ogni patriottismo americano. E oggi si conclude il “Fortnight for Freedom: Freedom to Serve”, ovvero i “15 giorni della libertà per servire”, indetti dalla Conferenza episcopale cattolica statunitense anzitutto per chiedere a Dio il dono della libertà religiosa, e la conclusione solenne è  la Messa di mezzogiorno (ora della Costa Orientale) celebrata nel santuario nazionale dell’Immacolata Concezione della capitale  degli Stati Uniti dal cardinal Donald W. Wuerl, arcivescovo di Washington, e dall’arcivescovo di Louisville, nel Kentucky, mons. Joseph E. Kurtz, presidente della Conferenza episcopale cattolica americana.

È una mobilitazione senza precedenti, una vera e propria Crociata di cui nessun media ha parlato, capace di smuovere parrocchie e conventi, suore e frati, organizzazioni laicali e movimenti, anche con il “concorso esterno” di altri credenti, protestanti, ortodossi ed ebrei.
Le “salmerie” delle “truppe” sono state immagazzinate sul sito dei vescovi americani, dalle litanie per la libertà religiosa alle preghiere a san Tommaso Moro (martire “di Stato” e patrono degli uomini politici) e alla Vergine di Guadalupe (“imperatrice e madre delle Americhe”), dagli spunti per la meditazione quotidiana alle intenzioni dei fedeli per l’uso liturgico nelle Messe “speciali” appositamente celebrate, dalla guida per l’adorazione eucaristica in difesa di vita, matrimonio e libertà ai sussidi appositamente pensati per le parrocchie, il tutto disponibile in inglese e in spagnolo, ma anche in vietnamita e in tagalog (la lingua dei filippini). Una portentosa “novena” speciale e allungata, insomma, che, un occhio sagace al calendario, ha voluto intenzionalmente appoggiarsi alle memorie liturgiche di santi “attuali” quali Pietro e Paolo (la fedeltà al Vicario di Cristo e la missione ad gentes), i primi martiri della Chiesa di Roma (dai colossei di ieri a quelli di oggi), Giovanni Battista (patrono di tutti i santi e primo servo di Cristo) nonché Giovanni Fisher e il citato Tommaso Moro, messi a morte da uno Stato dispotico perché fedeli al principio non negoziabile del matrimonio indissolubile.

La dura offensiva che da anni L’Amministrazione retta dal presidente Barack Obama porta avanti contro fedi e religioni, e prima di tutto contro la Chiesa Cattolica, preoccupa infatti fortemente i vescovi americani, che doviziosamente ricordano e documentano ogni discriminazione.

Quello americano è del resto un caso clamoroso. Nel cuore del “mondo libero”, al centro della “democrazia perfetta”, si svolge da tempo un braccio di ferro che non ha precedenti se non nei Paesi totalitari. 
In tutti i modi la Casa Bianca tenta infatti di ridurre al silenzio la Chiesa (e in genere ogni fede) e di renderne ininfluente al lato pratico certamente la missione spirituale ma anche la grande opera di sollecitudine sociale che negli anni, con un impennata mai vista proprio in questi ultimi tempi di confronto serrato, le ha fatto guadagnare la stima e il rispetto persino di ambienti del tutto improbabili, talora persino di Chiese protestanti altrimenti decisamente critiche verso il cattolicesimo. 
Il contenzioso più evidente è certamente quello scoppiato attorno alla riforma sanitaria voluta da Obama, che impone ai datori di lavoro di sottoscrivere per i propri impiegati polizze assicurative che comprendono anche ogni tipo di tecnica per il controllo delle nascite, e proprio la ferma opposizione della Chiesa Cattolica in questo campo ha schierato solidalmente a fianco dei vescovi numerosi esponenti significativi del mondo protestante.

Ma la battaglia è proseguita lungo le mille sponsorizzazioni che Obama e il Partito Democratico hanno apertamente elargito a ogni tipo d’intervento legislativo che miri a calpestare i “princìpi non negoziabili”, dalla distruzione della famiglia naturale attraverso l’“ideologia di gender” e il “matrimonio” omosessuale (talora persino la poligamia) alla lotta aperta contro la libertà di educazione, sino al vero e proprio tentativo di emarginare dalla vita pubblica del Paese (di cui pure sono parte integrante e decisiva da sempre) i credenti e in specie i cattolici fedeli al Magistero. Per questo la Conferenza episcopale cattolica americana si è trovata persino nella condizione limite di dover istituire, nell’autunno del 2011, un “Comitato ad hoc per la libertà religiosa” che vigili sulle gravi violazioni di cui il governo americano si sta macchiando, compiendo un gesto eccezionale se si pensa che di solito organismi così vengono istituiti per monitorare i Paesi dove la cristianofobia versa quotidianamente il sangue dei credenti.

La strategia dei vescovi americani è peraltro cristallina: fanno quadrato, con grande sostegno di popolo, coniugando, con raffinata intelligenza e carità, la fermezza sui princìpi (difesi senza paura in ogni sede pubblica) e la disponibilità al confronto sereno e schietto (mai da loro negata benché sempre di fatto rifiutata dalla Casa Bianca). 
Durante il “Fortnight for Freedom” lo ha dimostrato ancora una volta il capo dei vescovi americani mons. Kurtz, che il 30 giugno ha firmato, accanto a leader di Chiese e organizzazioni protestanti ed ebraiche, in tutto rappresentando 100 milioni di americani, una lettera  con cui si chiede ai leader delle maggioranze e delle minoranze politiche delle due ali del Congresso di Washington di difendere l’oggi minacciato “Religious Freedom Restoration Act” (RFRA), cioè la legge votata (quasi all’unanimità) dal parlamento americano nel 1993 che impedisce di limitare l’esercizio pratico della libertà religiosa, secondo quanto peraltro già prevede la Costituzione federale americana. Come ha efficacemente scritto mons. Kurtz, «grazie a Dio per il RFRA», strumento di vittorie importanti come quella, recente, nel “caso Hobby Lobby”.

Nell’“era Obama” gli Stati Uniti stanno certamente diventando un luogo sempre più ostile per i cattolici, ma ciononostante gli Stati Uniti stanno pure diventando “un Paese più cattolico”. I cattolici americani sono infatti oggi tra i cittadini più patriottici, spesso quelli che hanno più chiaro il senso autentico delle libertà americane; “i più americani degli americani”, insomma, con una Chiesa viva e fedele che guida con carità e coraggio un “esercito” ben addestrato.


Nessun commento:

Posta un commento