(Il sinodo sulla Famiglia comincia a manifestare irritazioni scontri e poca comprensione reciproca. nota di admin)
Sembrava quasi una bega di paese, un piccolo “scandalo” diocesano assurto
alle cronache nazionali per il solito corto circuito mediatico. E invece la
vicenda del parroco di Cameri, don Tarcisio Vicario, consegnato alla gogna
mediatica dal suo vescovo monsignor Giulio Brambilla per aver tentato di
spiegare ai propri parrocchiani perché non è possibile ammettere ai sacramenti
i conviventi, sta diventando il simbolo
della lotta che si prepara al prossimo Sinodo sulla famiglia.
Amami e capirai: MARC CHAGALL, IL CANTICO DEI CANTICI |
Don Tarcisio aveva semplicemente cercato di spiegare il Catechismo
sostenendo che una convivenza implica il permanere in una situazione contraria
alla legge di Dio, mentre dopo un peccato anche grave – fosse anche l’omicidio
– ci si può riconciliare se veramente pentiti. Il vescovo di Novara non solo
aveva preso le distanze e svergognato il suo prete, aveva anche preteso – in
puro stile maoista - che firmasse una lettera di scuse da leggere nelle chiese.
Nei giorni successivi, ovviamente, su giornali e social media è stato tutto un “Dalli a don
Tarcisio”, mentre il povero parroco era nel frattempo in viaggio in Irlanda per
un pellegrinaggio programmato da tempo (magari è vero, ma siccome si dice
sempre così qualche dubbio viene).
Ma la vicenda ha avuto una eco che è arrivata fino alla preparazione del prossimo Sinodo dei
vescovi. Il 26 giugno infatti c’è stata la presentazione dell’Instrumentum
Laboris che sarà la base della discussione al Sinodo (clicca qui).
A presentarlo alla
stampa c’era anche il segretario generale del Sinodo dei vescovi, il cardinale
Lorenzo Baldisseri, che già nei mesi scorsi era stato protagonista di uscite
che andavano nel senso di una ridefinizione della dottrina sul matrimonio.
Nell’occasione Baldisseri ha presentato le diverse parti del corposo documento,
insistendo molto sull’attenzione e la sensibilità verso le «situazioni
pastorali difficili», sulla necessità di «guarire le persone ferite» e di «una
pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza
misura».
Insomma, nulla che possa rovinare l’immagine di una Chiesa accogliente, che non giudica più, in cui si evita di dire le cose spiacevoli per non urtare la sensibilità, in cui quel che conta è l’amore, come direbbe anche Barack Obama. Senonché a margine della presentazione dell’Instrumentum Laboris un giornalista dell’Ansa chiede al cardinal Baldisseri della vicenda di Cameri e delle parole di don Tarcisio. E allora improvvisamente la musica cambia: «Una pazzia», dice Baldisseri, «si tratta di un’opinione strettamente personale di un parroco che non rappresenta nessuno, neanche se stesso». Non rappresenta nessuno, neanche se stesso: in pratica gli ha dato del malato di mente. E allora si è cominciato a capire che la misericordia di cui tanto si parla non riguarda tutti, anzi per qualcuno il giudizio sarà senza alcuna pietà.
Insomma, nulla che possa rovinare l’immagine di una Chiesa accogliente, che non giudica più, in cui si evita di dire le cose spiacevoli per non urtare la sensibilità, in cui quel che conta è l’amore, come direbbe anche Barack Obama. Senonché a margine della presentazione dell’Instrumentum Laboris un giornalista dell’Ansa chiede al cardinal Baldisseri della vicenda di Cameri e delle parole di don Tarcisio. E allora improvvisamente la musica cambia: «Una pazzia», dice Baldisseri, «si tratta di un’opinione strettamente personale di un parroco che non rappresenta nessuno, neanche se stesso». Non rappresenta nessuno, neanche se stesso: in pratica gli ha dato del malato di mente. E allora si è cominciato a capire che la misericordia di cui tanto si parla non riguarda tutti, anzi per qualcuno il giudizio sarà senza alcuna pietà.
Ma la reazione sproporzionata del cardinale Baldisseri si può spiegare con il fatto che a
chi cerca di nascondere nella nebbia di tante parole dolci ed espressioni
accattivanti il tentativo di modificare
la dottrina della Chiesa, a dare
maggiormente fastidio è proprio la riproposizione pura e semplice della verità
sull’uomo che la Chiesa ha sempre annunciato.
E che questo sia il punto lo conferma l’intervento di un altro cardinale, il canadese Thomas
Collins, arcivescovo di Toronto, che in un’intervista concessa il 25 giugno a “Word on Fire” (e
segnalata dal blog di Sandro
Magister) afferma chiaramente che c’è chi sta creando una aspettativa sul
cambiamento di dottrina nella Chiesa a riguardo del matrimonio, così come
accadde con Paolo VI alla vigilia dell’enciclica Humanae Vitae:
«Questo genere di aspettativa – dice il cardinale Collins – si basa sull’idea
che la dottrina cristiana sia come la politica di un governo: quando cambiano
le circostanze, o quando cambia l’opinione della maggioranza, allora anche la
politica cambia». Ma non è così: «La dottrina cristiana è fondata sulla legge
naturale che è inscritta da Dio nella nostra natura, e soprattutto sulla parola
rivelata da Dio».
E neanche a farlo apposta, richiesto di chiarire l’insegnamento della Chiesa in materia di
divorziati risposati, il cardinale
Collins usa esattamente le stesse espressioni del povero parroco di Cameri: «I
cattolici divorziati e risposati non possono ricevere la santa comunione dal
momento che, quali che siano la loro disposizione personale o le ragioni della
loro situazione, conosciute forse solo da Dio, essi persistono in una condotta
di vita che è oggettivamente in contrasto con il chiaro comando di Gesù. Questo
è il punto. Il punto non è che essi
hanno commesso un peccato; la misericordia di Dio è abbondantemente
assicurata a tutti i peccatori. L’omicidio, l’adulterio e altri peccati, non
importa quanto gravi, sono perdonati da Gesù, specialmente attraverso il
sacramento della riconciliazione, e il peccatore perdonato riceve la comunione.
In materia di divorzio e di secondo matrimonio il problema sta nella
consapevole decisione, per le ragioni più diverse, di persistere in una durevole situazione di lontananza dal comando di
Gesù».
Anche il cardinale Collins fa dunque un confronto tra la convivenza e peccati gravi quali l’omicidio.
Nessuna equiparazione, ma la spiegazione di una differenza, perché uno può
accedere alla comunione e l’altro no.
Collins ovviamente non si ferma qui: anche lui – come del resto il
parroco di Cameri - è attento ai bisogni e alle sofferenze di chi vive
situazioni familiari irregolari, ma la cura pastorale non può essere a scapito
della verità: sarebbe «offrire una consolazione nel breve periodo al costo di
una grande sofferenza nel lungo periodo».
E a quanti pensano di dover aggiornare la dottrina e il linguaggio perché la gente oggi non capisce
più o comunque la maggioranza non segue, il cardinale Collins ricorda che
«quando Gesù predicava in Galilea divorzio e secondo matrimonio erano accettati
dalla società. La legge di Mosè lo permetteva. L’insegnamento di Gesù, che
divorzio e secondo matrimonio non sono ammessi, era rivoluzionario. Era anche
un’indicazione con cui affermava la propria divinità, perché solo Dio ha il
potere di cambiare la legge di Mosè».
La vicenda del Sinodo
dunque, nella sua essenza si giocherà qui: tra chi si pone il problema di
elevare ogni uomo a Dio, sostenendolo nella difficoltà del cammino, e chi vuole
ridurre il disegno di Dio alla misura dell’uomo, rassegnandolo alla sua
mediocrità.
E in ogni caso don Tarcisio potrà chiedere ospitalità all’arcidiocesi di Toronto.
E in ogni caso don Tarcisio potrà chiedere ospitalità all’arcidiocesi di Toronto.
TRATTO DA UN ARTICOLO DI RICCARDO CASCIOLI
LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
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