Samir Khalil Samir
Padre Samir è fra i pochi ad avere una lettura della situazione che tiene conto di tutti i fattori in campo. I media occidentali, sulla scia della insipienza di Obama, stanno facendo marketing per Al Baghdadi e soci.
Beirut (AsiaNews) - L'annuncio dell'inaugurazione del Califfato islamico da
parte di Abu Bakr al Baghdadi rivela un senso di disperazione.
Il suo proclama ha una forte impronta ideologica, ma per inaugurare questa
nuova epoca del califfato mondiale, ha dovuto cambiare area: non in Siria, dove
l'Isis rischiava di essere eliminato dall'esercito di Bashar Assad, ma in Irak,
nella parte debole, sunnita, dove il governo non aveva un esercito forte. E si
sono fermati facendo questa dichiarazione presuntuosa.
Lo stesso fatto di ridefinirsi non più "Isis" in cui sono
presenti i termini "Iraq e Siria", ma semplicemente ‟Stato
Islamico", come qualcosa di mondiale, è ridicolo dal punto di vista
pratico. Nello stesso tempo, rivela la dimensione ideologica del progetto: si
tratta di restaurare il califfato di Bagdad, considerato come il periodo più
brillante dell'Islam.
Ma la maggioranza dei musulmani non sogna più il califfato, né un impero
senza confini. Ognuno cerca di abitare in una nazione, tanto che anche i curdi
stanno lavorando da anni per far nascere la loro nazione.
BAKR AL BAGHDADI |
1. La fine del califfato e la nascita dei
"Fratelli Musulmani"
La fine del califfato risale a Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della
Turchia moderna. Egli depose il 1° novembre 1922 il sultano Mehmet VI, e
18 giorni dopo fu eletto califfo Abdülmecid Efendi, per poco tempo. Ataturk
fondò la Repubblica il 29 ottobre 1923 e dopo essere stato eletto presidente,
ha proclamato l'abolìzione definitiva del califfato islamico il 3 marzo 1924.
Questa decisione simbolica fu uno shock per l'intero mondo islamico.
Soprattutto in seguito alle decisioni prese da Ataturk, in particolare la
laicizzazione dello Stato e la de-islamizzazione della società: parità dei
sessi; divieto dell'uso del velo islamico nei locali pubblici; divieto del fez
e del turbante; divieto della barba per i funzionari pubblici; adozione
dell'alfabeto latino al posto dell'arabo; del calendario gregoriano al posto
dell'anno dell'egira; della domenica come giorno festivo; del sistema metrico
decimale, ecc.
Da allora molti gruppi hanno cercato di riportare in vita il
califfato. Nel 1928, da un progetto di Hassan al-Banna guidato dall'imam
azharita Rashid Rida, sono nati i ‟Fratelli Musulmani" proprio per
rimediare alla mancanza del califfato. Dopo diverse riflessioni e ricerche da
loro svolte per istituire un nuovo califfato in Egitto o in Arabia, essi stessi
hanno detto che "non è più possibile avere un califfato" e hanno
cambiato rotta: occorre islamizzare i vari Paesi e governi, introducendo la
sharia come nostra costituzione. Ciò è stato attuato specie in Arabia saudita,
che non ha una costituzione, ma la sharia. In altri Paesi è stata varata una
legislazione che si "ispira" alla sharia. Oggigiorno si nota che la
maggior parte dei Paesi musulmani, soprattutto i più sviluppati, non va in
questo senso e non applica la sharia come un ideale.
2. Chi è Abu Bakr al-Baghdadi
Come tutti i terroristi musulmani, il nuovo "califfo" porta un
"nome di guerra". Non si chiama Abu Bakr al-Baghdadi. Si chiama in
realtà Ibrahim Awad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai, nato a Samarra nel 1971.
Il suo nome di guerra completo è: Abu Bakr al-Baghdadi al-Husseini al-Qurashi.
Questo nome, per qualunque musulmano educato, è già un programma. Abu Bakr
è il nome (più esattamente lakunyah) del primo califfo, cioè il primo
successore di Maometto. Al-Baghdadi evoca il periodo più famoso del califfato
islamico, quello abbasside, che aveva per capitale Baghdad (750-1258).
Al-Husseini si riferisce a Hussein, figlio di Ali e Fatima, la figlia di
Maometto, le figure più venerate dall'islam sciita. Infine, al-Qurashi, si
riferisce alla tribù di Maometto, originaria di Quraysh. Secondo un hadith il
califfo legittimo deve essere discendente di Maometto. Questi ultimi due nomi
(due nisbah) significano che egli è il califfo legittimo per
eccellenza , che soddisfa sia i sunniti che gli sciiti.
3. Califfato, il sogno nello scompiglio del mondo
musulmano
Il califfato è un sogno e fa riferimento al califfato di Baghdad, quello
abbasside. Non è un caso che Abu Bakr al Baghdadi sia irakeno. Per attuare i
suoi progetti egli ha provato prima con al Qaida, ma ha dovuto staccarsi da
essa. Gli altri gruppi fondamentalisti si sono staccati da lui e lo hanno
combattuto in Siria. Anzi, ormai tutti i governi hanno deciso di combatterlo:
Algeria, Tunisia, Egitto, Siria, Iraq... A sostenerlo rimangono i Paesi
petroliferi - Qatar e altri - non perché condividano l'idea del
califfato, ma per creare diversivi, distrazioni nel mondo arabo.
In ogni caso, il califfato non risponde più a quello che i musulmani arabi
ricercano. In Egitto, anche i Fratelli musulmani - la cui maggioranza non è per
nulla terrorista, anche se viene eliminata dal nuovo governo di Al Sissi
- lo hanno sconfessato.
Chi conosce al Baghdadi dice che egli non ha doti per dirigere un grande
movimento e non è capace di andare d'accordo con nessuno. Con il poco sostegno
che riceve, è molto possibile che il suo ambizioso progetto di conquistare il
mondo finisca nel nulla. L'unica cosa che l'Esercito islamico (Ei) possiede è
la forza: i suoi militanti non sarebbero nulla senza le armi che i Paesi
petroliferi e l'occidente hanno dato loro. Ma tali armi non possono resistere
contro un vero esercito. L'Ei appare come vincitore perché ha avuto buona
tattica ad attaccare le regioni più deboli e più facili da sottomettere, quelle
indebolite dagli ultimi tre anni di guerre e terrorismo. Essi sognavano anche
la Libia, ma nessuno li ha seguiti.
4. La decadenza del mondo arabo
In ogni caso la proclamazione del califfato mostra in che direzione si sta
muovendo il mondo islamico. Leggendo il proclama di al-Baghdadi, emergono tre
affermazioni: anzitutto, "Noi vogliamo restaurare la grandezza
dell'islam"; in secondo luogo, "l'occidente ha ridotto il mondo
islamico a nulla, uccidendo persone, creando vedove,... "; terzo,
"riprendiamoci la nostra leadership con la forza".
Questo è il tipico discorso mitico dei fondamentalisti: prima eravamo
bravissimi, poi ci hanno impoverito, adesso ci riprendiamo il potere con la
forza.
Ecco come nella sua filippica di proclamazione, Abu Bakr dipinge la
decadenza del mondo islamicoi
"La Ummah islamica cerca la vostra gihad con speranza. I vostri
fratelli in molte parti del mondo, si vedono infliggere le peggiori forme di
tortura. Il loro onore è violato e il loro sangue è sparso. I prigionieri
gemono e urlano chiedendo aiuto. Gli orfani e le vedove lamentano il loro
destino. Le donne che hanno perso i loro bambini piangono. Le moschee sono
profanate e i santuari violati. I diritti dei musulmani sono sequestrati con la
forza in Cina, India, Palestina, Somalia, Penisola Arabica, Caucaso, nel Sham (il
Levante), in Egitto, Iraq, Indonesia, Afghanistan, Filippine, Iran, Pakistan,
Tunisia, Libia, Algeria e Marocco, sia in Oriente che in Occidente...".
Lui parte da una constatazione molto condivisibile: la decadenza del mondo
arabo e islamico, riconosciuta da intellettuali e persone di ogni livello
sociale. Per rilevarlo, basta paragonare i Paesi musulmani con qualunque Paese
occidentale su economia, politica, diritti umani, giustizia, vita sociale,
attenzione ai deboli e ai poveri: siamo davvero in un periodo di decadenza.
Anche dove abbiamo miliardi e siamo più ricchi di chiunque (si pensi ai Paesi
arabi petroliferi), il livello culturale è molto basso e il contributo alla
civilizzazione mondiale è nullo!
Di fronte a questo sfacelo nasce il sogno. Tale sogno di rinascita
non trova alcun sostegno nei Paesi musulmani ricchi, i Paesi petroliferi,
disinteressati a qualunque sviluppo umano integrale. Riflettendo su questo, il
mondo arabo deve riconoscerlo: abbiamo soldi, ma sono in mano ad una minoranza;
abbiamo i numeri, con centinaia di milioni di persone, ma sappiamo soltanto
fare guerre.
5. Ricostruire una cultura aperta
In realtà, l'unica via per riconquistare la nostra dignità è ricostruire
culturalmente l'uomo arabo e musulmano, ripensando le leggi, applicando i
diritti umani, rafforzandoli, andando nel senso di una cultura aperta, che
solidarizza con tutto il mondo. Invece vediamo il diffondersi di una cultura
della divisione, che è un passo indietro.
Guardiamo al califfato abbasside e domandiamoci: da dove è venuta la sua
grandezza? Essa è venuta dall'unione fra tutte le parti dell'antico impero
musulmano. Dal punto di vista culturale più che gli arabi, vi hanno contribuito
iraniani, afghani, balkh, cristiani di lingua siriaca... Era una visione aperta
che dava spazio a tutti, pur privilegiando il mondo arabo islamico.
Oggi la cultura è basata sui diritti umani della persone e la solidarietà
fra i popoli. E noi cosa facciamo? Cerchiamo di giustificare e riportare tutti
a un modo di vivere che risale a un periodo passato (il VII secolo), tipico di
una regione beduina e desertica: questo non può essere una soluzione per il XXI
secolo.
6. L'errore ideologico dell'islam
L'errore del mondo islamico è a livello ideologico. Esso porta a
guerre di tipo ideologico: culturale, religioso, storico, ma mai basate sulle
vere esigenze della gente.
La gente araba chiede soluzioni ai bisogni essenziali; uguaglianza fra
uomini e donne; fra musulmani e non musulmani; ricchi e poveri (nel mondo arabo
il povero non ha mai voce!).
Invece di prendere il meglio della civiltà moderna e assimilarlo, noi
cerchiamo la soluzione andando indietro.
A causare questo errore ideologico, vi è pure una responsabilità
dell'occidente: esso deve migliorare la relazione con il mondo arabo. Fra di noi,
l'occidente è visto come un luogo immorale, senza valori. E in parte è
vero. L'occidente è visto come la guida del mondo, che però attua il suo
dominio anche con le armi, con la legge del più forte. Guardando questi
elementi, il mondo musulmano rifiuta il progetto occidentale, troppo
"umano", e spera in un "progetto divino", che è la sharia.
In realtà la sharia non ha nulla di "divino": essa è la
sedimentazione delle regole tribali e beduine del IX e X secolo, e nulla hanno
a che fare con il Corano, che è del VII secolo, o con il profeta Muhammad.
Purtroppo anche se questa idea è condivisa dalla maggior parte della
popolazione, i capi politici, soprattutto quelli più ricchi, continuano a
mantenere viva questa idea della sharia come una cosa "santa", difendendo
la cultura beduina e del deserto, essendo loro i discendenti di quell'epoca. Ma
essi non sono e non potranno mai essere un modello per il mondo musulmano.
7. Israele, l'islam e la teoria del
"complotto"
La crisi del mondo islamico si è acuita anche con la fondazione dello Stato
d'Israele, una creazione ingiusta perché nata sul territorio di un altro Stato
che non era per nulla colpevole della Shoah. La disfatta del 1948 e poi del
1967 ha mostrato fino a che punto il mondo arabo (e il mondo islamico) fosse in
ritardo, e ha suscitato tutte le rivoluzioni arabe e l'animosità contro
l'Occidente, oltre che l'odio per Israele (e per alcuni contro ebrei e
cristiani).
Ma da questa creazione, essendo ormai un fatto storico, non si può tornare
indietro. Per entrare nella prospettiva di maggiore collaborazione
internazionale, dobbiamo lavorare per una soluzione alla questione
israelo-palestinese. Ciò suppone, sia per gli israeliani che per i palestinesi,
la decisione di cercare una soluzione giusta anche se mai perfetta, perché
entrambi hanno ricevuto torti e procurato ferite.
Di fronte a questa situazione politico-militare, da noi molti vedono la
mano d'Israele (e degli Stati Uniti) in tutto ciò che succede in Medio Oriente.
Anche nella creazione dell'Ei, si sospetta il loro zampino per dividere il
mondo arabo e rimescolare le carte della regione.
Io sono contro la teoria del "complotto", perché ci indebolisce
di più, ci rende irresponsabili della nostra sfortuna. E se questa teoria è
vera, allora siamo noi arabi gli stupidi: alla fine chi fa le guerre intestine,
nella regione, nel mondo arabo? Siamo noi. E anche se ci lasciassimo
abbindolare così facilmente, la nostra responsabilità rimarrebbe.
Che questa situazione di divisione del mondo arabo e islamico dia forza a
chi è nemico del mondo arabo, è evidente. Ma favorire la divisione e la guerra
è una cattiva politica perché elimina la pace per tutti, anche per Israele.
Israele potrà continuare a espropriare territori ai palestinesi, ma arriverà al
punto che dovrà tenersi, in uno stesso Stato, israeliani e palestinesi,
assumendo quindi al suo interno elementi in lotta. L'unica via è la
collaborazione.
Gli aderenti alla teoria del "complotto" accusano gli Stati Uniti
e alcuni Paesi europei di aver facilitato questo genocidio interno al mondo
islamico. Di nuovo, la colpa è nostra. Il problema è nato da noi in Siria,
perché il governo di Damasco, oltre che dittatoriale, è un governo della
minoranza alauita. Un problema politico e sociale interno alla Siria, si è
trasformato in una guerra religiosa fra sunniti e sciiti, una guerra che risale
al settimo secolo!
Anche la soluzione proposta da Abu Bakr al-Baghdadi è quella del settimo
secolo, quando Maometto si è messo a combattere tutte le tribù arabe che non
credevano in Dio (e nella sua missione), organizzando più di sessanta razzie (=
ghazwa) in una decina di anni (622-632) secondo la più antica biografia del
Profeta dell' Islam, il Kitâb al-Maghâzî ("Libro delle spedizioni") di
al-Wâqidî.
Conclusione: Ricostruire la società araba coi valori
comuni
Se davvero vogliamo ricostruire la società araba, sono necessarie alcune
scelte fondamentali:
1. Noi arabi dobbiamo imparare a convivere sulla base di valori comuni,
senza fare guerre a motivo di differenze religiose. E in secondo luogo,
dobbiamo pensare alla solidarietà nei Paesi e nella regione. Non è possibile
che vi siano arabi superricchi e gente che fa fatica a sopravvivere: queste
differenze incoraggiano le guerre.
2. Ad un altro livello, c'è anche da collaborare in tutta la regione,
soprattutto con Israele, per la pace coi palestinesi. Ogni passo verso la pace
in questo senso potrà facilitare i rapporti anche con l'Occidente.
3. Un'altra urgenza è che i Paesi arabi stilino delle costituzioni ispirate
alla giustizia, all'uguaglianza, ai diritti umani, alla pace, senza fare
distinzioni tra sessi o religioni.
4. E infine occorre ripulire la società dalla corruzione. I nostri Paesi
annegano nella corruzione. In Egitto, per esempio, molte persone non vanno in
ospedale perché sanno che ogni servizio, anche il più semplice, può essere
elargito solo se paghi una piccola bustarella. Per un intervento chirurgico,
una pastiglia quotidiana, un'iniezione devi pagare, altrimenti non ti curano!
Questo movimento del califfato non rispetta nessuno di questi 4 principi.
Perciò non avrà successo, anzi rafforzerà le discriminazioni basate su norme
stabilite più di 1000 anni fa. La stragrande maggioranza dei musulmani vuol
vivere secondo valori autentici e attuali; solo i salafiti vogliono tornare
all'epoca medievale!
La soluzione è entrare in una visione di collaborazione internazionale
interaraba, per costruire una civiltà nuova, integrando gli elementi positivi
della modernità e i valori contenuti nella tradizione islamica. Fuori di
questo, il mondo arabo non farà che regredire, e - ciò che è peggio - lo farà
in nome della religione, cioè dell'Islam. E' tempo di salvare l'Islam, lottando
contro il fanatismo religioso.
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