giovedì 23 luglio 2015

IERI IL “FASCISTA” OGGI “L’OMOFOBO”



CAMBIANO I TEMPI MA L’OPERAZIONE E’ LA STESSA.

In quarant’anni al Pci e ai suoi eredi sono crollati addosso muri e miti. Per dimostrare la propria esistenza in vita resta solo l’affermazione del relativismo.

Negli anni Settanta Augusto Del Noce ha descritto in modo mirabile lo sforzo del Pci, alla scuola di Gramsci, di egemonizzare culturalmente la società; l’esito era stato un vero e proprio “mutamento del senso comune”.

Del Noce spiegava come funzionale a tale strategia fosse la sostituzione al tradizionale avversario capitalistico-borghese dell’avversario “fascista”: il Pci creava il “mito del fascismo”, e attraverso questa trasfigurazione il concetto di fascismo veniva dilatato fino a ricomprendere chiunque fosse contrario al comunismo, pur non avendo nessuna simpatia per Mussolini.
Giudice in ultima istanza restava il Partito comunista, che – direttamente o attraverso le sue cinghie di trasmissione nel corpo sociale – conferiva o negava patenti di legittimazione politica e culturale.

Sono trascorsi quarant’anni.
Al Pci e ai suoi eredi sono crollati addosso muri e miti, e gli ambiti decisionali sono sempre più ristretti, specie in economia. Per dimostrare la propria esistenza in vita resta solo l’affermazione del più assoluto relativismo: Hollande insegna a non farsi illusioni su ipotetici accordi che limitino il danno.

È in corso una operazione ideologica che ha analoghe pretese egemoniche: con una sorta di transfert al “mito del fascismo” si sostituisce il “mito dell’omofobia”, e in quest’ottica “omofobo” non è chi offende una persona per le sue tendenze omosessuali, ma chiunque ritenga un valore la famiglia fondata sul matrimonio uomo-donna, la famiglia aperta alla vita, la trasmissione della vita attraverso la procreazione naturale.

È “omofobo” chi, pur con argomenti ragionevoli, dissente dall’ortodossia del gender.
Già adesso gli va impedito di parlare, va escluso dagli ambiti accademici. È una declinazione concreta, molto evidente, della dittatura del relativismo.
Basta saperlo, per regolarsi di conseguenza.
ALFREDO MANTOVANO

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