NELL’ENCICLICA “LAUDATO SI’” DI PAPA
FRANCESCO LA LODE A DIO PER IL CREATO DIVENTA APPELLO ALLA RESPONSABILITÀ
SOLIDALE
L’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco è la prima
enciclica interamente dedicata alla cura del creato secondo la visione
cristiana. Dobbiamo essere grati al Santo Padre per averci dato questo
insegnamento di grande ampiezza e sistematicità. Questa enciclica rappresenta
una organica sistemazione della sapienza accumulata dal magistero pontificio
più recente, sulla scorta naturalmente dell’insegnamento biblico ed evangelico
e alla luce delle verità della fede cattolica.
Non può non essere notato, in particolare, che l’enciclica Laudato
si’ si collega espressamente in più punti alla Caritas in veritate
di Benedetto XVI, che viene ripetutamente citata. Ed infatti era stata questa
enciclica ad affrontare per la prima volta in modo ampio e culturalmente
approfondito due tematiche che ora Papa Francesco ulteriormente sviluppa.
La
prima di queste due tematiche è quella della tecnica. La Caritas
in veritate vi aveva dedicato un intero capitolo e la Laudato si’ la
affronta con completezza, parlandone in modo diffuso. Lo sviluppo della tecnica
ha portato i suoi frutti, ma anche ha rivelato le debolezze dello spirito di
tecnicità, che ora Papa Francesco chiama il paradigma tecnocratico. E’ un
paradigma di possesso e di autoesaltazione individualistica che dà agli uomini
il senso del potere senza però quello della responsabilità. Papa Francesco
utilizza molto, qui, il pensiero di Romano Guardini, pensatore molto caro anche
a Benedetto XVI.
Il
secondo tema della Caritas in veritate che transita nella Laudato si’
per esservi sviluppato è quello del rapporto con la natura. Comunemente viene
detto il problema ambientale o ecologico. La prospettiva della Laudato
si’, però, è più ampia, come dirò meglio più avanti, come più ampia era la
prospettiva della Caritas in veritate. Non esiste un problema solamente
ecologico, o della natura intesa unicamente in senso ambientale.
Il
problema ecologico è prima di tutto un problema antropologico e, infine, un
problema teologico, ossia del rapporto della creatura col Creatore. C’è,
quindi, una chiara linea di sviluppo tra le due encicliche.
Papa Francesco dice che la sua prima enciclica va ad arricchire
l’insegnamento sociale della Chiesa. Il motivo non è dato solo dal fatto che
oggi la questione ecologica è percepita da molti come un problema sociale
emergente. Certo, anche questo ha la sua importanza. Dipende però soprattutto dal fatto che la tutela del creato, nella sua
capacità di riconciliare, se bene intesa, l’uomo con la natura, compresa la
propria natura, e con il Creatore, può essere una “chiave” dell’intera
questione sociale. Dalla natura, afferma Papa Francesco, l’umanità trae le
condizioni di vita, ma trae anche i motivi di vita, se è capace di vederla
secondo l’insegnamento di Dio. Il creato ci parla e la cura per esso è anche
cura dell’uomo secondo il progetto di Dio. Ed invero, nella Laudato si’,
Papa Francesco tocca tanti temi che, a prima vista, non verrebbero ascritti
alla questione del creato: parla della
famiglia e della vita, del lavoro e dell’impresa, dello sviluppo e della
povertà. Come se il rapporto con il creato e il Creatore fosse un punto di
vista integrale sulla vita sociale.
Non manca, il Papa, di toccare in più punti il rapporto tra la
tutela della vita umana e della famiglia e la cura per il creato. Benedetto XVI
aveva approfondito questo legame, che veniva da lui proposto nella Caritas
in veritate come un segno fortemente distintivo della visione cattolica
dell’ecologia, vale a dire la sua relazione con l’ecologia umana, già
ampiamente proposto da Giovanni Paolo II. Papa Francesco parla di aborto e di
diritti dell’embrione umano, contrasta l’idea di una pianificazione familiare
imposta politicamente e sfida il modello neomalthusiano secondo cui la salvezza
dell’ecosistema dipenderebbe dalla riduzione pianificata delle nascite. Secondo
lui questa è una ideologia che rientra nel paradigma tecnocratico proprio della
ragione strumentale che la Laudato si’ denuncia.
Papa Francesco fa anche notare la contraddizione di tanti movimenti
ecologisti che difendono l’ambiente naturale ma non l’ambiente umano. La
natura, se intesa come il creato, non può essere assunta a pezzi, ma in modo
integrale. E’ un disegno unico ed unitario.
E’ questo il senso dell’espressione “ecologia integrale” che il
Papa adopera spesso. L’aggettivo integrale non sta qui a significare il
radicalismo di una ideologia.
Papa
Francesco sa bene che anche i movimenti ecologisti sono spesso vittime di una
ideologia semplificatoria e riduttiva. Integralità significa
piuttosto: attenzione a tutte le interconnessioni, orizzontali ma soprattutto
verticali, e potrebbe essere intesa anche come globalità, secondo l’ottica del
tutto. E’ molto attento Papa Francesco a mettere in evidenza le relazioni, i
collegamenti vitali, le forme della collaborazione comunitaria come risposta
alla globalità interconnessa dei problemi. Questo deriva dal fatto che il
creato è un “tutto”, non una somma di particolari, ma un senso unitario e
coordinato, un unico discorso sull’uomo. Di questa ecologia “integrale”, Papa
Francesco mostra tutti gli aspetti, da quello sociale a quello culturale, da
quello proprio della vita quotidiana su su fino a quello sacramentale ed
eucaristico. Tutto si tiene, ma ciò che tiene il tutto è sempre la vita
cristiana, la vite del tralcio innestato in Cristo. Papa Francesco spinge il
discorso molto in alto, fino a parlare della Santissima Trinità. I dogmi della
fede cattolica non sono privi di significato per la nostra vita su questa terra
e per lo stesso modo di trattare la terra.
Farà forse discutere l’espressione
“conversione ecologica” e non è escluso che questo punto possa venire strumentalizzato, assieme ad altri, da
parte dei movimenti ecologisti troppo condiscendenti con lo spirito del mondo.
Il Papa fa molti esempi concreti e quotidiani, piccoli, se vogliamo, ma questo
non significa che all’impegno ecologico egli non dia un significato molto alto
e completamente cristiano, ossia collegato con l’intera dottrina della fede. Anche
la “conversione ecologica” va intesa in questo senso alto. Conversione non a risparmiare acqua o a non sprecare energia, ma
conversione al Creatore di cui il creato esprime la magnificenza e la bontà.
In questa luce, anche i piccoli atti quotidiani di rispetto delle cose, degli
animali, dell’ecosistema e dei nostri fratelli più poveri possono assumere il
significato di essere segni visibili di una conversione più profonda.
E’ presente nella Laudato si’ una attenzione particolare
per il tema della povertà e dei poveri.
Non stupisce in Papa Francesco. La povertà non si spiega mai solo in termini
economici e la lotta alla povertà non si fa mai solo con interventi economici.
A pagare la noncuranza per il creato sono soprattutto i poveri. Ma spesso le ideologie che hanno millantato
di difendere i poveri sono state le principali distruttrici dell’equilibrio
naturale. Il nesso tra degrado ambientale e povertà c’è, ma la soluzione
sta nella capacità di vedere il problema dal punto di vista dell’intero:
dell’ecologia integrale. Lì anche i poveri trovano il loro posto, perché se
cambiano i cuori e si rappacificano con il creato e il Creatore, anche le
relazioni umane si arricchiranno.
Il
Papa chiama “consumismo” un atteggiamento della mente e del cuore: adoperare le
relazioni e le persone come strumenti. Il pericolo che di questa espressione
dell’enciclica si impossessino ideologie sociali ed economiche di retroguardia
c’è.
Il
Papa parla di “mercato” o di “logica di mercato” intendendo la mentalità del
possesso tecnocratico applicata all’economia, senza le precise distinzioni
fatte per esempio da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus. Ed anche
qui il pericolo suddetto può riconfermarsi. Ma al fondo del suo
discorso afferma che la povertà non è solo un problema economico o sociologico.
Essa dipende da come gli uomini si rapportano a Dio e al suo progetto di
salvezza su di loro che ha avuto inizio con la creazione.
L’enciclica scende anche sul terreno delle teorie scientifiche e
sulle prospettive pratiche di gestione ambientale. Utilizza concetti presi dalla sociologia contemporanea, come quello
di “decrescita” o di “sostenibilità”, ancora oggetto di dibattito. Si muove,
insomma anche sul terreno del possibile e di quanto potrebbe anche essere
altrimenti. Affronta anche temi spinosi e contrastati come quello dell’uso
degli OGM in agricoltura. Talvolta lo fa per raccogliere dati come base per una
proposta etica e religiosa, altre volte presenta il problema controverso ed
auspica un ulteriore approfondimento, come nel caso degli OGM, ma senza
prendere posizione. In altri casi ancora usa espressioni oggi molto adoperate,
ma cercando di collocarle in un contesto più ricco di significato, per
emanciparle da prospettive riduttive.
S.E.
Mons. Giampaolo Crepaldi
Vescovo di Trieste
Nessun commento:
Posta un commento