Ben venga l’Opzione Benedetto,
purché sia Benedetto XVI (con Francesco)
Abbandonare il campo di battaglia (anche politico) per creare spazi di
libertà formativi, educativi e scolastici per sopravvivere?
Non funzionerà,
dice Introvigne. Così a vincere sarà il “Padrone del mondo”
di Massimo Introvigne | 05 Luglio 2015
Ferve negli Stati
Uniti, dove mi trovo, il dibattito sull’Opzione Benedetto proposta da Rod Dreher,
che il Foglio ha avuto il merito di fare conoscere in Italia.
La tesi di Dreher
va capita bene. Non è una “scelta religiosa” che invita i cristiani a ritirarsi
nelle sagrestie. Non chiede di disinteressarsi dei grandi problemi
antropologici e morali. Ma sostiene che interessarsene è possibile solo con una
lunga marcia che parta, nello stile di san Benedetto, dalla formazione e dalle
piccole comunità.
Lo scontro frontale porterebbe invece alla sconfitta. La
culture war – pensa Dreher – è stata combattuta con onore ma è finita e, come
dimostra la sentenza della Corte suprema sulle nozze gay, i cristiani l’hanno
persa. In Italia queste tesi sembrerebbero portare acqua al mulino di chi ha
scelto di non partecipare alla manifestazione del 20 giugno a piazza San
Giovanni e anche di qualche ecclesiastico d’alto bordo che la pensa nello
stesso modo. Ma non è colpa di Dreher. Vorrei dunque esaminare la sua tesi
prescindendo, almeno in prima battuta, dal caso italiano.
Leggendola da
sociologo, penso anzitutto che la strategia Dreher possa sedurre e sembrare
inizialmente ragionevole: anche perché ha un precedente storico di successo. L’ha
adottata, di fronte alle sconfitte politiche e militari, il fondamentalismo
islamico. Negli anni Ottanta, dopo l’assassinio di Sadat (1918-1981) in Egitto
(1981) e il colpo di stato militare in Turchia (1980), le dittature militari
medio orientali hanno sconfitto il fondamentalismo islamico sul piano della
repressione e della polizia. Molti suoi leader sono stati impiccati. Mentre una
minoranza ha reagito con il terrorismo, la dirigenza più avveduta dell’islam
politico, almeno in Egitto e in Turchia, ha proposto un patto non scritto al
laicismo dominante dei regimi militari. Il patto suonava più o meno così: voi
gestite lo stato in modo (più o meno) laico, con leggi che ci ripugnano, e noi
non reagiamo a queste leggi con la violenza. In cambio, tacitamente, ci
lasciate creare degli spazi islamizzati, delle micro società dove noi e i
nostri figli possiamo vivere in pace secondo la nostra interpretazione del
Corano. Questo patto è poi saltato nel XXI secolo – anche se oggi in Egitto, a
fronte di un terrorismo che il regime non riesce a controllare, c’è chi pensa
di riproporlo – ma è andato avanti per decenni con risultati perfino
spettacolari. I regimi laicisti sono sopravvissuti senza scossoni per molti
anni, e nel frattempo le micro società islamizzate dei fondamentalisti sono
cresciute e sono prosperate.
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valori sono buoni, ma poi? L’epurazione
del mondo cristiano Opzione
Benedetto Resistenza
senza resa. Perché il Family Day sarebbe piaciuto ad Augusto del Noce Siam
pronti alla Corte?
Non credo affatto che Dreher abbia consapevolmente in mente i Fratelli
musulmani o l’islam politico turco negli anni precedenti alle vittorie
elettorali di Erdogan, ma oggettivamente una somiglianza c’è. Ed è un modello
che a lungo ha funzionato. Tutto bene, allora? Non proprio. Per due motivi. Il
primo è che il relativismo occidentale è molto più raffinato e intrinsecamente
malvagio della logica da caserma, sia pure talora condita con una salsa
massonica, di qualche dittatura militare medio orientale. Non a caso Papa
Francesco ha paragonato più di una volta la dittatura del “pensiero unico” in
occidente con il regime dell’Anticristo nel vecchio romanzo “Il padrone del
mondo” di Robert Hugh Benson (1871-1914). Questo significa che, a differenza di
un qualche generale del medio oriente, i “padroni del mondo” occidentali
capiranno il pericolo, anzi lo hanno già capito, e – san Benedetto o no –
stroncheranno senza pietà i ridotti alternativi dove si vive e si forma in modo
diverso dal pensiero unico.
Ce ne sono già le
avvisaglie nel nord Europa, dove i protestanti fondamentalisti e conservatori
fanno esattamente quello che suggerisce Dreher: non partecipano al gioco
politico, non contestano in modo militante le leggi ostili alla vita e alla
famiglia ma cercano di vivere in pace, formarsi e formare altri in comunità e
scuole protette e separate.
Di recente ho intervistato i responsabili di due di
queste comunità protestanti. Entrambe sono continuamente vessate da ispezioni
della polizia e delle autorità scolastiche. In un caso – una scuola svedese –
le ispezioni hanno ammesso che il livello dell’insegnamento è ottimo, ma hanno
minacciato la chiusura se l’uniforme scolastica continuerà a essere diversa per
ragazzi (pantaloni) e ragazze (gonna), il che è contrario all’ideologia di
genere il cui insegnamento teorico e pratico è obbligatorio in Svezia anche
nelle scuole non statali. Nell’altro caso, in Germania, il fatto che i bambini
siano talora corretti con punizioni corporali – non si tratta di chissà quali
tremende violenze, ma di qualche sculacciata – ha portato alla sottrazione ai
genitori dei figli, che sono stati dati in affido a famiglie “normali”. In una
serie di raid poliziotti tedeschi in assetto di guerra hanno messo a soqquadro
la comunità e portato via i bambini. Si dirà che si tratta di “sette”: ma è il
principio che conta, e comunque per un certo laicismo è una “setta” chiunque
insegna ai bambini cose che non piacciono ai poteri forti. Non illudiamoci.
Nell’Europa del politicamente corretto le isole di vita alternativa non saranno
tollerate. E neppure negli Stati Uniti. Anche lì ci sono già le avvisaglie, con
pasticcieri cristiani costretti a preparare torte per i “matrimoni” omosessuali
e i primi pastori denunciati perché si rifiutano di “sposare” persone dello
stesso sesso.
Un secondo motivo che
mi rende perplesso sulla proposta di Dreher è che, quand’anche i “padroni del
mondo” stipulino una qualche sorta di patto non scritto per lasciare sussistere
le isole “benedettine”, questi patti non sono mai stipulati senza riserve
mentali. Era successo così anche in medio oriente. Il laicismo dominante
fingeva di tollerare gli spazi islamizzati ma nello stesso tempo metteva in
atto tante piccole strategie per farli sparire. Come accennato, queste
strategie da noi sono molto più raffinate e nello stesso tempo talora più
brutali. Quanto agli islamici, non pensavano di rimanere nelle loro riserve
islamizzate in eterno. Di lì un giorno volevano uscire per prendere il potere.
Ha funzionato – e continua, con qualche scossone, a funzionare – in Turchia. Ha
funzionato per poco in Egitto, dove i Fratelli musulmani hanno prima
conquistato e poi perso il potere. Ma la strategia era chiara. Il patto c’era,
ma nessuno lo aveva stipulato in buona fede.
Questa è, ultimamente,
la domanda da porre a Dreher. Spazi di libertà, soprattutto formativi,
educativi e scolastici, per fare che cosa? Semplicemente per sopravvivere? Non
funzionerà.
Verrà la polizia a scuola per portarci via i bambini, magari
inventando maltrattamenti e preti pedofili inesistenti. E se anche questo non
dovesse succedere, la stretta dall’esterno si farà sempre più soffocante, fino
a uccidere. Diamo retta a Papa Francesco: rileggiamo “Il padrone del mondo” e
sapremo che ci aspettano, come ha detto il Pontefice, i “sacrifici umani”.
Oppure, come per i Fratelli musulmani o l’islam politico turco, pensiamo a
spazi da fare crescere in silenzio per trasformarli un giorno in un progetto
politico che punti all’egemonia sulla società? In questo secondo caso, la
domanda ulteriore è se è possibile immaginare la riconquista, a partire da
spazi che crescono, di una società che nel frattempo si sarà moralmente
sfasciata. Comunque lo si giri, un patto che preveda di accettare senza
combattere – in piazza e nella politica, non solo in piccoli mondi alternativi
– processi socialmente distruttivi come il “matrimonio” e le adozioni
omosessuali sembra infilare i “buoni” che lo sottoscrivono in una trappola per
topi da cui non c’è via d’uscita. E dove non c’è neppure molto formaggio.
Altrove, invece, il
formaggio c’è. Non un sondaggio, ma i risultati dei referendum celebrati negli
anni scorsi negli Stati Uniti hanno rivelato che in Mississippi l’86 per cento
dei cittadini si oppone al “matrimonio” omosessuale, e in Georgia – dove c’è una
delle grandi tecno-metropoli americane, Atlanta, sede di quella società
Coca-Cola che ha celebrato in modo particolarmente enfatico la sentenza della
Corte suprema – il 76 per cento. I sondaggi sono meno certi dei dati
elettorali, ma da uno affidato dal Mattino di Napoli alla Ipr Marketing quattro
giorni dopo piazza San Giovanni è emerso che l’85 per cento degli italiani è
contrario alle adozioni omosessuali, cioè – almeno implicitamente – alla legge
Cirinnà, che di fatto apre alle adozioni. Prima di dire che gli oppositori –
cristiani e non – si sono ridotti a una piccola minoranza, proporrei di
ripetere certi conteggi.
L’Opzione Benedetto è
allora totalmente sbagliata? No, se integra prima san Benedetto con Benedetto
XVI e poi Benedetto XVI con Papa Francesco. Benedetto XVI, almeno per l’Europa,
aveva in mente anche lui un cattolicesimo di minoranza che trovasse la sua
forza nella cultura e nella formazione, ma – dove si poteva, come nell’Italia
del Family day del 2007 – non era contrario a che si scendesse in piazza. E
prima di dichiarare perdute le battaglie le combatteva: pensiamo ai suoi
interventi sul caso Lautsi, cioè sulla decisione della Corte europea dei
diritti dell’uomo di vietare la presenza del crocefisso nelle scuole italiane,
poi rovesciata in Appello grazie anche all’attivismo della Santa Sede.
Certo, per combattere le battaglie ci vogliono persone disposte ad
ascoltare il richiamo della chiesa secondo cui un mondo diverso è possibile. Ce
ne vogliono di più. E qui Benedetto XVI va integrato con Papa Francesco, che ha
ripreso nell’enciclica Laudato si’ la grande lezione di Papa Ratzinger sul
dominio della tecnocrazia e dei poteri forti e la necessità di resistere.
Distratti dal dibattito sul clima, molti non hanno visto che sta lì il cuore dell’enciclica.
Come resistere però alla tecnocrazia? Papa Francesco propone due vie:
riscoprire l’amore di Dio a partire dalle prime verità della fede e riscoprire
la bellezza. A questo servono le comunità “benedettine” di Dreher: ben vengano.
Ma poi, per ripetere la parola più usata da Papa Francesco, da queste comunità
bisogna “uscire” per giocare la partita e cercare di vincerla. Senza farsi
imporre dai poteri forti la tesi secondo cui non c’è più nessuna partita perché
è stata fischiata la fine e si tratta solo di accettare la sconfitta. Papa
Francesco ripete spesso che “il tempo è superiore allo spazio”. Non siamo topi
in un labirinto il cui percorso è già stato stabilito per noi dai poteri forti,
ma uomini e donne liberi di creare il nostro futuro. Basta crederci. Il tempo
non è scaduto.
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