San Bertrand de Commiges, chiesa di Sant Just |
«Iuvenescit Ecclesia, la Chiesa ringiovanisce…: suona
come un’affermazione gioiosa l’incipit della Lettera ai vescovi della Chiesa
cattolica sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la
missione della Chiesa che reca la data della Pentecoste 2016 e la firma della
Congregazione per la dottrina della fede. E in effetti l’intero suo svolgimento
(5 capitoli e 24 paragrafi) è un percorso per riprendere consapevolezza dei
modi in cui i carismi suscitati senza sosta dallo Spirito Santo nel tessuto
vivo della Chiesa la ringiovaniscono in modo permanente. Lo disse il Vaticano
II mezzo secolo fa, lo ridice oggi la Santa Sede con parole rafforzate dall’esperienza
e dalla storia, entrambe condivise in questa lunga ma ancora breve tappa
post-conciliare da Comunione e Liberazione, movimento di respiro globale eppure
ovunque con l’inconfondibile volto dell’umanità di ogni specifico luogo dove i
figli spirituali di don Luigi Giussani sono arrivati per trapiantarne il
carisma educativo e missionario. Don Julián Carrón è uno di loro, quello
chiamato a raccogliere il suo impegnativo testimone (è il destino di chi arriva
dopo i fondatori) e a portarlo in lungo e in largo come presidente della
Fraternità di Cl, sospinto dallo slancio di un Papa che parla la sua stessa
lingua natale.
Don Carrón, la Lettera intende «favorire una feconda e ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa». Che intento, e quale gesto, ha letto in questo documento?
Un gesto di paternità della Chiesa riguardo ai doni che lo Spirito suscita in essa per ringiovanirla, mostrando la loro articolazione in rapporto ai doni gerarchici. Solo se si capisce la natura di questa relazione, i doni carismatici potranno servire a incrementare la comunione e la missione della Chiesa.
Uno dei punti centrali del testo è il rapporto tra carisma e servizio alla Chiesa. L’esperienza di Cl che cosa insegna su questo aspetto?
Don Giussani ci ha sempre educati, non solo con le parole ma soprattutto con i gesti, a metterci al servizio della Chiesa nel modo in cui prendeva sul serio qualsiasi richiesta gli veniva rivolta dal Papa o dai vescovi, vivendo l’obbedienza come suprema virtù a imitazione di Cristo. In secondo luo- go, invitandoci costantemente alla missione ci educava al servizio della Chiesa. Tutto il movimento era da lui percepito come parte della missione della Chiesa universale. Fin dall’inizio ci ha proposto di vivere le dimensioni del mondo con quella apertura senza limite che vediamo in papa Francesco. Pensi che i primi giovani del movimento partirono per il Brasile nel gennaio 1962 per comunicare quel Cristo che aveva cambiato la loro vita.
Per quale fine è dato il carisma di una realtà ecclesiale? E che cosa va visto nella loro grande varietà?
Il loro scopo è «il fine apostolico della Chiesa ». Dice san Paolo: «La manifestazione dello Spirito è data a ciascuno per l’utilità» tanto della persona che lo riceve quanto della Chiesa tutta. «Tutto si faccia per l’edificazione ». La loro molteplicità parla della condiscendenza di Dio che, con la sua fantasia, dona alla sua Chiesa questa varietà di carismi per raggiungere ciascuno secondo la propria sensibilità, storia o cultura, con una modalità attrattiva e persuasiva.
Mettiamoci a confronto con una realtà concreta come quella di una parrocchia: in che modo deve proporsi la presenza di un movimento all’interno del tessuto comunitario?
Parrocchia e movimento sono chiamati a collaborare insieme, secondo i loro compiti, all’unica missione della Chiesa. I movimenti possono raggiungere gli uomini nell’ambiente lavorativo, ricreativo, educativo, eccetera, per partecipare, poi, alla vita della comunità cristiana radunata nella parrocchia. Come succede ovunque, i membri dei movimenti collaborano da tempo con gli ambiti catechistici, caritativi e liturgici in seno alla comunità parrocchiale.
Cos’è andata scoprendo nel corso del tempo Comunione e Liberazione nel suo cammino dentro la Chiesa in relazione alla propria missione specifica?
Uno degli aspetti più rilevanti di questa Lettera è che ha come oggetto «le aggregazioni di fedeli, movimenti ecclesiali e nuove comunità», tutte realtà accomunate dalla tensione a «suggerire una proposta di vita cristiana tendenzialmente globale», o «forme rinnovate della sequela di Cristo», senza una specificità particolare. Noi ci riconosciamo pienamente nella descrizione, secondo la quale lo scopo di questa aggregazioni è portare «nei nuovi contesti sociali il fascino dell’incontro con il Signore e la bellezza dell’esistenza cristiana vissuta nella sua integralità». Come scrisse don Giussani nella sua ultima lettera a san Giovanni Paolo II, «ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta».
In che modo ci si educa a comprendere che cosa lo Spirito Santo chiede ai movimenti in questa fase che potremmo definire di maturità della loro presenza e azione?
Il Papa ci invita tutti a essere una Chiesa in uscita. Come ci ha detto papa Francesco al termine della plenaria del Pontificio Consiglio per i laici, la Chiesa si rivolge «sempre a volti, menti, cuori di persone concrete... allargando gli orizzonti e raccogliendo le nuove sfide che la realtà ci presenta... alzate lo sguardo e guardate “fuori”, guardate ai molti “lontani” del nostro mondo». Solo uscendo per incontrare il bisogno degli uomini, solo attraverso la realtà e la necessità degli uomini, potremo riconoscere che cosa ci chiede lo Spirito Santo dandoci la grazia del carisma.
A che cosa vi sentite chiamati dalla parola e dalla testimonianza di papa Francesco?
A imparare a interloquire con gli uomini del nostro tempo attraverso una modalità semplice, a portata di mano di tutti: un incontro, che può suscitare curiosità e desiderio nei nostri interlocutori.
Potendoglisi rivolgere personalmente, che cosa propone e che cosa chiede a chi si avvicina oggi alla realtà di Comunione e Liberazione?
Noi proponiamo la bellezza del fascino della fede, una fede vissuta nelle circostanze presenti. Chiedo la semplicità di accoglierci per quello che riusciamo a testimoniare di quel fascino attraverso la nostra vita, raggiunta e cambiata dalla grazia di un incontro.
Don Carrón, la Lettera intende «favorire una feconda e ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa». Che intento, e quale gesto, ha letto in questo documento?
Un gesto di paternità della Chiesa riguardo ai doni che lo Spirito suscita in essa per ringiovanirla, mostrando la loro articolazione in rapporto ai doni gerarchici. Solo se si capisce la natura di questa relazione, i doni carismatici potranno servire a incrementare la comunione e la missione della Chiesa.
Uno dei punti centrali del testo è il rapporto tra carisma e servizio alla Chiesa. L’esperienza di Cl che cosa insegna su questo aspetto?
Don Giussani ci ha sempre educati, non solo con le parole ma soprattutto con i gesti, a metterci al servizio della Chiesa nel modo in cui prendeva sul serio qualsiasi richiesta gli veniva rivolta dal Papa o dai vescovi, vivendo l’obbedienza come suprema virtù a imitazione di Cristo. In secondo luo- go, invitandoci costantemente alla missione ci educava al servizio della Chiesa. Tutto il movimento era da lui percepito come parte della missione della Chiesa universale. Fin dall’inizio ci ha proposto di vivere le dimensioni del mondo con quella apertura senza limite che vediamo in papa Francesco. Pensi che i primi giovani del movimento partirono per il Brasile nel gennaio 1962 per comunicare quel Cristo che aveva cambiato la loro vita.
Per quale fine è dato il carisma di una realtà ecclesiale? E che cosa va visto nella loro grande varietà?
Il loro scopo è «il fine apostolico della Chiesa ». Dice san Paolo: «La manifestazione dello Spirito è data a ciascuno per l’utilità» tanto della persona che lo riceve quanto della Chiesa tutta. «Tutto si faccia per l’edificazione ». La loro molteplicità parla della condiscendenza di Dio che, con la sua fantasia, dona alla sua Chiesa questa varietà di carismi per raggiungere ciascuno secondo la propria sensibilità, storia o cultura, con una modalità attrattiva e persuasiva.
Mettiamoci a confronto con una realtà concreta come quella di una parrocchia: in che modo deve proporsi la presenza di un movimento all’interno del tessuto comunitario?
Parrocchia e movimento sono chiamati a collaborare insieme, secondo i loro compiti, all’unica missione della Chiesa. I movimenti possono raggiungere gli uomini nell’ambiente lavorativo, ricreativo, educativo, eccetera, per partecipare, poi, alla vita della comunità cristiana radunata nella parrocchia. Come succede ovunque, i membri dei movimenti collaborano da tempo con gli ambiti catechistici, caritativi e liturgici in seno alla comunità parrocchiale.
Cos’è andata scoprendo nel corso del tempo Comunione e Liberazione nel suo cammino dentro la Chiesa in relazione alla propria missione specifica?
Uno degli aspetti più rilevanti di questa Lettera è che ha come oggetto «le aggregazioni di fedeli, movimenti ecclesiali e nuove comunità», tutte realtà accomunate dalla tensione a «suggerire una proposta di vita cristiana tendenzialmente globale», o «forme rinnovate della sequela di Cristo», senza una specificità particolare. Noi ci riconosciamo pienamente nella descrizione, secondo la quale lo scopo di questa aggregazioni è portare «nei nuovi contesti sociali il fascino dell’incontro con il Signore e la bellezza dell’esistenza cristiana vissuta nella sua integralità». Come scrisse don Giussani nella sua ultima lettera a san Giovanni Paolo II, «ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta».
In che modo ci si educa a comprendere che cosa lo Spirito Santo chiede ai movimenti in questa fase che potremmo definire di maturità della loro presenza e azione?
Il Papa ci invita tutti a essere una Chiesa in uscita. Come ci ha detto papa Francesco al termine della plenaria del Pontificio Consiglio per i laici, la Chiesa si rivolge «sempre a volti, menti, cuori di persone concrete... allargando gli orizzonti e raccogliendo le nuove sfide che la realtà ci presenta... alzate lo sguardo e guardate “fuori”, guardate ai molti “lontani” del nostro mondo». Solo uscendo per incontrare il bisogno degli uomini, solo attraverso la realtà e la necessità degli uomini, potremo riconoscere che cosa ci chiede lo Spirito Santo dandoci la grazia del carisma.
A che cosa vi sentite chiamati dalla parola e dalla testimonianza di papa Francesco?
A imparare a interloquire con gli uomini del nostro tempo attraverso una modalità semplice, a portata di mano di tutti: un incontro, che può suscitare curiosità e desiderio nei nostri interlocutori.
Potendoglisi rivolgere personalmente, che cosa propone e che cosa chiede a chi si avvicina oggi alla realtà di Comunione e Liberazione?
Noi proponiamo la bellezza del fascino della fede, una fede vissuta nelle circostanze presenti. Chiedo la semplicità di accoglierci per quello che riusciamo a testimoniare di quel fascino attraverso la nostra vita, raggiunta e cambiata dalla grazia di un incontro.
19 luglio 2016 avvenire
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