martedì 22 agosto 2017

BENEDETTO NON L’HA DETTO.

LEONARDO LUGARESI
Ho letto il messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018. C’è un passaggio che mi ha profondamente sconcertato, per due ragioni: una di metodo e l’altra di merito. Comincio da quest’ultima.
Il papa scrive: «Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI [5] ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale». Mi pare un’affermazione che, presa nel suo significato letterale – e non si vede in quale altro senso la si possa prendere, dato che in questo caso non si tratta di una frase sfuggita durante una conversazione estemporanea coi giornalisti, né di una battuta pronunciata in un colloquio privato, ma di un enunciato scritto in un documento ufficiale – ha una portata enorme, ed abnorme, dato che porta alla pratica negazione della ragion d’essere dello stato!

Analizziamola: il papa dice che «il principio della centralità della persona umana», che non viene meglio definito ma è attribuito a Benedetto XVI (su questo torno dopo, perché qui c’è la questione di metodo a cui accennavo), «ci obbliga» (quindi si tratta di un obbligo morale, vincolante per tutti i cattolici) «ad anteporre» (anteporre vuol dire  “mettere prima” “preferire”, quindi in caso di conflitto indica un preciso e vincolante criterio di scelta) «sempre» (sempre vuol dire sempre, in tutte le lingue del mondo: il papa sta enunciando un precetto di portata generale ed assoluta!) «la sicurezza personale» (non si dice di chi, ma dal contesto si evince che il papa si riferisce ad ogni singolo migrante; però se ad obbligarci è «il principio della centralità della persona umana» ne consegue che l’obbligo vale nei riguardi di qualunque persona umana) «a quella nazionale». Sicurezza nazionale, in italiano, vuol dire semplicemente “sicurezza della nazione”, cioè sicurezza collettiva, sicurezza dell’insieme dei cittadini. Ora, è sempre stato universalmente riconosciuto che la tutela della sicurezza nazionale, così intesa, è il primo compito (e, come ho detto sopra, la prima ragion d’essere) dello stato. Lo stato esiste innanzitutto per garantire la sicurezza dei cittadini. Ed è sempre stata pacificamente condivisa la convinzione che, per adempiere a questo dovere primario, nei casi in cui esso venga purtroppo a confliggere con la sicurezza di uno o più individui, lo stato abbia non il diritto ma il dovere di anteporre la sicurezza collettiva a quella personale. La nazione viene militarmente attaccata da un nemico esterno? Lo stato non può e non deve anteporre la sicurezza personale dei soldati nemici (né dei propri) alla sicurezza nazionale. Dei terroristi stanno eseguendo un attentato? Lo stato non può e non deve anteporre la loro sicurezza personale, né quella dei propri agenti di polizia, alla sicurezza nazionale messa in pericolo. Se si afferma il principio che «il principio della centralità della persona umana ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale», la conseguenza è che gli stati smettono di esistere.
Direte che sono assurdità che ovviamente il papa non pensa. Rispondo che lo spero bene, ma che purtroppo il senso della frase che ha scritto è quello che ho cercato di spiegare. Del resto, un esempio lo fa lui stesso ed è meno estremo dei miei, ma sulla stessa linea. Subito dopo l’affermazione del principio di supremazia assoluta della sicurezza personale scrive infatti: «Di conseguenza, è necessario formare adeguatamente il personale preposto ai controlli di frontiera». Dunque l’uso della forza (che, per definizione, anche quando è proporzionato e prudente può comportare rischi per la sicurezza personale) per impedire l’ingresso illegale nel territorio di uno stato è sempre illegittimo? Dunque le frontiere devono essere aperte, cioè in pratica non devono esistere? Parrebbe di sì.
Per cercare di comprendere quella frase in modo diverso, mi sono anche sforzato di pensare che forse il papa, quando usa l’espressione “sicurezza nazionale” ha in mente la “dottrina della sicurezza nazionale” con cui la dittatura militare argentina degli anni settanta e altri regimi sudamericani di destra giustificavano la repressione degli oppositori politici. Ma gli anni settanta sono passati da mezzo secolo, il mondo non è tutto America latina, e anche lì, del resto, le dittature sono ormai tutte di sinistra! In ogni caso, se pensava a quello, doveva esprimersi in modo diverso.
Vengo alla questione di metodo, che mi pare ancor più incresciosa. Il non meglio definito «principio della centralità della persona umana» viene per così dire “addossato” a Benedetto XVI («fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI»). Già questo è un po’ strano: del valore primario della persona umana e dell’obbligo dello stato di rispettarne i diritti naturali hanno sempre parlato tutti i papi. Ci sono montagne di documenti e di discorsi che si potrebbero citare. Perché chiamare in causa proprio Benedetto? Adesso rileggete l’intera frase: «Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI [5] ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale». Sfido chiunque a sostenere che alla quasi totalità dei lettori non arrivi il messaggio implicito che ciò che “l’amato predecessore” afferma fermamente è precisamente l’obbligo di anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale. È vero che dal punto di vista logico e grammaticale quello che gli viene attribuito è solo il principio della centralità della persona umana, ma proprio perché in sé e per sé tale principio è universalmente condiviso da tutti i cattolici, il lettore è indotto a pensare che sia l’intera affermazione contenuta nella frase ad essere, in qualche modo, farina del sacco di Benedetto.
Allora andiamo a vedere che cosa c’è nel passo citato a sostegno di tale attribuzione a Benedetto: la nota 5 ci rimanda al capitolo 47 dell’enciclica Caritas in veritate, che tratta del modo di intervenire nei paesi poveri per aiutare lo sviluppo della popolazione. Il passo è questo: «Negli interventi per lo sviluppo va fatto salvo il principio della centralità della persona umana, la quale è il soggetto che deve assumersi primariamente il dovere dello sviluppo. L’interesse principale è il miglioramento delle situazioni di vita delle persone concrete di una certa regione, affinché possano assolvere a quei doveri che attualmente l’indigenza non consente loro di onorare. La sollecitudine non può mai essere un atteggiamento astratto. I programmi di sviluppo, per poter essere adattati alle singole situazioni, devono avere caratteristiche di flessibilità; e le persone beneficiarie dovrebbero essere coinvolte direttamente nella loro progettazione e rese protagoniste della loro attuazione».
Ognuno può giudicare da sé quanto c’entri questo con l’obbligo di “anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale”.


Nessun commento:

Posta un commento