LEONARDO LUGARESI
Ho
letto il messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e
del rifugiato 2018. C’è un passaggio che mi ha profondamente sconcertato, per
due ragioni: una di metodo e l’altra di merito. Comincio da quest’ultima.
Il
papa scrive: «Il principio della centralità della persona umana, fermamente
affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI [5] ci obbliga ad anteporre
sempre la sicurezza personale a quella nazionale». Mi pare un’affermazione che,
presa nel suo significato letterale – e non si vede in quale altro senso la si
possa prendere, dato che in questo caso non si tratta di una frase sfuggita
durante una conversazione estemporanea coi giornalisti, né di una battuta
pronunciata in un colloquio privato, ma di un enunciato scritto in un documento
ufficiale – ha una portata enorme, ed abnorme, dato che porta alla pratica
negazione della ragion d’essere dello stato!
Analizziamola: il papa dice che «il
principio della centralità della persona umana», che non viene meglio definito
ma è attribuito a Benedetto XVI (su questo torno dopo, perché qui c’è la
questione di metodo a cui accennavo), «ci obbliga» (quindi
si tratta di un obbligo morale, vincolante per tutti i cattolici) «ad anteporre» (anteporre vuol dire “mettere
prima” “preferire”, quindi in caso di conflitto indica un preciso e vincolante
criterio di scelta) «sempre» (sempre vuol dire sempre,
in tutte le lingue del mondo: il papa sta enunciando un precetto di portata
generale ed assoluta!) «la sicurezza personale»
(non si dice di chi, ma dal contesto si evince che il papa si riferisce ad ogni
singolo migrante; però se ad obbligarci è «il principio della centralità della
persona umana» ne consegue che l’obbligo vale nei riguardi di qualunque persona
umana) «a quella nazionale». Sicurezza nazionale, in italiano,
vuol dire semplicemente “sicurezza della nazione”, cioè sicurezza collettiva,
sicurezza dell’insieme dei cittadini. Ora, è sempre stato universalmente riconosciuto
che la tutela della sicurezza nazionale, così intesa, è il primo compito (e,
come ho detto sopra, la prima ragion d’essere) dello stato. Lo stato esiste
innanzitutto per garantire la sicurezza dei cittadini. Ed è sempre stata
pacificamente condivisa la convinzione che, per adempiere a questo dovere
primario, nei casi in cui esso venga purtroppo a confliggere con la sicurezza
di uno o più individui, lo stato abbia non il diritto ma il dovere di anteporre
la sicurezza collettiva a quella personale. La nazione viene militarmente
attaccata da un nemico esterno? Lo stato non può e non deve anteporre la
sicurezza personale dei soldati nemici (né dei propri) alla sicurezza
nazionale. Dei terroristi stanno eseguendo un attentato? Lo stato non può e non
deve anteporre la loro sicurezza personale, né quella dei propri agenti di
polizia, alla sicurezza nazionale messa in pericolo. Se si afferma il principio
che «il principio della centralità della persona umana ci obbliga ad anteporre
sempre la sicurezza personale a quella nazionale», la conseguenza è che gli
stati smettono di esistere.
Direte che sono assurdità che ovviamente
il papa non pensa. Rispondo che lo spero bene, ma che purtroppo il senso della
frase che ha scritto è quello che ho cercato di spiegare. Del resto, un esempio
lo fa lui stesso ed è meno estremo dei miei, ma sulla stessa linea. Subito dopo
l’affermazione del principio di supremazia assoluta della sicurezza personale
scrive infatti: «Di conseguenza, è necessario formare adeguatamente il personale
preposto ai controlli di frontiera». Dunque l’uso della forza (che, per
definizione, anche quando è proporzionato e prudente può comportare rischi per
la sicurezza personale) per impedire l’ingresso illegale nel territorio di uno
stato è sempre illegittimo? Dunque le frontiere devono essere
aperte, cioè in pratica non devono esistere? Parrebbe di sì.
Per
cercare di comprendere quella frase in modo diverso, mi sono anche sforzato di
pensare che forse il papa, quando usa l’espressione “sicurezza nazionale” ha in
mente la “dottrina della sicurezza nazionale” con cui la dittatura militare
argentina degli anni settanta e altri regimi sudamericani di destra
giustificavano la repressione degli oppositori politici. Ma gli anni settanta
sono passati da mezzo secolo, il mondo non è tutto America latina, e anche lì,
del resto, le dittature sono ormai tutte di sinistra! In ogni caso, se pensava
a quello, doveva esprimersi in modo diverso.
Vengo
alla questione di metodo, che mi pare ancor più incresciosa. Il non meglio
definito «principio della centralità della persona umana» viene per così dire
“addossato” a Benedetto XVI («fermamente affermato dal mio amato predecessore
Benedetto XVI»). Già questo è un po’ strano: del valore primario della persona
umana e dell’obbligo dello stato di rispettarne i diritti naturali hanno sempre
parlato tutti i papi. Ci sono montagne di documenti e di discorsi che si
potrebbero citare. Perché chiamare in causa proprio Benedetto? Adesso rileggete
l’intera frase: «Il principio della centralità della persona umana, fermamente
affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI [5] ci obbliga ad anteporre
sempre la sicurezza personale a quella nazionale». Sfido chiunque a sostenere
che alla quasi totalità dei lettori non arrivi il messaggio implicito che ciò
che “l’amato predecessore” afferma fermamente è precisamente l’obbligo di
anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale. È vero che dal
punto di vista logico e grammaticale quello che gli viene attribuito è solo il
principio della centralità della persona umana, ma proprio perché in sé e per
sé tale principio è universalmente condiviso da tutti i cattolici, il lettore è
indotto a pensare che sia l’intera affermazione contenuta nella frase ad
essere, in qualche modo, farina del sacco di Benedetto.
Allora andiamo a vedere che cosa c’è nel
passo citato a sostegno di tale attribuzione a Benedetto: la nota 5 ci rimanda
al capitolo 47 dell’enciclica Caritas in veritate, che tratta
del modo di intervenire nei paesi poveri per aiutare lo sviluppo della
popolazione. Il passo è questo: «Negli interventi per lo
sviluppo va fatto salvo il principio della centralità della persona umana, la quale è il
soggetto che deve assumersi primariamente il dovere dello sviluppo. L’interesse
principale è il miglioramento delle situazioni di vita delle persone concrete
di una certa regione, affinché possano assolvere a quei doveri che attualmente
l’indigenza non consente loro di onorare. La sollecitudine non può mai essere
un atteggiamento astratto. I programmi di sviluppo, per poter essere adattati
alle singole situazioni, devono avere caratteristiche di flessibilità; e le
persone beneficiarie dovrebbero essere coinvolte direttamente nella loro
progettazione e rese protagoniste della loro attuazione».
Ognuno
può giudicare da sé quanto c’entri questo con l’obbligo di “anteporre sempre la
sicurezza personale a quella nazionale”.
Nessun commento:
Posta un commento