La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire
Agosto
22, 2017 Luigi Amicone
Carissimo Santo Padre Francesco, ci sono due aspetti che ci colpiscono come
problema del suo “Messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato
2018”. Messaggio che reca la data “14
gennaio 2018”, ma che è stato reso noto, divulgato e ampiamente
messo in risalto sulle prime pagine dei giornali online nella giornata del 21
agosto 2017. Il giorno seguente l’intervento di Paolo Gentiloni al Meeting di
Rimini. Intervento nel quale il presidente del Consiglio italiano aveva di
nuovo auspicato una legge sul cosiddetto “Ius soli”.
Il Santo Padre ci comprenderà, lui stesso dice di detestare gli adulatori e
di accettare di buon grado le critiche («è bene essere criticato, a me piace
questo, sempre. La
vita è fatta anche di incomprensioni e di tensioni»). Dunque
diciamo con franchezza le nostre perplessità e diciamo subito che esse
riguardano due apparenti aporìe che sembrano presenti nel Suo messaggio.
(salto la prima osservazione perché è la stessa del tema già affrontato nel
precedente post))
Seconda osservazione. Il messaggio del Santo Padre, incentrato su quattro
categorie (“accogliere”, “proteggere”, “promuovere”, “integrare”) a ben vedere
propone interventi pro migranti che sembrano definire una ricca e dettagliata
agenda politica. Anche se, stranamente, al contrario di quanto sbandierato
sulle prime pagine dei giornali, a noi
non sembra così evidente (anche se non risultano smentite dalla Santa Sede,
almeno al momento in cui scriviamo) il Suo presunto sostegno a una legge
italiana sullo “Ius soli”.
In effetti, nel Suo Messaggio, Sua Santità fa un’affermazione diversa e
assolutamente apprezzabile. E cioè dice
che «nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va
riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al
momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti
e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso una legislazione sulla
cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale».
Ora, il contrasto all’apolidia e una legislazione sulla cittadinanza “al momento della nascita”, esistono già e
sono già garantiti dalle norme italiane in vigore. Ogni legislazione
naturalmente si può e, ove necessario, si deve migliorare. È possibile che
anche la nostra meriti delle modifiche.
Però, come ben sappiamo, alla luce dei
fatti di cronaca che ogni giorno ce lo ricordano, non si possono negare
legittime preoccupazioni delle persone di una comunità nazionale che assistono
a una pressione migratoria straordinaria, incontrollata, gestita spesso da
trafficanti di esseri umani, droga, armi e infiltrazioni terroristiche. Tutto
ciò costituisce un problema che va affrontato non solo con i buoni sentimenti e
le belle intenzioni. Ma va affrontato, anzitutto dai responsabili politici di
una Nazione, con grande senso di responsabilità e umanità.
Dove la traduzione fattuale di queste due gradi parole – “responsabilità”
e “umanità” – è data dall’agire politico e sociale realistico e competente.
Cioè secondo buon senso, razionalità, capacità di contemperare e salvaguardare
tutti i fattori in gioco.
In conclusione, pensiamo che sarebbe urgente capire se il Santo Padre in
persona sostiene davvero, e in prima persona, la proposta di legge del governo
Gentiloni, del Pd e della sinistra in generale, a favore dell’introduzione in
Italia dello Ius soli.
Sarebbe certamente una novità assoluta nella storia della Chiesa del secondo millennio.
Ma ne prenderemmo atto tranquillamente anche se ce ne stupiremmo assai. Infatti, carissimo Santo Padre Francesco, alla
luce dell’insegnamento della Chiesa e della stessa Enciclica Caritas
in Veritate da Lei citata nel
Suo messaggio, abbiamo sempre inteso che «la Chiesa non ha soluzioni tecniche
da offrire [10] e non pretende minimamente d’intromettersi nella politica degli
Stati».
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