L’aspetto più illiberale e
discriminatorio del ddl Zan è rappresentato da
“la volontà di sanzionare
penalmente le convinzioni religiose dell’antropologia cristiana, in quanto
difformi dall’invasiva normatività LGBT”.
Prof. Claudio Risé,
Lo scrittore e psicanalista Claudio
Risé, in un articolo comparso su La Verità[1],
fornisce un’interessante interpretazione del disegno di legge Zan: una sorta di
pericolosa sintesi tra l’ideologia gender e ‘l’ossessione normopatica’, cioè
la foga progressista di codificare le regole del comportamento sessuale
ritenute corrette.
La normopatia, è infatti “la
malattia più pericolosa della società politicamente corretta”: essa detesta
“le profondità e le ambivalenze dell’essere umano”, che si costruisce in
un processo lungo quanto la vita stessa, e rifiuta “la libertà del
sentire personale” che vuol ricondurre al ‘pensiero unico’.
Questa ossessione per il controllo della
sessualità umana nasce “assieme all’ideologia Lgbt” nei college
della ricca borghesia bianca americana (dove si formò Judith Butler, con la sua
Teoria del genere): entrambe “non tollerano la ricerca interiore, lo
sviluppo, il cambiamento”: cioè l’investigazione “spirituale e
psicologica della propria verità ed identità”. Non c’è nessuna donna,
nessun maschio – sostiene la Butler nel suo libro Disfare il
genere: femminile e maschile sono solo recitazioni, performance teatrali.
In questo modo “si evita la
fatica di ‘diventare se stessi’” e, identificandosi“con le proprie
pratiche sessuali”, ci si riduce ad oggetti “normati dalle regole
proposte dalla società e dai poteri del momento”. Le istituzioni stesse,
invece di educare l’individuo a riconoscere la propria vocazione e a portarla
nel mondo, tendono a disciplinarlo secondo le suddette regole. Così, sono nate
le “procedure”, “i librettini con le norme che gli studenti dei college
americani devono seguire nei loro incontri”, divenute in “seguito
pilastri di tutto il politicamente corretto”: secondo tali direttive, il
maschio, ancor oggi, deve chiedere nei vari momenti dell’incontro: “Ti posso
prendere la mano”?, “Posso accarezzarti il braccio”?… E a lei tocca assentire o
rifiutare. Da allora il corteggiamento non può più scostarsi dal previsto
copione, pena l’espulsione dal college, o – nella società – l’incorrere in
molteplici reati e punizioni.
L’ultima espressione, in Italia, di
questa mania per le regole, è il ddl Zan.
Come mai – si chiede Risé – essa “va
ora a frugare nelle differenze della sessualità e degli atteggiamenti verso di
esse”, anziché occuparsi di uno qualsiasi dei numerosi e più pressanti
problemi esistenti nel Paese?
Il fatto è che proprio
sulla differenza sessuale e sull’attrazione e incontro tra l’uomo e donna si
fonda l’umanità e la sua differenza dalle altre forme della natura. Lì è la
chiave di tutto, società e potere compresi.
Maschile e femminile, antiquati che
siano, hanno nella vita e
nella storia umana un peso e un
significato del tutto unico: l’attrazione e diversità fra loro è costitutiva
non solo dell’umanità, ma della sua aspirazione ad andare più in alto, a
trascendersi. Il libro biblico Genesi ne parla fin dall’inizio: “e
Dio creò l’uomo a sua immagine… Maschio e femmina li creò” (Genesi 27). La
differenza sessuale è alla base dell’umanità, ma è anche ciò che l’uomo e la donna
condividono con l’immagine della totalità divina, che possiede entrambi gli
aspetti.
Non si tratta insomma solo “di
questioni burocratiche e di stato civile”, ma anche “dei
contenuti esistenziali e trascendenti dell’umano”.
Secondo l’antropologia ebraico-cristiana, l’incontro
tra uomo e donna è al centro dell’intera vita e spiritualità,
ma per la cultura materialista in cui siamo immersi, questo è lo scandalo
della sessualità: che il benessere dell’umano sia legato al
rapporto con Dio, nel quale sono compresenti maschile e
femminile, entrambi indispensabili alla piena realizzazione dell’esistenza.
Ecco allora che lo Stato si impegna a
fondo per separarli, mentre uno Stato laico dovrebbe limitarsi a
tutelare la libertà di ogni cittadino, senza occuparsi delle diversità sessuali. Ma
è proprio qui l’aspetto più illiberale e discriminatorio del ddl Zan: “la
volontà di sanzionare penalmente le convinzioni religiose dell’antropologia
cristiana, in quanto difformi dall’invasiva normatività LGBT”.
Un’ideologia, quest’ultima, che
arbitrariamente “separa e frammenta l’umanità”, a seconda
delle sue diverse propensioni nella sfera affettiva e sessuale. Così, in nome
della non discriminazione, “il silenzioso ascolto di sé dell’adolescente in
rispettosa attesa della propria “chiamata” sessuale” potrebbe venir
interrotto – magari a scuola – da una
richiesta pubblica a dichiararsi. “I contenuti profondi delle persone,
preziosi e fragili, vanno difesi dal cinismo spettacolare delle mode sessuali e
delle loro ansie di potere e di conferma”.
Lo Stato tuteli la libertà di tutti: “chi ha fantasia di punizione e
rivalsa verso la donna e l’uomo, i due protagonisti della storia umana”, non
dovrebbe portarle in Parlamento, ma dall’analista. O buttarle nel cestino.
di Lucia Comelli
[1] Claudio Risè, Il
ddl Zan elimina l’uomo e la donna per legge. L’obiettivo finale: punire
l’uomo e la donna, La Verità, 9 agosto 2020.
Nessun commento:
Posta un commento