"Un fatto grave". Una decisione "passata sotto
silenzio",
scrivono gli organismi della Diocesi
CESENA: LA CATTEDRALE |
Il 30
luglio scorso il Consiglio comunale di Cesena ha approvato la mozione di
indirizzo politico con la quale il Comune di Cesena ha aderito alla
rete “Re.a.dy” (Rete anti discriminazioni per orientamento sessuale e
identità di genere).
Si tratta
di una Rete tra Regioni, Province e Comuni (e loro Associazioni e Istituzioni)
volta a promuovere l’agenda Lgbt nel paese, con azioni orientative delle politiche
a favore delle persone Lgbt, informative e formative per il personale dipendente
degli enti partecipanti, per il personale impegnato in campo educativo,
scolastico, socio-assistenziale e sanitario, per il mondo produttivo sui temi
del diritto del lavoro delle persone omosessuali e transessuali, e organizzando
giornate tematiche ed eventi diffusi sul territorio.
Ci
preoccupano le prassi definite “buone” che l’Amministrazione comunale di Cesena
dovrà “impartire” ai cittadini, oltre al sostegno e all’adesione agli
eventi Gay Pride, come la promozione di “progetti nelle scuole
sull’identità di genere”.
Con tale adesione ci pare che il Comune, nei
contenuti, cerchi di ottenere gli effetti che si sarebbero raggiunti con il
cosiddetto Ddl Zan, imponendo a livello amministrativo quanto non
ottenuto a livello nazionale.
In merito
allo stesso Disegno di legge la presidenza della Cei aveva già espresso
perplessità sul testo con due note diffuse il 10 giugno 2020 e il 28 aprile
2021. Anche il nostro vescovo era intervenuto il 15 maggio scorso nella Lettera
alla comunità diocesana, Per amore del mio popolo,
ritenendo il testo fonte di perplessità e dubbi poiché volto a creare
confusione antropologica, a partire dall’annullamento della differenza e
complementarietà sessuale, della reciprocità uomo-donna su cui si fondano la
famiglia e l’educazione a vantaggio di un’autopercezione individuale.
La rete
“Re.a.dy” riprende e pubblicizza definizioni contenute nel testo del Ddl Zan
condividendo un’impostazione che riteniamo lesiva della libertà costituzionale
di opinione e di espressione del pensiero per chi non si riconosce in quelle
definizioni: col pretesto di promuovere la non discriminazione per le persone
omosessuali, già tutelate anche a livello costituzionale come qualsiasi altra
persona, si finirebbe per perseguire l’imposizione di un pensiero unico nella
scuola, nel mondo del lavoro e nella società, su identità di genere e
orientamento sessuale esponendo alla possibile accusa di omotransfobia, in
violazione dell’art. 21 della Costituzione.
Ci
preoccupa la scelta di adesione alla rete “Re.a.dy” poiché di fatto favorirà la
propaganda di teorie, come quella del gender, già
definite da papa Francesco come “colonizzazione
ideologica dei piccoli e dei giovani”. Teorie che si propongono
implicitamente di voler distruggere la diversità e la distinzione. Tutto ciò in
violazione della libertà di educazione della famiglia, come previsto dall’art.
30 della Costituzione.
Riteniamo
che gli impegni previsti nell’adesione alla rete, favorendo la cultura di
indistinzione tra maschio e femmina e l’irrilevanza di padre e madre, portino
a un indebolimento della famiglia, comunità naturale in cui si sperimenta
la socialità umana e che contribuisce in modo unico e insostituibile al bene e
al proseguimento della società.
La
vicenda dell’adesione alla rete “Re.a.dy” e il Disegno di legge Zan, ma anche
il dibattito in atto sull’eutanasia, ci spingono a chiedere a chi si impegna
direttamente in politica una chiarezza su chi sia l’uomo come punto di partenza
per un servizio veramente rivolto al bene comune. Preoccupati
per un’oggettiva discriminazione nei confronti dei progetti e delle iniziative
in ambito educativo che presentino un’impostazione antropologica e culturale
diversa rispetto a quanto previsto fra gli impegni della rete “Re.a.dy”,
chiediamo ai politici di qualsiasi schieramento di vigilare su questo e di
essere attenti alle eventuali segnalazioni che in tal senso provenissero da
tutta la società civile, dall'associazionismo e dalle organizzazioni
cattoliche.
Desideriamo
infine che tutta la comunità cristiana comprenda tale urgenza antropologica e,
consapevole di questo, testimoni e promuova sempre un’immagine di uomo e di
donna che, solo se rispettosa del disegno di Dio, ne consentirà la piena
realizzazione umana.
Tratto
da :”IL CORRIERE CESENATE” online
Nessun commento:
Posta un commento