Domani è l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale
di Jorge Mario Bergoglio che venerdì 17 dicembre compirà 85
anni. Non so se, in cuor suo, farà un primo bilancio del suo pontificato (gli
analisti hanno già cominciato).
Di certo è gravoso guidare la Chiesa nella tempesta di questi anni, assistere a una così galoppante scristianizzazione (in un mondo che sembra impazzito) e trovarsi sempre esposto agli attacchi dei demonizzatori e alle lusinghe degli adulatori (non so cosa è peggio).
Sono arrivati a imputargli pure il vaccino,
come fosse una sua colpa e non una protezione dalla pandemia (peraltro è il
vaccino di Trump, non certo del papa).
Anche ieri un giornale lo ha accusato di non dire
nulla sul prossimo dibattito parlamentare italiano relativo all’eutanasia,
quando proprio l’altro ieri, parlando ai giuristi cattolici, il papa
aveva implorato i giuristi di rifendere i diritti dei dimenticati e –
insieme a lavoratori e migranti – aveva citato malati, bambini non nati, persone
in fin di vita e poveri (peraltro sull’aborto Francesco usa
espressioni perfino più dure di Giovanni Paolo II).
Dall’altra parte apri “Repubblica” e
trovi Scalfari che, professandosi suo tifoso, gli
attribuisce improbabili teorie o – proprio ieri – Luigi
Manconi che ricama su una frase del pontefice relativa ai peccati della
carne, attribuendogli una “svolta” che è solo nei desideri di Manconi (in
realtà il papa ha solo ricordato la tradizionale distinzione della Chiesa fra
il peccato di debolezza e il peccato di malizia).
Che questo pontificato non rientri negli
schemi ideologici consueti dei media e della politica lo dimostra
anche la conferenza stampa dei giorni scorsi, durante la quale – sconcertando
tanti suoi sostenitori interessati – il papa ha difeso ”la sovranità” e
le “identità” dei paesi europei, “i valori nazionali”, mettendo in guardia
dalla pretesa “imperiale” della UE e da “una superpotenza che detta i comportamenti
culturali, economici e sociali” imponendo a tutti le proprie “colonizzazioni
ideologiche”.
Egualmente scandalizzò certi suoi tifosi l’intervento
della Santa Sede sul Ddl Zan (un intervento, peraltro,
decisivo).
D’altra parte, anche nel mondo clericale, tanti
lo lodano a parole o tentano solo di imitarne gli
atteggiamenti, a volte in modo maldestro. Ma ci sono anche vescovi,
sacerdoti, religiosi, suore, tanti cristiani che hanno capito il cuore
della “missione” scelta da questo pontificato, dichiarata fin dall’inizio,
e cercano di viverla: l’uscire dalle sacrestie e andare in cerca degli uomini.
La maggior parte si limita a proclamarla verbalmente,
perciò non si vede una chiesa in missione, casomai una
chiesa confusa. Non so come in futuro verrà valutato questo
pontificato. Ai posteri l’ardua sentenza. Chi scrive in passato non ha lesinato critiche (anche troppo dure,
talora con poca carità).
Anni fa mi vidi arrivare una lettera autografa
del papa che mi ringraziava per il mio libro e, fra le altre cose,
aggiungeva: “anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via
del Signore”. Poi mi prometteva le sue preghiere, per me e per la
mia famiglia “chiedendo al Signore di benedirvi e alla Madonna di custodirvi”.
Un gesto di paternità (anche verso mia
figlia) che mi commosse e un gesto di umiltà per nulla
scontato, che mi ha fatto riflettere e mi ha riempito di stupore: un
papa che ringrazia personalmente per le critiche (dure) e si umilia davanti a
un cane sciolto come me (che di certo non sono un santo) non può lasciare
indifferenti. Si firmava mio “fratello e servitore nel Signore”.
La Chiesa è davvero uno spettacolo per gli
angeli. Bisognerebbe averla in dono quell’umiltà. Continuando a
pregare per lui (come fa Benedetto XVI, che gli è vicino e prega
costantemente per la sua missione: ho imparato da lui come va guardato
papa Francesco) ho cercato di capire.
Spazzando via tanti dettagli secondari bisogna
riconoscere che la cifra originaria di questo papato è molto
bella e delinea l’unico grande compito della Chiesa del III millennio
cristiano.
Si potrebbe sintetizzare così: Dio ha pietà di
tutti e si è fatto uomo per venire a cercarci, uno per uno, per
salvarci, pagando lui stesso sulla croce il riscatto per ognuno di noi, che
pure non lo abbiamo meritato.
Mi pare il movente profondo dell’attuale
pontificato. L’ho trovato esposto in modo commovente in un sermone di avvento
di Dietrich Bonhoeffer, un grande cristiano, simbolo
dell’opposizione al nazismo, che fu impiccato, a 39 anni, per espresso ordine di
Hitler, nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile 1945.
Bonhoeffer partiva dal canto di gioia di Maria,
il Magnificat. Dio ha scelto una ragazzina semplice e povera, di un
popolo oppresso, ai margini di un Impero e ha fatto di lei la madre del
Figlio, la Regina del cielo e della terra.
Maria apparteneva all’immensa maggioranza
dell’umanità la cui esistenza sembra essere invisibile al
mondo, alla storia, ai potenti e ai sapienti. Gente comune la cui
vita sembra irrilevante e inutile. Miliardi di esseri umani
conoscono questo sentimento e non sanno che invece “Dio ama, elegge ed
esalta ciò che è basso, insignificante e piccolo”.
Scegliendo Maria – dice Bonhoeffer – Dio mostra che
“non si orienta secondo l’opinione e il punto di vista degli uomini…
Dove il nostro intelletto si indigna, dove la nostra pietà si mantiene
scrupolosamente a distanza, lì, proprio lì, Dio ama stare. Lì egli
disorienta l’intelletto dei sapienti, lì scandalizza la nostra natura, lì
vuole essere presente e nessuno può impedirglielo – e soltanto gli
umili gli credono e gioiscono… Questo è infatti il miracolo dei
miracoli, il fatto che Dio ama ciò che sta in basso: ‘Ha guardato
l’umiltà della sua serva’”.
Bonhoeffer sottolinea lo scandalo di un Dio che nasce
in una mangiatoia per animali:
“Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi
penetra dentro, sceglie una creatura umana come suo strumento e compie
meraviglie lì dove uno meno se lo aspetta. Dio è vicino alla bassezza, ama ciò
che è perduto, ciò che non è considerato o insignificante, ciò che è
emarginato, debole e affranto. Dove gli uomini dicono: perduto,
lì egli dice: trovato. Dove gli uomini dicono: ‘giudicato’,
lì egli dice ‘salvato’. Dove gli uomini dicono: ‘No!’,
lì egli dice: ‘Sì!’. Dove gli uomini distolgono con
indifferenza o altezzosità il loro sguardo, lì egli posa il suo
sguardo pieno di un amore ardente incomparabile. Dove gli uomini
dicono: ‘Spregevole’, lì Dio esclama: ‘Beato’. Dove nella
nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo
vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo
che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani
da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come
mai lo era stato prima, lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì
ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il
miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia” (da “Riconoscere
Dio al centro della vita”, Queriniana).
Se si ripercorre questo pontificato, in
filigrana (sia pure fra errori e confusioni) si legge questo
unico, struggente annuncio.
Papa Francesco ha cercato di farlo capire anche
prendendo decisioni dure com’è il recente decreto sui movimenti
ecclesiali, alcuni dei quali si ritengono ingiustamente “decapitati” pur
essendosi sempre professati “bergogliani”.
Non hanno capito che al papa non interessa avere tifosi, ma cristiani con il cuore ardente, che escano dalle sacrestie e portino a tutti l’abbraccio di quel Salvatore che ha pietà di loro. Soprattutto a chi è più lontano e “perduto”.
Antonio Socci
Voglio segnalare anche il bell’articolo del professor Giovanni Maddalena QUI che coglie un altro importantissimo aspetto della conferenza stampa del papa.
Da “Libero”, 12 dicembre 2021
Nessun commento:
Posta un commento