I tank russi sono entrati nelle due regioni ucraine proclamatesi indipendenti, e questo ha prodotto nella popolazione una nuova pesante lacerazione. Se la maggioranza (forse) è sensibile al patriottismo ufficiale, una parte cospicua dei russi vive una dolorosa estraneazione in casa propria. Molti russi oggi protestano in nome della verità, dell’antica fratellanza, della dignità dell’altro. Sono voci di profondo dolore. (...)
Ma come insegna la
storia del dissenso sovietico, il peso globale delle minoranze diversamente
pensanti non è direttamente proporzionale all’infima percentuale che
rappresentano nel tutto.
La forza del pensiero
libero sta nella verità che persegue (e non pretende di possedere o di imporre
a nessuno), nel fascino della dignità e nell’apertura. Il guaio è che per
penetrare il conformismo e la paura, e per cambiare il clima sociale, aprendo
degli autentici spazi di pacificazione, il pensiero indipendente ha da
percorrere strade imprevedibili, probabilmente lunghe.
L’unica cosa che si può fare oggi è dar voce a queste singole persone; dar voce a un punto di vista diverso che non soccombe alla logica geopolitica, di contrapposizione e di potenza.
La voce degli uomini
liberi in Russia.
Mosca piazza Arbat 20 febbraio 2022 Tomsk febbraio 2022
St. Peterburg febbraio 2022 |
Vladivostok febbraio 2022 |
Un dramma collettivo
«Siamo in molti a non
aver dormito queste ultime notti – scrive Svetlana Panič, – ad aver
guardato ogni ora e anche più spesso le ultime notizie, a vivere in ansia
perpetua per gli amici a Kiev, Doneck, L’vov, Char’kov, Marjupol’, a ribellarci
– ciascuno a suo modo – contro questa guerra assurda. Le parole più usate sono:
vergogna e paura. È quasi impossibile pensare ad altro…
Quando si verifica qualcosa di vergognoso, che grida vendetta al cielo, è
naturale piangere e morire di vergogna. Ed è inutile discutere con chi pensa
che non sia successo nulla, che si sente “superiore a queste cose”, che
piantato comodamente sul divano dirige le vite umane come pedine sul campo
geopolitico…
Inutile spiegare a
chi è convinto che “il popolo russo approva l’invasione in Ucraina” e che
protestano solo quattro emarginati, che nel paese dominato dalle forze
dell’ordine chiunque rischi di scendere in strada con un cartello, chiunque
rischi una protesta con la parola o il gesto, lo fa in nome di centinaia,
migliaia di altri, perché l’eroismo lo si può chiedere solo a se stessi.
Non ha senso cercar
di spiegare perché in un mondo a compartimenti stagni le parole non arrivano. È
ben più importante altro. Noi che oggi soffochiamo dalla vergogna, che non
troviamo parole per esprimere il dolore, siamo molti, moltissimi. E siamo insieme».
A quanto sembra queste parole non sono solo un
auspicio ma un fatto, basta seguire gli hashtag di facebook #нетвойне, #нетвойнесукраиной,
che di ora in ora stanno raccogliendo migliaia di messaggi, proteste, grida di
disperazione.
Continua la Panič: «Ci aspetta una vita molto
difficile, piena di vergogna e di ansia. Bisognerà risolvere ardui problemi
morali, essere più esigenti con noi stessi, resistere continuamente al cinismo,
non solo quello esterno, ma quello che si intrude nella mente e nel cuore.
Però c’è anche dell’altro: la condivisione che in
tempi come i nostri acquista davvero i tratti della grazia, la musica, i libri,
la parola e il pensiero liberi. E c’è la speranza, che sembra non reggersi su
nulla. Ci sono la vergona, il dolore, le lacrime come reazione sana al male. E
finché è così, siamo vivi. C’è il riso, come reazione sana all’idiozia di
Stato, mezzo per scacciare la paura.
Ma soprattutto, siamo molti e siamo insieme; e finché potremo reggerci gli uni
agli altri il male non sarà onnipotente. Supereremo anche questo disastro.
Noi che ci diciamo cristiani abbiamo talmente
svalutato la Sua parola, banalizzato le nostre parole a Lui, che ora possiamo
mostrare la fede solo con la nostra persona, senza retorica religiosa. A quella
nessuno crede più, e giustamente. È colpa nostra se abbiamo trasformato la
parola di misericordia in una melassa da baciapile».
Il contributo dei cristiani si vede oggi in
queste coscienze sensibili e straziate, segno di una testimonianza essenziale
che corrisponde esattamente a ciò cui richiamava domenica 20 febbraio all’Angelus papa Francesco:
«Mai il Signore ci chiede qualcosa che Lui non ci dà prima. Quando mi dice di
amare i nemici, vuole darmi la capacità di farlo. Senza quella capacità noi non
potremmo, ma Lui ti dice “ama il nemico” e ti dà la capacità di amare». (...)
"E queste vite umane? I destini di queste famiglie? L’umanità? La giustizia?".
A questa domanda non retorica bisogna rispondere per e con i russi, gli ucraini, per il bene di tutti. Per scongiurare una guerra che riguarda tutti.
«Cari
amici ucraini, perdonate se non siamo riusciti a fermare tutto questo…
Povera patria nostra, e poveri noi tutti, a prescindere da dove viviamo. È una
disgrazia comune. Signore, che vergogna!» (Svetlana Panič).
MARTA DELL’ASTA
Leggi tutto l’articolo qui
https://www.lanuovaeuropa.org/societa/2022/02/23/il-dolore-dei-russi/
Nessun commento:
Posta un commento