INTERVISTA A EMMA FATTORINI:«SERVE UNA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE, STUPISCE CHE LA SINISTRA FINGA DI NON VEDERE LO SFRUTTAMENTO E LA MERCIFICAZIONE».
Riportiamo alcuni brani dell’intervista di Emma Fattorini, femminista storica, ad Avvenire. Per quanto alcune parti dell’intervista non
siano da noi condivise, la nettezza del giudizio può aiutare in questo momento
storico.Emma Fattorini
«Emma Fattorini, vicepresidente di Azione, cosa ne pensa
della proposta Varchi (FdI) per una legge che punisca l’utero in affitto anche
se praticato all’estero?
È sempre più chiaro che solo una regolamentazione internazionale
può mettere ordine su questa materia. Nei contenuti e per il significato
simbolico sarebbe assolutamente congruo fare dell’utero in affitto un reato
universale.
Per la mercificazione e del corpo della madre
e di quella del figlio: il corpo non può mai essere concepito come mezzo ma
essere solo un fine, insegna Kant. Il problema resta come può essere
realizzato: il piano giuridico è molto complicato. Ma sulla assoluta radicalità di questa
condanna non ho il minimo dubbio.
Calenda, dichiarandosi
contrario alla Gpa, si è detto stupito che non sia una battaglia della
sinistra. Perché?
Calenda è stato l’unico
politico dell’opposizione a dichiarare la condanna di questa pratica nel modo
più netto e senza distinguo. E ovviamente senza distinzioni tra coppie omo ed
etero. Rispetto
alla sinistra si stupisce che essa finga di non vedere lo sfruttamento, la
mercificazione e la mortificazione della dignità della donna e del bambino
insiti in questa pratica. Nel suo ultimo libro, Calenda
si interroga con molta nettezza su “quale libertà”: è possibile una libertà,
che sia veramente tale senza il senso del limite, una libertà che non sia
concepita assieme alla responsabilità? Non è un discorso conservatore o
limitativo dei diritti, semmai è ciò che li realizza pienamente. Questo è un
approccio né di destra né di sinistra, che non distingue tra credenti e non
credenti e non è proprio degli omosessuali o degli eterosessuali. È piuttosto
un grande interrogativo etico “trasversale” e cruciale della nostra epoca . Non
è né antimoderno né antiscientifico ma vede i rischi disumanizzanti di tante
tecnologie. …
Calenda, però, ha detto di
essere favorevole alle adozioni gay, questo non è contraddittorio?
No, non trovo contraddizione. Si può essere o no d’accordo
sull’adozione omogenitoriale ma questa non deve entrarci con l’utero in affitto,
che resta un fatto gravissimo anche per le coppie etero. Per questo occorre
distinguere. Dobbiamo stigmatizzare l’uso strumentale dei bambini operato da
questa destra e da certa sinistra. E per
non usare surrettiziamente proposte che mirino a liberalizzare l’utero in
affitto credo sia il tempo di una innovativa, profonda e complessiva riforma
delle adozioni mossa da tre necessità: accelerare, semplificare e aprire.
“L’adozione per casi particolari” è prevista già da una legge del 1983 che tra
l’altro consente le adozioni dei casi di cui di cui stiamo parlando. Ora le
adozioni vanno ripensate: le domande di adozione sono molto superiori ai bimbi
adottabili, l’incalzare della denatalità, le migrazioni e le guerre, sono tanti
i fattori che rendono necessario cambiare le modalità delle adozioni. L’unica cosa che deve restare al centro è
sempre e comunque il bene del minore. E non il desiderio dell’adulto.
Ma non lo vede come un
grimaldello per sdoganare l’utero in affitto all’estero?
Non è detto affatto, credo piuttosto che bisogna lavorare perché
questa possibilità corrisponda ai criteri generali di adottabilità. E l’utero
in affitto resta un reato anche per gli etero. L’adozione omogenitoriale non
deve essere l’ennesimo grimardello per la surrogata. Nel Pd non c’è una
posizione chiara sul tema.
Questo cosa significa per
lei?
Il Pd è
sempre stato ambiguo sui diritti. Spesso ha tentato di introdurre surrettiziamente la Gpa. Fu
così nella formulazione della stepchild
adoption che non passò per questo,
così come non è stata approvata la legge Zan a causa di un testo
pasticciatissimo e ambiguo. Come se al Pd non interessasse portare a casa il
risultato quanto piuttosto allargare il perimetro delle proposte alla ricerca
di un’identità politica perduta.
E Schlein rappresenta
questa attitudine per lei?
Il suo nuovo corso sembra
incarnare la definizione di Del Noce circa l’esito di “un partito radicale di
massa”. La
polarizzazione in atto Meloni/Schlein non mi entusiasma, ma è un dato di fatto
che forse porterà chiarezza sull’identità del Pd, in fondo sempre irrisolta.
Che farà riflettere i cattolici dem che erroneamente hanno creduto di scorgere
in questa visione dei diritti del Pd il prosieguo della grande stagione
riformista della sinistra del passato. Insomma penso che il Pd abbia perso
l’occasione di essere il soggetto di una mediazione possibile sui diritti come
invece era accaduto in passato. Regalando l’egemonia dei diritti a questa
destra che li declina nel modo più retrivo».
AVVENIRE
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