MCELROY E LE SUE ERESIE SU"AMERICA MEDIA"
In un articolo su America, la rivista dei gesuiti, il card. McElroy guarda con favore a diaconato femminile, accesso alla Comunione per divorziati risposati, coniugi sposati solo civilmente e persone Lgbt che non hanno rinunciato al loro stile di vita. Ma le sue posizioni contraddicono il Magistero e le Sacre Scritture.
Il cardinale e vescovo di San Diego, Robert McElroy, a
fine gennaio ha inviato alla rivista dei
gesuiti America alcune sue riflessioni sullo stato attuale in cui versa la
Chiesa. (Vedi link in calce)Papa Francesco e il neo Cardinale Robert McElroy
Vescovo di San Diego, 27 agosto 2022
La rivista ha pubblicato queste riflessioni con il
titolo: “ Il cardinale
McElroy sull’“inclusione radicale” per le persone Lgbt, per le donne e per
altri soggetti nella Chiesa cattolica”: una summa dell’ecclesialmente
corretto dove le parole chiave sono inclusione, condivisione e discernimento.
Un articolo pieno zeppo di stereotipi, un eccellente paradigma delle posizioni progressiste che si sono affacciate nei sinodi degli anni passati, di quelli presenti e - così temiamo - di quelli futuri. Insomma, un’efficace sintesi delle teorie eretiche interne alla Chiesa con cui già abbiamo avuto a che fare e con cui dovremo fare i conti anche a breve.
Facendo riferimento appunto ai sinodi del passato e
del prossimo futuro, il cardinale si dice favorevole al diaconato femminile e
guarda con molta indulgenza l’accesso alla Comunione per i divorziati
risposati, per i coniugi sposati solo civilmente e per le persone Lgbt che non
hanno rinunciato al loro stile di vita.
McElroy indica tre strade per far accedere queste
categorie di persone alla santa Comunione.
La prima: siamo tutti feriti dal peccato, egli afferma, e
quindi - questo il sottinteso del ragionamento del cardinale - non si capisce
il motivo per cui alcune ferite siano di impedimento all’accesso all’Eucarestia
e altre no.
Risposta: alcuni peccati sono così gravi, i cosiddetti peccati
mortali, che hanno la forza di rompere il rapporto di amicizia con Dio. Quindi,
prima occorre ricostruire questo vincolo con Dio tramite la Confessione e
dunque prima occorre pentirsi di quel peccato e decidere di non commettere più
alcun peccato e solo dopo si potrà ricevere la Comunione. In caso contrario,
non solo gli adulteri e le persone che praticano l’omosessualità potranno
accostarsi alla santa Comunione, ma anche gli omicidi, i ladri, i violentatori,
i truffatori, gli abortisti, etc., perché anch’essi, come affermato da McElroy,
dopo tutto sono persone ferite dal peccato.
Seconda soluzione proposta dal cardinale: «Mentre
l’insegnamento cattolico deve svolgere un ruolo critico nel processo
decisionale dei credenti, è la coscienza
che ricopre il posto privilegiato. Le esclusioni categoriche minano tale
privilegio proprio perché non possono comprendere la conversazione interiore
tra donne e uomini e il loro Dio». Tradotto: la coscienza personale viene prima della dottrina,
perché viene prima il dialogo interiore tra il fedele e Dio e poi il Magistero.
Risposta: la coscienza è chiamata a declinare i principi di
morale e fede nelle situazioni concrete. Quindi, gerarchicamente sono più
importanti questi principi, insegnati dal Magistero, che l’operato della
coscienza, proprio perché questa opera rifacendosi a tali principi. McElroy, inoltre,
si scorda che la coscienza può anche errare. Il soggetto, se agirà in buona
fede, potrà anche non accorgersi di sbagliare, ma sta alla Chiesa illuminare la
sua coscienza erronea e ricondurlo a ben pensare e a ben agire.
Terza soluzione: «La chiesa deve abbracciare una teologia
eucaristica che inviti effettivamente tutti i battezzati alla mensa del
Signore», scrive il cardinale, perché l’Eucarestia è un medicinale dell’anima.
Risposta.Vero è che è un medicinale, ma solo per chi ha deciso di guarire. Per tutti gli altri quel medicinale farà più male che bene, come ci ammonisce San Paolo, «perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti» (1 Cor 11, 29-30).
Occorre essere degni di ricevere il Signore e ciò per pura logica teologica di base. Infatti c’è un’oggettiva incompatibilità tra la Santissima Eucarestia e la volontà di perseverare nel peccato grave, tra la grazia che promana dall’Eucarestia e chi la rifiuta perché vuole rimanere in peccato mortale, stato in cui è assente la grazia. È stato esplicito Gesù sul punto. Ricordiamo le sue parole di fuoco rivolte al primo papa della storia, San Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16, 23). Sulla stessa frequenza d’onda non poteva che registrarsi San Paolo il quale mette al centro della sua ammonizione alla comunità dei Corinzi proprio il concetto di dignità: «Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11, 27-28). Prima la Confessione e poi la Comunione.
Questa
argomentazione, che non è altro che dottrina cattolica, è esplicitamente
rifiutata dal cardinale americano con queste parole: «Questa obiezione dovrebbe
essere affrontata a testa alta». E come l’affronta? Incidentalmente
McElroy insinua che la dottrina sui peccati che attengono alla sfera sessuale
(ma riguardo ai divorziati risposati e agli sposati solo civilmente i peccati
non interessano solo la sfera sessuale) derivi dalla tradizione.
In realtà sono di diritto divino positivo, vedasi il
sesto comandamento.
Ma il punto su cui insiste il cardinale è un altro:
«Il cuore del discepolato cristiano - egli scrive - è una relazione con Dio
Padre, Figlio e Spirito radicata nella vita, morte e risurrezione di Gesù
Cristo. La chiesa ha una gerarchia di verità che scaturiscono da questo kerygma
fondamentale. La pratica
sessuale, sebbene rivesta un’importanza profonda, non si trova al centro di
questa gerarchia. Eppure nella prassi pastorale l'abbiamo posta al centro
stesso delle nostre strutture di esclusione dall'Eucaristia. Questo dovrebbe
cambiare».
Siamo concordi che il centro della fede cattolica è la
Santissima Trinità che mostra il suo amore per l’uomo tramite l’incarnazione,
morte e risurrezione di Cristo. Ma da questo centro di verità scaturiscono
tutta una serie di condotte che sono doverose proprio perché consone a tali
verità e quindi tutta una serie di divieti relativi a scelte incompatibili con
questo nucleo di verità.
Che poi la pastorale si interessi spesso di tematiche
Lgbt e di divorziati risposati questo accade per due motivi: primo, perché
molti pastori vogliono accogliere non solo le persone omosessuali e i
divorziati, ma anche l’omosessualità e il divorzio. In secondo luogo, perché
oggi sui media e sui social network non si fa altro che parlare di
omosessualità e transessualità.
In definitiva, l’articolo del cardinale di San Diego è interessante perché sintetizza le strategie attualmente seguite nei Paesi occidentali per tentare di sovvertire la dottrina in merito al matrimonio, all’omosessualità e alla transessualità, strategie che certamente emergeranno nel Sinodo sulla sinodalità dell’ottobre 2023.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/.../la-summa-di-eresie-del-cardinal...
Nota bene del CROCEVIA
Non
sorprende che proprio la cosa da cui Cristo è morto per salvarci – il peccato –
si registri a malapena nel saggio del Cardinale. Né leggiamo nulla del Sacramento
con cui Cristo ci offre un rimedio anche per i peccati più gravi. In circa
3.000 parole sull'urgenza pastorale dell'inclusione, il Sacramento della
Riconciliazione non è menzionato nemmeno una volta.
Peccato, misericordia, conversione, redenzione: tutto questo si dissolve in banalità sull'inclusione, l'ascolto, il dialogo.Curiosamente, l'unico riferimento del saggio alla Scrittura, così com'è, è al titolo di un documento sinodale che è tratto da Isaia: "Allarga lo spazio della tua tenda". Non a caso, gli studiosi delle Scritture affermano che questo si riferisce in realtà non all'“inclusione”, ma all'espansione territoriale di Israele, cioè alla conquista.
Dietro questa nebbia di
astrazioni e luoghi comuni, si oscura il dramma fondamentale della salvezza, la
sostanza stessa della Buona Novella.
Ciò che
rimane è una visione della vita cristiana che manca di ogni traccia della
freschezza del Vangelo. Se questa è
la strada che prende il sinodo, sarà una strada che non porta da nessuna parte. E
tutti noi, non ultimi quelli che si trovano nelle difficili circostanze
pastorali di cui il cardinale McElroy è così sinceramente e ammirevolmente
preoccupato, ne risentiremo.
Vi consigliamo di leggere il testo integrale pubblicato su America Media, perchè il saggio è molto ampio e tocca anche altri punti critici. Ne vale la pena.
https://www.americamagazine.org/faith/2023/01/24/mcelroy-synodality-inclusion-244587
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