sabato 30 marzo 2024

LE SOFFERENZE DEI CATTOLICI 3

 Sapevamo che c’era Tarquinio Prisco, poi Tarquinio il superbo, adesso c’è Tarquinio Marco, ex direttore di Avvenire . Qualche giorno fa si parlava di una sua candidatura coi 5 Stelle per il suo fiero pacifismo (quasi un Putinismo), senonchè come sia come non sia tutto questo non si è concretizzato. Adesso si parla di una sua candidatura nel PD, la spinge la Schlein per "impreziosire la lista", a fianco che ne so di Zan o della Boldrini, così sui temi etici uno la pensa così, uno colà, e visto che siamo in clima pasquale, si potrebbe parlare di giornata della bontà.


Ma per tornare al punto, leggiamo cosa ha scritto MICHELE BRAMBILLA su “IL GIORNALE”

Nel Pd è scoppiata una più che mezza rivolta contro la candidatura alle Europee del cattolico Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire. Il perché non si voglia quest'uomo in lista, lo ha sintetizzato bene Lia Quartapelle, ex responsabile degli Esteri del Pd: dice che Tarquinio è dalla parte di quel pacifismo che vorrebbe una resa dell'Ucraina (e quindi una vittoria di Putin); ma, soprattutto, dice che la presenza di un cattolico come lui è totalmente incompatibile con «i diritti civili per i quali il Pd si impegna in tutta Europa: il certificato di genitorialità anche per le coppie dello stesso sesso, il pieno accesso ai diritti sessuali e riproduttivi (quindi fecondazione eterologa, utero in affitto eccetera, ndr), il diritto ad abortire e l'uguaglianza Lgbtqia», sigla che, per chi non lo sapesse, significa lesbiche gay bisessuali transgender queer intersessuali asessuali. Quartapelle dà voce a una grandissima parte del partito.

Censura? Intolleranza? No. Il Pd ha ragione. È Tarquinio, purtroppo, a sbagliare campo, come hanno sbagliato campo negli ultimi quasi vent'anni quei cattolici che - forse per un complesso di inferiorità, forse per una specie di sindrome di Stoccolma - hanno pensato di poter difendere i propri valori nel Pd.

La sparo grossa: era più facile essere cattolici nel vecchio Pci che nel Pd. Mi spiego. I valori evangelici non hanno partito, e da quando l'Italia è una repubblica alcuni cristiani hanno ritenuto di scegliere la destra perché garantiva di più quanto a bioetica, difesa della vita, della famiglia, della scuola cattolica eccetera. Altri invece hanno ritenuto che la sinistra tutelasse di più su solidarietà e aiuto ai poveri, valori anch'essi cristiani. Erano scelte entrambe legittime.

Ma il Pd non ha ormai nulla a che fare con la povera gente. Sta più nelle Ztl che nelle periferie. Più con gli intellettuali che con la classe operaia del film di Monicelli “Romanzo Popolare”. Più con la classe dirigente che con i poveri guaglioni che nel dopoguerra il partito portava al nord, una storia ben narrata da Viola Ardone nel suo romanzo “Il treno dei bambini”. Il Pd non è il Pci di Peppone, che con don Camillo un'intesa sulle cose importanti la trovava sempre.

Il Pd è quello che aveva profetizzato, decenni fa, Augusto Del Noce: un partito radicale di massa.

 

venerdì 29 marzo 2024

THE WAY OF THE CROSS CHICAGO 2024

29 marzo 2024

2010

Ogni anno seguiamo la passione di Cristo nel cuore della nostra città, dove migliaia di persone ogni giorno portano la loro croce. Attraverso la musica corale, i brani del Vangelo, le riflessioni e la nostra processione silenziosa, speriamo di entrare più profondamente negli eventi del Venerdì Santo e nel loro significato per noi oggi. Chiediamo di sperimentare la presenza eccezionale di Cristo tra noi come risposta reale ai bisogni del nostro cuore.

Comunione e Liberazione Chicago


DA “IL MISTERO DELLA CARITÀ DI GIOVANNA D’ARCO” (Charles Péguy, 1873-1914)

Egli è qui.

È qui come il primo giorno.

È qui tra di noi come il giorno della sua morte.

In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno.

In eterno tutti i giorni.

È qui fra di noi in tutti i giorni della sua eternità.


Il suo corpo, il suo medesimo corpo, pende dalla medesima croce;

I suoi occhi, i suoi medesimi occhi, tremano per le medesime lacrime;

Il suo sangue, il suo medesimo sangue, sgorga dalle medesime piaghe;

Il suo cuore, il suo medesimo cuore, sanguina del medesimo amore.

Il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue.

Una parrocchia ha brillato di uno splendore eterno.

Ma tutte le parrocchie brillano eternamente, perché in tutte le parrocchie c’è il corpo di Gesù Cristo.

Il medesimo sacrificio crocifigge il medesimo corpo, il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue. Il medesimo sacrificio immola la medesima carne, il medesimo sacrificio versa il medesimo sangue. Il medesimo sacrificio sacrifica la medesima carne e il medesimo sangue.

È la medesima storia, esattamente la stessa, eternamente la stessa, che è accaduta in quel tempo e in quel paese e che accade tutti i giorni in tutti i giorni di ogni eternità.


martedì 26 marzo 2024

NELLA SETTIMANA SANTA QUALE POESIA SE NON "L'ASINO" DI CHESTERTON?

 

L'asino
Gilbert Keith Chesterton
Quando i pesci volavano e le foreste camminavano
 E i fichi crescevano sulle spine,
Un momento in cui la luna era rossa
   Allora sicuramente sono nato.

Con testa mostruosa e grido disgustoso
   E le orecchie come ali erranti,
Parodia del diavolo ambulante
   Su tutte le cose a quattro zampe.

Lo stracciato fuorilegge della terra,
   Di antica volontà storta;
Fate la fame, flagellatemi, deridetemi: sono muto,
   Mantengo ancora il mio segreto.
 
Sciocchi! Poiché anch'io avevo la mia ora;
   Un'ora lontana, feroce e dolce:
C'era un grido nelle mie orecchie,
   E i palmi davanti ai miei piedi.

 

 

Strofa Uno

Quando i pesci volavano e le foreste camminavano

E i fichi crescevano sulle spine,

Un momento in cui la luna era rossa

Allora sicuramente sono nato.

 

La terra e il tempo in cui è nata questa creatura sono magici. Era un luogo in cui “i pesci volavano e le foreste camminavano”. C’erano “fichi” che crescevano sulle spine e “la luna era sangue”. Questo è un linguaggio mistico che evoca l'immagine di una terra oscura e strana molto diversa da quella che esiste oggi. 

Ciò che è interessante in questo pezzo, e viene scoperto nell'ultima riga di questa strofa, è che l'asino è chi parla. Sta descrivendo la propria nascita, le caratteristiche fisiche e i segreti.

Strofa Due

Con testa mostruosa e grido disgustoso

E le orecchie come ali erranti,

Parodia del diavolo ambulante

Su tutte le cose a quattro zampe.

 

Qui l’asino  continua a riferirsi a se stesso come avente una "testa mostruosa e un grido disgustoso". Questa non è un'immagine piacevole, ma la dice lunga su chi parla di sé in questo modo. Forse queste descrizioni, così come quella successiva in cui si riferiva a lui come avente “orecchi come ali erranti”, furono cose che gli furono raccontate quando era il primogenito. Ora si riferisce a se stesso in questo modo. 

Nelle due righe successive afferma di essere la parodia "  di un ambulante del diavolo ". Si considera una propaggine del diavolo, ma priva di tutte le parti che lo rendono potente. L'asino ha la forma del diavolo ma non il suo prestigio. 

Strofa tre

Lo stracciato fuorilegge della terra,

Di antica volontà storta;

Fate la fame, flagellatemi, deridetemi: sono muto,

Mantengo ancora il mio segreto.

 

Continua descrivendosi come il “fuorilegge a brandelli della terra”. La sua forma è in rovina ed è costretto a camminare sulla terra senza amici o addirittura compagnia. Nessuno vuole reclamare lui o quelli come lui. Tutto ciò è dovuto all’“antica volontà storta”. Qualcosa è andato storto quando è stato creato l'asino. La “volontà” che lo aveva creato era allora distorta. 

All'asino non importava cosa gli fosse successo, perché aveva un segreto. È qualcosa che non dirà mai, non importa quanto sia affamato o deriso. Nella strofa finale, il tono dell'asino si trasforma da quello nichilista oscuro e deprimente delle prime tre strofe a uno edificante e orgoglioso. 

Strofa quattro 

Sciocchi! Poiché anch'io avevo la mia ora;

Un'ora lontana, feroce e dolce:

C'era un grido nelle mie orecchie,

E i palmi davanti ai miei piedi.

 

È nella quarta strofa che l'asino si sbarazza di tutte le dispersioni e descrive con orgoglio come tutto è cambiato per lui. C'è stata un'"ora" che è stata "molto feroce... e dolce". Fu quando Cristo entrò a Gerusalemme cavalcando un asino, apparentemente lo stesso, la Domenica delle Palme. 

L'asino abbassò lo sguardo e vide “le palme davanti” ai suoi piedi. C'era una festa intorno a lui e sapeva di essere redento agli occhi del mondo. L'asino descrive questa esperienza come se la folla  festeggiasse lui piuttosto che Cristo e il messaggio di Cristo.

 

 


Anche il più disgraziato e vilipeso degli esseri (umani) può trovare il suo riscatto nel servire silenziosamente il Signore. Pazienza, umiltà, fede: a queste semplici virtù cristiane ci richiama Chesterton in questa Domenica delle Palme

lunedì 25 marzo 2024

LA MADONNA DI DÜRER, STORIA DELLA SUA RISCOPERTA

La straordinaria storia di un capolavoro di Albrecht Dürer salvato da un convento di clarisse nel ravennate e "scoperto" da un umile prete

Albrecht Dürer, Madonna del Patrocinio o di Bagnacavallo (1495, particolare)

L’affascinante icona, un olio su tavola di dimensioni modeste (47,8×36,5 cm) oggi appartenente alla collezione Magnani Rocca (Traversetolo, Parma), è stata il centro indiscusso della mostra Dürer. Mater et Melancholia curata da Vittorio Sgarbi e da poco conclusa al Mart di Rovereto.

L’icona rappresenta una giovane donna dal volto di una straordinaria bellezza, avvolta in un’atmosfera tutta italiana, ma dai tratti spiccatamente nordici.

Si sente in filigrana il disegno, lo stile di un’incisione tedesca, l’arte in cui Dürer fu maestro assoluto. E sono stati proprio questi “tratti d’oltralpe” che hanno spinto don Antonio Savioli, sacerdote di Fusignano (1915-1999) a mettere in discussione la paternità di Guido Reni, cercando prima un nome tra i pittori del Nord Italia e aprendo così la strada al grande critico Roberto Longhi che, in un articolo pubblicato sulla rivista Paragone (1961), attribuisce con certezza la paternità dell’opera ad Albrecht Dürer, il “maestro di Norimberga”, il “Leonardo d’oltralpe”.

Scrive don Savioli: “In un primo momento io cercai, senza risultato, il pittore fra i lombardi della diaspora leonardesca. Ma bastò al prof. Longhi una pallida fotografia per scoprire la mano del grande Dürer, nome da lui pronunciato e come soffiato sotto l’impulso di una conturbante intuizione”.

L’aria, l’atmosfera, il soffio, l’impulso. E una semplice foto in bianco e nero. Non sappiamo come, ma tornando indietro nel tempo, la tavola del Dürer finì, forse durante un suo soggiorno in Italia, nelle mani del commerciante di seta Giovanni Filippo Certani, fondatore dell’Accademia artistica dei Selvaggi.

Il Certani nel 1621 donò quella Madonna col Bambino, che considerava di Guido Reni, al convento di Cotignola (Ravenna) in dote, insieme a 500 scudi, per l’ingresso della figlia Isabella nelle clarisse, figlie di santa Chiara.

Con un po’ di immaginazione, proviamo a varcare in punta di piedi le mura del convento di Cotignola, cercando di intravedere, nel coro, dietro le grate dove veniva esposta raramente e su richiesta, quell’icona preziosa e di rara bellezza. In quel coro, alle voci oranti si era da poco aggiunta quella della giovane novizia Isabella Certani, di cui si legge nelle Vite dei santi e beati e servi di Dio della diocesi di Faenza che, divenuta suora con il nome di Dorotea, si era così affezionata a quell’immagine donata dal padre al convento da “starle davanti molte ore in devozione, e n’ebbe un giorno visione mentre le porgeva calde suppliche”.

La Madonna oggetto di quella “visione” rimase nascosta nel convento di Cotignola fino alla fine del Settecento, quando le truppe napoleoniche scesero in Italia, spogliando chiese, conventi e musei. Le suore, temendo il peggio, cioè di perdere la loro Madonna col Bambino – che chiamavano con affetto Madonna del Patrocinio (cioè della protezione) – idearono uno stratagemma. Ne fecero fare una copia esatta che venne sottratta dai soldati al convento al posto dell’originale. Passata la furia napoleonica e chiuso il convento di Cotignola, si apre un nuovo capitolo per l’icona della Madonna col Bambino, trasferita a pochi chilometri di distanza, nel convento di Bagnacavallo, sempre delle clarisse. Ci viene in aiuto un documento dell’epoca: “La Madre Sr. Gertrude Canattieri Religiosa Claressa del soppresso Monastero di Cotigniola entrò nel nostro convento lì 13 maggio 1822 in età d’anni 73 […] Portò una bellissima immagine della Beata Vergine di gran prezzo quale Immagine era delle sue Fondatrici del Convento di Cottigniola, ed ora sta collocata nel nostro Coro, e si mostra miracolosa nel ricorso che facciamo a lei nelle nostre necessità”.

Ed è nel convento di Bagnocavallo che nel 1979 don Antonio Savioli scopre, vede, studia, confronta con altre immagini quell’icona della Madonna col Bambino che le suore continuano a custodire gelosamente, fino ad avanzare coraggiosamente per primo, sul Bollettino Diocesano di Faenza del 1961, l’ipotesi che si tratti del Maestro di Norimberga. Dürer quindi. E a luglio arriva puntuale la conferma del Longhi.

E siamo ai nostri giorni. La mostra di Sgarbi al Mart di Rovereto, gli studi e i restauri successivi dell’opera non solo confermano la paternità di Dürer, ma retrodatano la Madonna con il Bambino dal 1505, anno del secondo viaggio in Italia del pittore di Norimberga, al 1495, anno del suo primo viaggio a Venezia. Quell’aria di laguna aveva senz’altro addolcito i tratti duri – il ductus si dice in gergo – del maestro tedesco, guidando la sua mano a far fiorire questa Madonna-capolavoro, dai tratti nordici ma dal “cuore” italiano.

Soprattutto il velo è un chiaro riferimento, secondo Longhi, al pittore veneziano Giovanni Bellini. Quel “rovello tedesco” (come lo chiamava Giovanni Testori a proposito di un crocifisso nordico), quell’impeto, quella furia ribelle, quella melanconia e quell’ansia moralistica che sarebbe sfociata nell’arte della Riforma luterana, si addolcisce qui a contatto con i maestri del Rinascimento fiorentino e del Cinquecento veneto, fino a parlare  (è sempre Testori a farlo) di “mani trepide e innamorate”.

L’Amore. È qui il miracolo, la parola-chiave. Amore, parola dal suono impossibile da pronunciare per il mondo anglosassone. L’amore – carisma tutto italiano – che influisce sull’arte europea e nordica. L’influsso di Bellini, Giorgione, Lotto, Verrocchio e Antonello da Messina rintracciati da vari critici d’arte in questa giovane Madonna.

Pure, l’ovale del suo volto, le labbra strette, la candida cuffietta nordica divisa in due sulla fronte, la luce filtrante della scena, i particolari delle fragole e dei fiori secchi, il tratteggio – la texture della pennellata – ci rimandano ancora in filigrana alle incisioni tedesche di Dürer. Solo lui è capace di evocare quelle dita sottili tra madre e figlio, dita che tradiscono una capacità di disegno straordinaria, dita che si sfiorano ma non si toccano, anche se il pollice del Bambino sembrerebbe conficcarsi nell’indice della madre, per chiederle aiuto. E quel Bambino, così metallico, come inciso nella lastra di metallo col bulino, e nello stesso tempo così morbido, come modellato nella cera, sta per scoppiare in lacrime, ma non lo dà a vedere. Pure alza un volto livido e contratto verso la madre.

Solo il genio di Dürer poteva concepire un’immagine di Madonna così giovanile, intimista e allo stesso tempo ferma e precisa, in perfetto equilibrio tra sentimento e riflessione, affetto verso il Bambino e presa in carico di tutta la sua responsabilità di Madre. Sguardo fisico e insieme sguardo interiore. Sguardo che scende e si srotola come un balsamo dai capelli ramati, così soffici e sottili, e che sfuggono ai due lati del velo color ruggine per posarsi sulla mano.

Le pieghe della veste rosso scuro di Maria cadono regolari sul petto. Il manto blu scuro foderato di una stoffa cangiante rinchiude la donna in una cappa. La simbologia del rosso indica regalità, il blu l’umanità che la riveste. L’ovale perfetto del volto rischiara come un lume il buio drammatico in cui Madre e Figlio si trovano a contemplare il destino doloroso che li attende. Lame taglienti di luce segnano gli spigoli del muro di sinistra, mentre a destra un arco introduce in un ambiente esterno fatto di mattoni a vista. Quel muro rimanda a quattro secoli di sguardi di monache in preghiera.

Quest’opera – conservata alla Magnani Rocca di Traversetolo – è consegnata da oggi alla nostra contemporaneità e ci testimonia come, nell’universalità del linguaggio dell’arte, nord e sud, ragione e sentimento, dovere e piacere, fede e disperazione, polarità opposte insomma, si fondano in un solo colore dominante: il rosso della veste di Maria. Colore dell’Amore.

 

https://www.ilsussidiario.net/news/letture-don-savioli-e-la-madonna-di-durer-un-doppio-miracolo-di-arte-e-fede/2677998/

 

il sussidiario: 18.03.2024 - Alfredo Tradigo

 

LE SOFFERENZE DEI CATTOLICI 2

LE ELEZIONI EUROPEE E COMUNALI

Papa Francesco in piazza a Cesena 2017
Il Vescovo Mons. Douglas Regattieri è intervenuto a Cesena al corso sulla Dottrina Sociale della Chiesa con una lezione su “Cattolici e impegno politico”. Richiamando il discorso del Papa a Cesena del 2017 “Non guardate dal balcone”, ha invitato a combattere l’assenteismo e a essere presenti per trasmettere dei contenuti per salvare una vita che rischia di chiudersi ad ogni trascendenza.

Mons Douglas Regattieri
Il Vescovo poi a proposito della recente disposizione regionale in materia di suicidio assistito ha chiesto:” I cattolici che militano in formazioni partitiche che prendono queste posizioni davvero pensano di fare il bene delle persone? E se non le condividono perché non si sente la loro voce?”

A Cesena è iniziata la campagna elettorale e i cattolici sono come dovunque divisi anche su temi vitali.I Cattolici Popolari, partito locale alleato col Pd nelle precedenti elezioni, ha presentato alcuni giorni fa i propri candidati. A partire da questo il CROCEVIA, associazione culturale cattolica da decenni presente anche come espressione politica,  ha espresso questo giudizio.

COMUNALI 2024: LA POSIZIONE DEL CROCEVIA

Abbiamo letto con una certa sorpresa che i Popolari hanno presentato una lista denominata “CIVICA POPOLARE PER ENZO LATTUCA” sindaco uscente Pd.  La presentazione ufficiale della lista ha confermato che il cambiamento del nome è anche un cambiamento di contenuti della presenza,un cambiamento culturale e politico, teso ad ottenere una  partecipazione importante al governo della città.

 Ci sembra che  si possa affermare che ora il riferimento per i Popolari non sia più,come prima,la Dottrina Sociale della Chiesa ma l’ideologia di Lattuca. Tutto così è più chiaro e consente alle persone di superare garbatamente i problemi di coscienza per una discussa appartenenza, perché non si pongono più come espressione del mondo cattolico. Quando la realtà non si può cambiare si cambiano le parole

Però l’ideologia di Lattuca promette la carriera alias nelle scuole e di continuare a sostenere le politiche lgbt già iniziate in questi anni, lascia la strada aperta al suicidio assistito, non è interessato alla libertà di educazione, non sostiene la famiglia naturale composta da madre padre e figli,ritiene che l'aborto sia un diritto per le donne anche se tutti sanno che è la soppressione di un bambino, sostiene l’utero in affitto e l’ideologia del gender, “la più brutta ideologia del nostro tempo “(Papa Francesco, 1 marzo 2024)

Noi del Crocevia, come cattolici nel centrodestra, sosterremo elettoralmente gli amici Enrico Castagnoli,per il Comune di Cesena e Piergiacomo Sibiano(detto Piga) per l'Europa, candidati in Fratelli d'Italia,dove porteranno avanti con decisione i principi che sono alla base della loro vita familiare,del lavoro,del loro impegno socio culturale e politico, consapevoli che questa area stia accogliendo oggi molte istanze che ci stanno a cuore.

IL CROCEVIA

marzo 2024

 

 

domenica 24 marzo 2024

LE SOFFERENZE DEI CATTOLICI 1

LA SCOMPARSA DEI CATTOLICI NON DIPENDE SOLO DAL PAPA

 di Marcello Veneziani

 Ma la Chiesa, il mondo cattolico, le scuole cattoliche, le università cattoliche, l’editoria cattolica, la comunicazione d’ispirazione cattolica, il popolo dei credenti dove sono finiti, come mai non si fanno sentire mai sulle questioni decisive e rilevanti che riguardano gli orientamenti civili e culturali, l’arte, il pensiero, la scienza e la tecnologia, la letteratura, la musica e il cinema, il politically correct, la cancel culture e l’ideologia woke? Ma anche nelle scelte della vita comune, la vita intima, le sue inclinazioni non si avverte mai un punto di osservazione religioso, prima che cattolico e cristiano

Papa Francesco domenica delle Palme 2024

Noi risolviamo tutto risalendo a Papa Francesco, a lui attribuiamo ogni merito, ogni colpa, ogni responsabilità della presenza o dell’assenza cristiana nel mondo; ma non possiamo caricare sulle sue spalle, piuttosto malandate e forse inadeguate, tutto il peso della cristianità. Ma nemmeno sulla Conferenza Episcopale o su qualche suo portavoce o esponente di spicco. Certo, l’ordine e la gerarchia delle responsabilità è a partire da loro che sono ai vertici della cristianità; ma non possiamo esaurire un mondo vasto che un tempo coincideva quasi col mondo occidentale, con la società, ad alcune figure apicali o rappresentative.  

Sull’Avvenire di qualche giorno fa, il teologo Pierangelo Sequeri ha denunciato l’irrilevanza dei cattolici sul terreno culturale e sul piano comunitario. Tema ripreso da Roberto Righetto. Persiste solo un flebile moralismo, solitamente sconfinante nella filantropia sociale, soprattutto in tema di accoglienza e migranti.

Anche il cardinale Zuppi riconosceva una certa timidezza dei cattolici rispetto ad atteggiamenti aggressivi “di una certa cultura dominante”; magari si dovrebbe avere il coraggio di chiamare con i suoi nomi propri, per non restare nella stessa timidezza subalterna che viene denunciata: l’egemonia radical-progressista, d’impronta atea, irreligiosa e laicista. Giusto il suo appello alla fantasia creativa, ma probabilmente non basta, occorre una visione del mondo calata nella vita dei giorni, l’ardire di un confronto, il coraggio civile, la capacità di dialogo e pure di dissenso, il non aver paura di essere troppo innovatori o troppo conservatori; l’amore per la realtà, per la natura, per la storia e per la tradizione in una società che preferisce il loro contrario.

E poi, se permettete, avete ormai la prova che il mimetismo fino all’assimilazione al gergo e alle attitudini del presente non funziona e non fa proseliti, anzi allontana sempre più i popoli e i singoli credenti dalla vita e da ogni concezione religiosa: se credete di contare di più mettendovi semplicemente al passo dei tempi, sposando il linguaggio e le preoccupazioni correnti, perdete il senso radicale e originale della vostra missione e del vostro messaggio e il motivo per cui potete trovare attenzione nel mondo.

Se non parlate di morte e resurrezione, di senso della vita e amor di Dio; di mistero e scommessa sul rischio della fede, non c’è bisogno di voi nel mondo. E se dimenticate i simboli, i riti, le liturgie, le rappresentazioni del sacro, per mimetizzarvi di più nel paesaggio corrente, vi confondete col mondo, passate inosservati, perdete la grazia del vostro linguaggio divino e differente, che solo può destare attenzione e ammirazione. Poi è inutile prendervela col supermercato delle religioni, la paccottiglia spirituale, la sottocultura new age, l’analfabetismo religioso, se rinunciate a coltivare la forza e il mistero della vostra testimonianza, del vostro linguaggio, della vostra capacità di parlare oltre la vita e oltre la morte, di esprimere il desiderio d’eternità. Quelle pseudoreligioni coprono un vuoto che voi lasciate incustodito…

Però, come dicevo agli inizi, non si può risolvere il problema additando i vertici della Chiesa per i loro errori, la loro compiacente neutralità sui temi cruciali della vita, la loro riluttanza a portare lo scandalo della religione in una società radicalmente e superficialmente irreligiosa. C’è un problema più vasto che riguarda proprio il mondo cattolico, anche quello che va oltre le chiese e le sacrestie. E’ un ritirarsi, uno spegnersi, un essiccarsi della fiamma, un’accettazione di disfatta e di abbandono che ormai è in ciascuno. Non c’è mai un organismo d’ispirazione cristiana, a qualunque livello, che prenda posizione su temi, dibattiti, personaggi, aggressività e supponenza della cultura dominante. Prevale un senso di inadeguatezza e la percezione di essere comunque soccombenti, fuori luogo: dunque inutile cimentarsi, meglio mettere da parte le proprie convinzioni, o tenersele per sé, fino a privatizzare la propria fede cristiana a ridurla a un intimismo privo di porte e di finestre. Non c’è questione culturale, storica o ideale in cui si avverta la presenza di un punto di vista schiettamente cristiano e cattolico, mai un segno né di fedeltà né di originalità; come se già la definizione di cultura, di storia o di pensiero ponesse confini laici e razionali da non oltrepassare, fino a circoscrivere al proprio tempo o alla competenza tecnico-scientifica di quei saperi specifici, l’ambito adeguato di quelle controversie. Ogni “intrusione” religiosa è considerata come impropria, fuori luogo, anche se in realtà il sottinteso è che sia “fuori tempo”. Quello è già il segno di una capitolazione, il cedimento alla pigrizia e al decorso degli eventi, perché è faticoso oltre che creativo, saper rispondere alle controversie della contemporaneità, al narcisismo, ai coming out, ai desideri di mutare natura, sesso, corpo, età, famiglia, città che prevalgono nel frasario più diffuso del momento. 

Si tratta in una parola – ma che diviene fatto, scommessa e ammissione di identità – mettere in gioco il senso religioso della vita e farlo valere nelle scelte quotidiane. Anche in quelle scelte di ogni giorno, che sembrano attenere ad ambiti neutrali, asettici, o semplicemente profani, vitali, tecnici, è in gioco il senso religioso o irreligioso della vita. Finché non si riparte da lì, i cattolici proseguiranno nel loro progressivo passaggio alla clandestinità, in una parabola che va dall’irrilevanza alla scomparsa.

La Verità – 10 marzo 2024

  

 

mercoledì 20 marzo 2024

L’UNITA’ DELL’EUROPA E LE SUE RADICI CULTURALI


BENEDETTO XVI AL BUNDESTAG
22 settembre 2011

(…) A questo punto dovrebbe venirci in aiuto il patrimonio culturale dell’Europa.

Sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire.

Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale.

Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza.

Congdom, Pentecoste , 1962, Milano
The William Congdon Foundation

La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma, dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma.

Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa.

Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico.

Benedetto XVI

dal discorso tenuto al Parlamento tedesco il 22 settembre 2011

domenica 17 marzo 2024

L'AMERICA GIOVANE SFIDUCIA BIDEN. E IL VERO MOTIVO NON È LA SUA ETÀ

FEDERICO RAMPINI
 

 

 

Come conciliare la salute dell'economia e il pessimismo degli elettori

Una delle ragioni per cui Joe Biden potrebbe perdere le elezioni il 5 novembre è l’umore pessimo dell’America. La sua età pesa, ma solo come un’aggravante: il fatto è che una maggioranza di americani sono profondamente insoddisfatti. Lo stato d’animo del paese sembra in contraddizione con la situazione economica: buona o addirittura eccellente. Come si spiega questa divaricazione? 

E’ un tema che ho trattato nelle due puntate del mio programma televisivo già andato in onda, oggi voglio aggiungervi un elemento in più. Biden fatica a compattare gli elettori più progressisti che sono i giovani. Una ragione è questa: riconoscere che l’economia americana va bene è incompatibile con le certezze ideologiche di questa generazione, convinta che il capitalismo è oppressivo, e la crescita provocherà un disastro climatico. 

In altre parole, l’ideologia dominante oggi nella sinistra radicale fa velo ai giovani, quindi impedisce che riconoscano i risultati positivi anche se sono accaduti sotto un governo di sinistra. Per molti di loro una buona notizia è incompatibile con la rappresentazione che si fanno del mondo, quindi deve essere impossibile. E così si dissolve, proprio in campo progressista, uno dei principali argomenti a favore di Biden e della sua rielezione.

La fiducia dei consumatori è ai minimi storici

Faccio un passo indietro e ricordo che siamo davvero in una situazione anomala. Come sottolinea Rogé Karma sul magazine The Atlantic, uno degli indicatori più affidabili sulla percezione che gli americani hanno della situazione economica, è la periodica indagine sui consumatori condotta da decenni dalla University of Michigan. Karma si chiede: se uno tirasse a indovinare quale fu il momento di più grave pessimismo degli americani, quale periodo sceglierebbe? Forse gli anni Settanta con due shock petroliferi, recessione e iperinflazione a due cifre? Forse la grande crisi globale del 2008 scatenata dal crac dei mutui subprime a Wall Street? Forse l’inizio della pandemia quando il Covid fece perdere il lavoro a milioni di americani? Tutte ipotesi ragionevoli, tutte sbagliate. Secondo la University of Michigan Surveys of Consumers, l’abisso di pessimismo è stato toccato nel giugno 2022. Una possibile spiegazione è che in quel mese l’inflazione salì al 9% e inoltre tutti parlavano di una recessione imminente (mai avvenuta).

In seguito la situazione è migliorata a gran velocità e ben oltre le speranze dei più ottimisti; inoltre anche la perdita economica e il disagio sociale provocato dall’inizio della pandemia è stato rapidamente curato con gli aiuti pubblici più generosi del mondo (5.000 miliardi di dollari, tre quarti delle famiglie americane ne sono state beneficiate). Eppure l’indice di fiducia dei consumatori non è risalito come ci si aspettava. Il mistero per cui Biden viene considerato un pessimo presidente dalla maggioranza degli americani, mentre l’economia va a gonfie vele, ha provocato reazioni tra lo sgomento e l’indignazione alla Casa Bianca e nei circoli delle élite di sinistra. Tra i più stonati c’è l’economista Paul Krugman, che sulle colonne del New York Times da mesi si esercita in infinite variazioni sul tema che riassumo così, con parole mie: viviamo nel migliore dei mondi, quegli americani che non ne danno il merito a Biden sono degli imbecilli, o dei fascisti, o tutt’e due.

La verità sull'inflazione

Per fortuna abbondano le reazioni un po’ più equilibrate. Sull’inflazione, sappiamo bene qual è il problema. Durante la pandemia ci fu un gran botto dei prezzi al rialzo, con impennate del 9% mensili come quella già ricordata. Adesso, quando si dice che “l’inflazione rallenta” perché “è scesa al 3% circa”, questo non significa che i prezzi siano tornati ai livelli precedenti. Continuano ad aumentare, per fortuna molto più lentamente. Il danno però è stato fatto. Ai consumatori interessa pochissimo quel “tasso d’inflazione” che appassiona gli economisti, loro giustamente guardano il livello assoluto dei prezzi che rimane molto alto. E genera malcontento, con sommo disappunto di Krugman.

Bisogna poi aggiungere la dinamica prezzi-salari. L’America vive una stagione ottima per i lavoratori, le cui buste paga negli ultimi anni sono aumentate in molti casi quanto i prezzi e in certi casi di più. Categorie come i metalmeccanici dell’automobile, i camionisti o i portuali, hanno siglato rinnovi contrattuali con aumenti dal 25% al 30%, quindi portano a casa dei guadagni che li compensano degli aumenti del costo della vita. Attenzione, però, prezzi e salari non sono percepiti allo stesso modo. Cito ancora Rogé Karma, e l’economista Betsey Stevenson della University of Michigan: “La maggior parte di noi pensa che l’aumento salariale se lo è meritato; mentre quando va al supermercato e trova il rincaro dei beni alimentari, pensa che il suo aumento salariale gli viene tolto ingiustamente”. 

Fin qui abbiamo una spiegazione razionale del perché il costo della vita continua a indebolire Biden, e cancella o mette in secondo piano altri indicatori positivi (come l’aumento dell’occupazione). 

I giovani condannano il capitalismo, quindi rifiutano le buone notizie...

Poi viene l’altro fenomeno che chiama in causa più tipicamente i giovani. La loro percezione dell’economia è molto diversa da quella degli adulti, soprattutto a sinistra. Secondo un sondaggio della Cnn, il 63% dei democratici oltre i 45 anni di età pensa che l’economia è in buona salute; invece solo il 35% dei giovani ha la stessa visione positiva. Qui la spiegazione è culturale e ideologica. Si collega a quest’altro dato: tra i giovani democratici compresi nella fascia di età da 18 a 35 anni, elettori che tendono ad essere più progressisti e più radicali dei democratici meno giovani, il giudizio positivo sull’economia di mercato e sul capitalismo è franato dal 56% al 40% in un decennio. I giovani pensano che il socialismo sia molto migliore del capitalismo, a quest’ultimo addebitano tutti i mali dell’umanità. 

“Riconoscere che l’economia va bene – osserva l’opinionista su The Atlantic, magazine decisamente progressista – richiederebbe di sacrificare la propria ideologia e quindi la percezione di sé, l’identità tipica del giovane progressista”. Non importa se alla Casa Bianca c’è un democratico. Se un giovane si è nutrito (o è stato indottrinato) con la certezza che il capitalismo è un sistema oppressivo, che l’America è una società ingiusta, che la crescita economica distruggerà il pianeta, allora questo giovane è “vaccinato” contro le buone notizie, si rifiuta di prenderle per tali. 

Sul fronte repubblicano, il meccanismo che conta è più prevedibile. E’ un’antica regola statistica: l’elettorato ha un’opinione più negativa sulla situazione economica, quando alla guida del paese c’è un leader che appartiene alla parte avversa. Inoltre il popolo di destra “bilancia” le buone notizie economiche con quelle cattive che giungono da altri fronti: immigrazione illegale incontrollata, aumento della criminalità, senso di insicurezza, declino dei valori tradizionali. Su questo fronte non ci sono vere sorprese. La sorpresa negativa per Biden è l’impermeabilità dei giovani di sinistra alle buone notizie sotto la sua presidenza. 

Temo che non basti a cambiare il quadro l’enorme generosità di Biden verso questa generazione, vedi la cancellazione (molto discutibile) dei debiti universitari: qui siamo in pieno “voto di scambio”, regalìe di denaro pubblico per catturare consensi; ma l’ideologia spesso è più forte degli interessi materiali. 

Federico Rampini

Nota bene: quanto scritto qui sopra indica una vulnerabilità di Biden, non equivale a una previsione sulla sua sconfitta. Sull’esito finale pesano molte altre incertezze, non mancano certo le vulnerabilità di Trump (e avrò occasione di scriverne). Nei prossimi sei mesi chissà cos’altro potrebbe succedere per influenzare l’esito finale.

 16 MARZO 2024

Tratto dalla newsletter GLOBAL di Federico Rampini