La croce sulla cupola degli Invalides, che nell’immagine delle Olimpiadi diventa una guglia, è l’Europa che recide le proprie radici e ammaina le proprie bandiere? O è l’Europa plurale del nostro futuro? Innanzitutto, quell’immagine è un falso.
E quando si ricorre scientemente a un falso, è perché
abbiamo un problema. La cupola degli Invalides non è un posto qualsiasi; è uno dei luoghi
della civiltà europea. Se il Re Sole avesse voluto erigere una guglia anziché
una croce, e se Napoleone avesse voluto essere sepolto — o i suoi posteri
avessero voluto seppellirlo — sotto un elemento architettonico anziché sotto un
simbolo religioso, l’avrebbero fatto. Poi certo quell’immagine ritoccata non
parla solo del Re Sole e di Napoleone — per quanto, insomma, non siano due
passanti — ma della Francia di oggi, dove vivono cinque milioni di musulmani,
duecentomila ebrei, e soprattutto milioni di francesi che non sentono di
appartenere alla civiltà cattolica. E lo stesso, sia pure con numeri diversi,
vale per tutti i Paesi dell’Europa occidentale.
Il manifesto ufficiale |
Il cattolicesimo
francese è sempre stato collocato politicamente a destra, tra i conservatori se
non tra i reazionari. Ma nella seconda metà del Novecento questo schema è
saltato, grazie a figure carismatiche del cattolicesimo sociale come l’abbé
Pierre e intellettuale come Jacques Maritain e Jean Guitton, che Paolo VI
chiamava amicalmente Ghittone, italianizzando il suo nome come se fosse un
santo o un teologo medievale (ma era francese pure lo scismatico Lefebvre,
indignato dalle aperture del Concilio).
Il cattolicesimo ha
avuto i suoi martiri: i frati che si sono fatti uccidere dai nazisti per salvare i bambini
ebrei, come padre Jacques de Jésus, che ispirò il film «Au revoir les enfants»
(Arrivederci ragazzi) di Louis Malle; i sette monaci di Tibhirine, sgozzati
come agnelli dagli islamisti algerini nel 1996, di cui furono trovate le teste
ma non i corpi; padre Jacques Hamel invece fu sgozzato sull’altare della sua
chiesa presso Rouen, e lo stesso è accaduto a tre fedeli nella cattedrale di
Nizza. Quando Nizza divenne francese, per prima cosa vi fu costruita una
cattedrale neogotica, sul modello di Notre-Dame di Parigi.
Nel discorso di
Capodanno, Macron ha indicato due obiettivi per il 2024: le Olimpiadi e il
restauro di Notre-Dame. Ha proprio detto così: «I Giochi sono una volta ogni
cent’anni; ma le cattedrali si fondano o si rifondano una volta ogni mille
anni». Se però poi abolisci le croci, le cattedrali diventano orgoglio
nazionale, non segno spirituale. I rivoluzionari volevano fare di Notre-Dame un
tempio alla Dea Ragione; non fu un prete o un Papa, fu uno scrittore romantico,
Victor Hugo, a salvarla.
Gli imperatori romani
perseguitavano i cristiani anche perché non li capivano: la povertà da
disgrazia diventava virtù; e la croce, da simbolo della morte dolorosa e
pubblica, diventava simbolo di salvezza. Un conto è imporla; un altro è
proporla; un altro ancora è cancellarla. Quasi tutti i Paesi musulmani
hanno la mezzaluna nella bandiera; e nessuno chiede loro di rimuoverla.
Forse la risposta alle nostre domande viene dal testamento spirituale di uno
dei sette monaci di Tibhirine, padre Christian de Chergé, che ha lasciato
scritto: «Se mi capitasse un giorno, e potrebbe essere oggi, di cadere vittima
del terrorismo, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si
ricordassero che la mia vita era donata a Dio e all’Algeria; e che sapessero
associare questa mia morte a tante altre ugualmente violente, lasciate
nell’indifferenza dell’anonimato».
Il cristianesimo non è
aut-aut, ma et-et; è nell’aggiungere, non nell’elidere. Umanesimo e
cristianesimo sono stati a volte in contrasto, a volte legati.
Abbiamo impiegato
secoli per conciliare fede e ragione, spiritualità e diritti umani. Non
gettiamo via tutto. Ai Giochi di Parigi ci saranno croci, ci saranno mezzelune; ed è
importante che ci sia anche la stella di David.
Tratto dal Corriere
della sera del 6 marzo 2024
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