Il video integrale dell’intervista concessa a Tempi dal filosofo francese in occasione della consegna del Premio Luigi Amicone - Premio Cultura Città di Caorle 2024
II tipo di conservatorismo di cui
abbiamo bisogno oggi.
Nel suo libro “Noi Moderni” FinkielKraut
descrive con esattezza, al di là della divisione politica destra-sinistra, il tipo
di conservatorismo di cui avremmo bisogno oggi:” Paul Valery ha questa
magnifica frase: “ A rovinare i conservatori è stata la cattiva scelta delle
cose da conservare”.
Il conservatorismo si è per lungo tempo identificato con la riproduzi0ne dell’ordine sociale, col mantenimento dei privilegi, col rigido rifiuto dell’equalizzazione delle condizioni. Questo tipo di conservatorismo non ha più seguaci, anche la destra a cessato di considerarlo proprio. Con ciò non abbiamo ancora finito con l’idea di conservazione. Il progresso è effettivamente in crisi. Sorge un nuovo paradigma, definito molto bene dal filosofo Hans Jonas: al principio di speranza, fondatore della modernità a partire da Cartesio e Bacone, succede, a poco a poco, il principio di responsabilità.. e all’idea di cambiare il mondo quella di salvare ciò che può essere salvato. Certamente la terra, che soffre più che mai, m anche la lingua, la cultura, la bellezza del modo. Abbiamo bisogno di una ecologia generale: “salvare” è diventato il verbo politico per eccellenza; salvare e non più cambiare”.
L’ecologia
deve rendere la terra abitabile, non trasformarla in una galera.
«L’ecologia di cui abbiamo bisogno non è
quella di Greta Thunberg e del suo “Come osate?” furibondo». Parlando il 16
giugno alla cerimonia di consegna del Premio Luigi
Amicone – Premio Cultura di Caorle 2024, l’intellettuale
francese Alain Finkielkraut critica le politiche ambientali dell’Unione
Europea, soprattutto quelle che favoriscono la diffusione delle pale eoliche.
«Gli impianti eolici riescono a rallentare il riscaldamento globale», afferma
il filosofo, «ma i numeri non sono tutto. Gli impianti eolici trasformano le
campagne in paesaggio industriale. Bisognerebbe che l’ecologia ridiscendesse sulla terra, che non si
preoccupasse più del pianeta, ma di rendere abitabile la terra. Una terra
imbruttita, atrocemente imbruttita, non è più abitabile».
L’immigrazione e il ritorno
dell’antisemitismo
Nella giornata conclusiva della manifestazione “Chiamare le cose con il loro nome”,
organizzata da Tempi e dal Comune di Caorle,
Finkielkraut attacca anche le forze politiche che in Francia e nel resto
d’Europa si schierano a favore dell’accoglienza indiscriminata dei migranti: «Oggi la sinistra e il padronato
sono d’accordo; condividono la stessa filosofia, la stessa ontologia: gli
uomini sono intercambiabili. Ecco cosa vorrebbero farci credere. La
sinistra ragiona in questo modo in nome del bel principio dell’universalità del
simile». Ma questo principio «ha condotto
oggi a negare tutte le distinzioni fondatrici delle comunità politiche. La
differenza fra l’autoctono e lo straniero è rimessa in discussione, l’idea di
preferenza nazionale è criminalizzata. Quando i paesi europei cercano di
riprendere il controllo delle loro frontiere, sono censurati dalle varie Corti
costituzionali».
In un momento storico in cui «i nuovi
antisemiti, gli antisemiti attivi, vengono reclutati fra i migranti», continua
l’intellettuale francese, «l’Europa
dell’ospitalità rischia di trasformarsi in un’Europa dell’antisemitismo.
Perciò dobbiamo uscire dalle nostre illusioni, svegliarci, e soprattutto ricordarci che non è perché gli uomini sono
simili che sono intercambiabili. Gli
uomini hanno una genealogia, un’appartenenza, e di tutto questo occorre saper
tenere conto perché la convivenza non sia una menzogna ridicola e pericolosa».
Contro Hamas e contro Netanyahu
Il filosofo di origini ebraiche sostiene
il diritto di Israele a difendersi da Hamas, ma attacca anche le politiche del
premier Benjamin Netanyahu: «Hamas
è il nemico, il nemico che vuole non solo la sconfitta di Israele, ma la
scomparsa di Israele e la morte degli israeliani. È questo il messaggio
genocida del 7 ottobre. Al nemico bisogna rispondere con la guerra, ma
Netanyahu è il problema perché chiude tutte le vie di uscita, fa
sabotaggio a tutte le soluzioni e per restare al potere si è alleato con degli
infrequentabili: con Itamar Ben-Gvir del partito Potere Ebraico e con Bezalel
Smotrich del Partito sionista religioso. Questa gente ha un programma esplicito
e terrificante: vogliono l’annessione della Cisgiordania e non semplicemente la
perpetuazione dello status quo, come malauguratamente vuole Netanyahu». La profondità
della lacerazione che Israele vive èdata dai due “giudaismi” che si affrontano,
e non sono soltanto due visioni politiche del mondo. Due giudaismi: un
giudausmo della giustizia, quello deldono della Torah e delSinai, e un
giudaismo sulla promessa: questa terra è nostra e Dio ce l’h’ha promessa. Dunque
è una questione davvero metafisica.
L’odio “woke”
Finkielkraut si scaglia anche contro il “wokismo” e contro gli studenti che nelle università di tutto il mondo accusano Israele di essere uno stato genocida. ” Che cos’è il wokismo? È la nuova divisione del mondo fra oppressori e oppressi, dominatori e dominati. E che cosa sono gli ebrei per il wokismo? Sono dei dominatori, sono degli imperialisti, sono dei colonialisti, sono la quintessenza del bianco. E da quel momento passano dallo statuto di vittime a quello di torturatori, a quello di carnefici. E anziché riflettere sulla situazione nella sua complessità, di reclamare contemporaneamente il cessate-il-fuoco e la liberazione immediata degli ostaggi, e di solidarizzare con quella parte della società israeliana che vuole girare la pagina Netanyahu, i manifestanti europei non trovano niente di meglio che denunciare Israele come stato genocida; stato genocida, niente meno! Un nuovo slogan infuria: non più “ogni anticomunista è un cane”, ma “ogni israeliano è un cane, ogni sionista è un cane, ogni ebreo è un cane”. Mi trovo dunque nella situazione di combattere palmo a palmo questo antisemitismo per non dovergli abbandonare la critica necessaria della politica israeliana». Verso gli studenti europei, prosegue Finkielkraut, «provo stupore e disgusto». Ci viene detto che gli studenti esprimono le loro emozioni, ma l’emozione non giustifica la semplificazione, non giustifica la stupidità.”
L’impegno come decisione per una causa
imperfetta
Infine, prendendo nettamente le distanze da Jean-Paul Sartre
e dalla sua idea di intellettuale impegnato «per il vero e per il bene»,
Finkielkraut nell’intervista a Tempi dichiara di preferire la
modestia di Paul-Louis Landsberg, che aveva definito
l’impegno come «decisione per una causa imperfetta». Proprio «come
Landsberg», spiega Finkielkraut «sono impegnato perché sono coinvolto, sono
colpito dagli avvenimenti. Ed è questo stupore, questa collera, questo dolore
che mi sottraggono al torpore e mi costringono a riflettere. Dunque ho bisogno
di questa emozione per pensare e per scoprire quella che credo essere la
verità». “La cultura è l’idea di una umanità corale , e fortunatamente la morte
non ha alcun potere sulla cultura”.
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