Commemorare l’11 settembre pubblicando balle colossali è una scelta lecita e può anche aumentare le vendite, ma ha il difetto di essere un gioco –oltre che sporco- troppo scoperto e che non fa onore a chi lo pratica.
Pure, l’Espresso oggi pubblica tre Dvd con la supervisione di Giulietto Chiesa che ci raccontano “l’altra verità” su quel dramma.
Che sia un operazione impresentabile lo sa bene anche il settimanale di Carlo De Benedetti che prende subito le distanze dalla sua stessa iniziativa, con una precisazione che lascia esterrefatti: “ L'Espresso', che come dimostra la sua storia è da sempre aperto anche alle opinioni diverse dalle proprie, lo propone come documento certamente di parte, ma su cui discutere per farsi un'idea completa”. Insomma, sono tutte balle ma “teniamo famiglia”, dobbiamo vendere, non abbiamo idee serie e quindi vi proponiamo una sòla con la scusa alla Nanni Moretti di “aprire il dibbbattito”.
Naturalmente non abbiamo potuto esaminare i tre Dvd (escono oggi), ma possiamo ben immaginarci che altri non siano che la collazione di tutte le fantasticherie che Giulietto Chiesa propaga da dieci anni circa il “complotto americano”, con un Pentagono che non è mai stato colpito dal Boeing 747 del volo 77 della American Airlines, con una guerra in Afghanistan motivata dagli oleodotti e quindi complotto e poi complotto e ancora complotto degli yankees.
Una serie di menzogne e di insinuazioni prive dei più elementari riscontri col marchio della più becera e puteolente ideologia antiamericana, assemblata da un personaggio di scarso successo, emarginato da tutte le forze politiche che ha corteggiato per ottenere una candidatura e che alle ultime europee, non a caso, si è presentato (ma è stato trombato) in Lettonia, nella speranza di ottenere i voti della minoranza russa dalle nostalgie sovietiche.
Stessa solfa per il Fatto che domenica ha pubblicato un delirante articolo di Robert Fisk che –in sintesi- sostiene che la responsabilità ultima degli attentati è degli Usa che hanno appoggiato sempre Israele, quando gli attentatori si sono schiantati sulle Twin Towers proprio in difesa dei palestinesi. Fisk, come sa chi ha una conoscenza anche superficiale di al Qaida, è smentito platealmente proprio da Osama bin Laden che ha sempre posto la questione palestinese almeno al nono posto tra i propri obbiettivi. Ma non importa. Così come non ha peso la smentita più chiara ed evidente di tutte le tesi e insinuazioni di Giulietto Chiesa e Robert Fisk. Dopo l’11 settembre al Qaida e il terrorismo islamico hanno colpito in paesi come l’Indonesia (a Bali), l’Arabia Saudita, il Bangladesh, l’India (a Mumbai), il Marocco, la Nigeria e l’Algeria, paesi, contesti, che nulla hanno a che fare con gli Usa e ancora meno con la questione israelo-palestinese.
Chi segue anche da lontano il terrorismo islamico sa che le sue radici sono solo e esclusivamente nel fondamentalismo islamico, che uccide nella logica di una guerra di religione, innanzitutto contro quelli che considera i “falsi musulmani” e poi, solo in seconda battuta, contro i loro alleati occidentali. Basti pensare che sono ben più i musulmani straziati da kamikaze islamici dentro le moschee, mentre pregavano, di quante non siano state le vittime dell’11 settembre.
Ma personaggi come Giulietto Chiesa e Robert Fisk non si occupano né preoccupano della realtà e piacciono all’Espresso e al Fatto proprio. -e solo- perché ripropongono il più basso, stantio e viscerale antiamericanismo che si sia mai visto in Italia e in Europa. Una sottocultura, che vive e sopravvive nei siti Internet più squalificati dell’estremismo di sinistra, che ci viene oggi riproposta con iniziative editoriali che però, in fondo, hanno un pregio. Indicano come ormai a sinistra non vi sia più alcuna capacità di elaborazione, comprensione, analisi del mondo e di un fenomeno complesso come il terrorismo islamico.
Non più cultura politica –anche antiamericana, come era, ma con serietà e sostanza quella del vecchio Pci filosovietico- ma solo invettive, sospetto, insinuazioni
di Carlo Panella
Tratto da Libero del 9 settembre 2011
Tramite il blog di Carlo Panella
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