venerdì 16 settembre 2011

RIFARE I CONTI CON BUSH


RENDERE GIUSTIZIA
A UN GRANDE PRESIDENTE


La storia non testimonia ai processi sommari contro l’ex presidente


Non è certo l’effimera soddisfazione di un applauso nel mezzo della commemorazione che può rendere giustizia a George W. Bush, il presidente più bistrattato della storia recente.

Del resto, attorno a Ground Zero c’erano anche i cartelli che accusavano il suo “regime” di avere orchestrato gli attacchi alle Torri gemelle, grottesca sintesi dei concetti che gli opinionisti salottieri di mezzo mondo hanno sostenuto per otto anni in modo soltanto leggermente più blasé.

E’ la stessa eredità politica e storica lasciata a Barack Obama dai mostrificati Bush e Cheney che reclama un’attenta revisione dei conti da parte della storia. Il Patriot Act, gli interrogatori duri ed efficaci, il carcere speciale di Guantanamo, l’esportazione della democrazia e la militarizzazione dell’intelligence sono alcuni dei pilastri su cui Bush ha costruito un assetto in grado di fronteggiare minacce straordinarie in un tempo straordinario; la copernicana rivoluzione legale, il senso dell’eccezionalità americana, la fondazione anche filosofica di un modus operandi e la costruzione di personaggi inossidabili come il generale David Petraeus, che ora troneggia e droneggia da Langley per conto di un democratico, sono i fatti sonanti con il quale “Dubya” ha spolverato un paese offuscato dalla più titanica delle minacce.

Per questi fatti mezzo mondo lo avrebbe voluto friggere su una sedia elettrica – e qualcuno è tentato anche ora – e per questi stessi fatti, che il suo successore cavalca a briglia sciolta, la storia gli dovrebbe concedere quel tributo sostanziale che nemmeno una standing ovation potrebbe restituire.

Quello che hanno scritto certi giornali è semplicemente falso: Bush non ha rifiutato di celebrare assieme a Obama l’uccisione di Bin Laden per invidia o per timore di dover portare gli omaggi all’odiato successore; al contrario, Bush aspettava in silenzio che una volta raffreddate le passioni, la storia si accorgesse che l’America come l’aveva concepita e realizzata era ancora “the land of the free and the home of the brave”. Compromessi, tentativi e scelte discutibili sono pietre d’inciampo inevitabili, ma la strada tracciata da Bush è dritta e il presidente Obama lo sa bene. Molto meno i suoi tetragoni opinion maker.

Tratto da Il Foglio del 13 settembre 2011

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