Intervento del Vescovo Mons. Massimo Camisasca
Ciò che sta
davanti a noi è un compito che può sembrare immane e quasi impossibile, tali
sono le sfide che deve affrontare. Eppure è un compito che tanti nostri
fratelli hanno vissuto, con intelligenza e donazione, con sacrificio e speranza
assieme, nei duemila anni di storia cristiana che ci precedono: il compito della testimonianza.
La fede vissuta nella carità non è senza
conseguenze benefiche sulla vita personale e sociale, non è senza conseguenze
nella storia. Questa è la speranza che ci muove.
Essa ha due confini: innanzitutto, dalla fede non si
possono dedurre direttamente forme definite di vita politica. Nessuna forma
esprime esaurientemente la fede e la carità. Ma, nello stesso tempo, la fede
richiede, attraverso la carità, un’espressione nella storia.
Oggi viviamo
un tempo difficile, segnato da molteplici sfide. Sembra che tutto sia diventato
liquido, come giustamente è stato scritto, anche le istituzioni stesse dello
Stato. La democrazia – come forma di
governo più matura di altre e più rispettosa dei diritti-doveri della persona e
dei rapporti tra le comunità – necessita di un suo rinnovamento; i partiti
devono ritrovare il loro scopo e le regole del loro funzionamento; più
ampiamente ancora il diritto deve ritrovare le strade della sua fondazione per
non dissolversi in una pura sequenza di risposte funzionali che registrano
l’evolversi dell’opinione modellata dai mass-media. E che dire delle minacce
che vengono all’uomo nella sua stessa origine biologica?
Eppure non
possiamo e non dobbiamo fermarci qui. Il nostro compito è di leggere il
presente e di offrire con generosità e costanza ai nostri fratelli
quell’esperienza dell’umano che la fede genera e rinnova e che la ragione
mostra contenere linee di vita valide per ogni uomo e per ogni donna.
Ecce homo. Poiché Gesù
Cristo è vero uomo, oltre che vero Dio, solo lui sa cosa sia l’uomo, quale sia
la sua vera statura. Guardando possiamo impararlo. Per questo Paolo VI,
parlando dei cristiani alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), li definì «esperti
in umanità».
«In
comunione con le migliori aspirazioni degli uomini e soffrendo di vederle
insoddisfatte, la Chiesa desidera aiutarle a raggiungere la loro piena
fioritura e a questo fine offre loro ciò che possiede in proprio: una visione
globale dell’uomo e dell’umanità» (Populorum Progressio, 13).
Questa
concezione integrale dell’uomo, che ci viene dalla Tradizione della Chiesa e dall’insegnamento del Vangelo, ci parla del
primato della persona su ogni organizzazione e del suo compimento nella
comunione con Dio e con gli altri uomini. La Chiesa, indicando la priorità e la
dignità della persona, ci insegna a evitare pericolosi riduzionismi, e a
guardare all’uomo come al fine e non allo strumento dell’agire sociale. Questa
visione della persona e della società non è innanzitutto espressione di una
confessione religiosa, ma mette in luce una esigenza insita nella natura stessa
dell’uomo.
Noi
cristiani siamo responsabili davanti al mondo di tutto ciò. In un contesto di
confronto vitale con le tante proposte che ci vengono dalla nostra società,
nell’incontro con le diverse visioni dell’uomo che in essa troviamo, siamo
benevolmente costretti a riscoprire continuamente le linee convincenti della
proposta all’uomo maturata dalla Tradizione ed espressa, negli ultimi secoli,
nella Dottrina sociale della Chiesa, in tanti documenti del magistero sociale.
(dal sito ufficiale della diocesi di Reggio Emilia)
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