Cari amici, ho seguito la vostra lotta fin
dall’inizio, una lotta coraggiosa, condotta con intelligenza, tenacia e
creatività. Ho cercato di far conoscere anche in Italia quello che stavate
facendo, giorno dopo giorno, ho raccontato il caso di Franck
Talleu, e abbiamo manifestato insieme, italiani e francesi,
davanti all’ambasciata di Francia a Roma, con alcuni nostri parlamentari che
indossavano le t-shirt della manif.
Nel maggio del 2007 anche noi italiani siamo
scesi in piazza, ma siamo stati più fortunati: siamo riusciti a bloccare una
legge che minacciava la famiglia, e il governo Prodi che l’aveva proposta è
caduto dopo pochi mesi. Io ero portavoce di quella manifestazione, il family
day, che ha portato a Roma oltre un milione di persone. Voglio ripetere qui,
oggi, alcune delle cose dette allora. Perché siamo qui? Siamo qui perché
abbiamo nel cuore un’esperienza fondamentale, che ci unisce: siamo tutti nati
nel grembo di una donna, generati da un atto d’amore tra un uomo e una donna.
Siamo tutti figli di una madre e di un padre: laici e cattolici, credenti e non
credenti, islamici ed ebrei, omosessuali ed eterosessuali. E’ su questo che si
fonda l’unicità della famiglia: sulla relazione tra persone sessualmente
differenti, una differenza che permette la continuità tra le generazioni,
padri, madri, nonni, nipoti, antenati, collegando il passato e il futuro degli
esseri umani. Ed è questo che difendiamo, senza nessuna traccia di omofobia e
di ideologie reazionarie. Non vogliamo giudicare gli altri, non vogliamo
esibire le nostre famiglie, che sono come tutte le altre: belle, brutte, felici
o meno felici. Ma sono preziose, perché creano quel senso profondo di
appartenenza, di consapevolezza delle origini, così necessario allo sviluppo
dell’identità individuale, della personalità.
Ognuno è libero di contrarre e sciogliere
legami d’amore, di vivere le proprie emozioni con chi vuole, senza però toccare
il matrimonio, che non è un diritto, qualcosa che deve essere offerto a tutti,
come fosse una distribuzione di brioche: è un’istituzione, una vecchia e
gloriosa istituzione umana che non merita di essere distrutta e svuotata di significato.
Chi come me è cattolico, avrà sempre il matrimonio religioso, il sacramento,
mentre sono proprio i non credenti che dovrebbero ribellarsi a una
manipolazione così radicale della nostra storia e della stessa condizione
umana. Oggi non è più il matrimonio che legittima i figli, ma i figli che
legittimano il nuovo matrimonio per tutti: figli non più nati da un atto
d’amore, ma che si possono ottenere attraverso pratiche di laboratorio che
aprono un nuovo mercato, e nuove forme di sfruttamento delle donne e del loro
corpo. Non si può più dire mamma e papà, si dice, in molti paesi, genitore uno
e genitore due, o altre formule simili. In Italia c’è un vecchio detto, “di
mamma ce n’è una sola”, oggi non è più vero, ci possono essere fino a 6
genitori, due sociali e 4 biologici, grazie a uno smontaggio del corpo e della
genitorialità, e a contratti di affitto e compravendita dell’umano.
E’ in corso una strana guerra tra il senso
comune e il luogo comune: il luogo comune è fatto da quello che vediamo alle
televisioni, che leggiamo sulla stampa, che ci viene proposto da una gran parte
della classe dirigente e delle élite. Il senso comune, invece, è quella
resistenza del cuore che unisce tanti di noi, e ci impedisce di credere davvero
alla visione del mondo che viene proposta: il senso comune è l’esperienza della
nostra vita e delle persone che amiamo, è quello che ci continua a far pensare
che ci devono essere, per ogni bambino, una mamma e un papà. Noi vogliamo che
anche i nostri figli e i nostri nipoti possano sentirsi chiamare mamma e papà.
Sono qui con voi perché penso che dobbiamo
costruire una rete europea per difendere l’ecologia umana, dobbiamo lottare
insieme e organizzare un movimento comune. Sono orgogliosa della vostra
battaglia che è anche la mia, perché è quella di un’Europa che non vuole negare
se stessa, la propria cultura e le proprie radici.
PARIGI, 26 MAGGIO 2013
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