Prodi con le
primarie ha distrutto il Pd/Pci
di
Pierluigi Magnaschi
Di fatto
però, le primarie sono riuscite anche a sciogliere il blocco antistorico e
veteromarxista che teneva unito il partito, impedendogli, nonostante l'innesto
della sinistra Dc, di aprirsi alla società. Coloro che lo abitavano infatti
venivano dall'esperienza del Pci, cioè del partito che aveva attraversato tutte
le bufere di un secolo terribile, il Novecento, e che aveva imparato a
difendersi dagli avversari e dalle avversità, giocando con il gramscismo che,
come ha scritto recentemente il filosofo francese, Alain Finkielkaut, è una
teoria politica più pericolosa del lenisnimo.
Infatti il
leninismo, proponendosi di occupare la società ricorrendo alla violenza,
provocava, con la sua furia, anche i germi dell'opposizione (magari sconfitta,
ma pur tuttavia sempre esistente). Il gramscismo invece, proponendosi di
occupare la società attraverso l'infiltrazione dei suoi militanti nella
magistratura, nella scuola, nelle università, nelle arti, nella sanità, per
citare solo alcuni fra i settori più significativi, aveva realizzato
«un'egemonia» soffice e pertanto incontrastabile perché non solo non si
percepiva, ma si autoalimentava.
Militanti di
questi tipo erano degli organizzatori, più che del consenso, del potere. Il
partito da loro costruito era solidissimo e sostanzialmente impermeabile.
Ospitava le truppe che dovevano uscire ma impediva alle truppe avversarie, o
anche senza pedigree marxista, di entrare. Con le primarie, invece, il castello
del Pci (perché di questo partito stiamo parlando, anche se sono cambiate le
sigle) ha spalancato le porte. Sono quindi entrati anche i votanti, ai quali,
spesso, non andava bene un partito che rimaneva arroccato sui valori di un
tempo, ma lo votava perché, ai suoi occhi, era il meglio di ciò che forniva il
mercato. Ecco perché le primarie stanno trasformando il Pd.
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