CARI AMICI
vi
scrivo per spiegarvi le ragioni della nostra scelta - mia, di Angelino Alfano e di tanti
altri eletti del Pdl - di non aderire alla nuova Forza Italia.
È stata una decisione sofferta, ma alla fine obbligata. Sino all’ultimo istante abbiamo lavorato per evitare strappi e scissioni.
Per quanto mi riguarda credevo proprio che non ci si arrivasse e ho fatto il possibile per scongiurarlo. Vent’anni di storia politica e umana in Forza Italia e nel Popolo della libertà a fianco del presidente Berlusconi, da assessore della prima giunta Albertini a Milano, da deputato, da vicepresidente della Camera, da responsabile organizzativo del Pdl e infine da ministro, non si cancellano in un pomeriggio.
Oggi si parla tanto di lealtà: io sono e resto leale con questa storia, con chi l’ha iniziata e guidata, con i suoi valori, le sue battaglie politiche, con la responsabilità sempre manifestata nei confronti degli interessi del Paese prima di qualsiasi pur legittimo interesse del partito.
In nome di questa responsabilità ad aprile, dopo aver preso tutti, centrodestra e centrosinistra, una sonora sberla dagli italiani, e dopo aver perso inutilmente due mesi nei quali Bersani cercava maggioranze impossibili, Berlusconi propose la rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica e il governo di larghe intese, con un tempo e un programma determinati per portare il Paese fuori dalla crisi economica, diminuendo la pressione fiscale e facendo le dovute riforme, elettorale e istituzionale, che i cittadini ci chiedono da tempo.
Questo è il mandato del governo in cui il presidente Berlusconi ci ha indicati come ministri del Popolo della libertà. Dicendo fin dall’inizio, e ripetendolo ancora il 2 ottobre in occasione del rinnovato voto di fiducia al Senato, che la sua vicenda giudiziaria - che tutti noi consideriamo un’ingiustizia a cui ci opporremo - non doveva interferire con questo compito e questa responsabilità.
Venerdì 15 novembre io e gli altri quattro ministri del Pdl siamo andati dal presidente Berlusconi solo per chiedergli di ribadire quanto aveva detto il 2 ottobre: votare la sua decadenza applicando in modo retroattivo la legge Severino è un’ingiustizia contro cui ci batteremo con forza, una battaglia sacrosanta contro l’uso politico della giustizia il cui esito però non può mettere in pericolo il Paese in un momento grave come quello che sta attraversando, il governo deve andare avanti anche in caso di decadenza del presidente Berlusconi.
Abbiamo chiesto che queste sue parole venissero inserite nel documento da presentare al Consiglio nazionale del giorno dopo, insieme a un passaggio che riguardava la vita democratica del nuovo partito, assicurata, sotto la sua guida, dalla nomina di due o tre coordinatori espressione delle diverse sensibilità e culture emerse nel dibattito di questi mesi.
Siamo usciti da Palazzo Grazioli d’accordo con Berlusconi sulla convocazione di un nuovo Ufficio di presidenza che ratificasse queste due modifiche. Che cosa sia successo in seguito non lo so. So che dopo un’ora ci è stato comunicato che non c’era possibilità di riunire l’Ufficio di presidenza.
Solo dopo questa ultima ed ennesima riprova che il nostro partito ha ormai assunto una deriva estremista, abbiamo deciso di costituire gruppi autonomi alla Camera e al Senato.
Val la pena ricordarlo, Forza Italia e il Pdl sono nati per unire e rappresentare i moderati, che sono la maggioranza in questo Paese. La nuova Forza Italia si è affidata a persone dai toni e dai metodi estremistici.
Io posso stare in un partito che insulta le istituzioni? Posso stare in un partito che si è dimenticato del merito nella selezione della sua classe politica, basta essere falchi, senior o baby non importa? Posso stare con chi chiama all’unità intorno a Berlusconi perché “lui ha i voti”? Sono stato con Berlusconi per la sua proposta politica, per il suo carisma, per la sua capacità di unire la gente intorno a un progetto che metteva in primo piano la moralità del fare, per le sue battaglie che ponevano fine alla sudditanza ideologica nei confronti della sinistra, non perché “aveva i voti”.
La politica è un rischio in prima persona con la propria faccia, le proprie idee e tutte le proprie energie, non l’accucciarsi dietro a chi “ha i voti”.
Il Nuovo centrodestra nasce per questi motivi.
La nostra scommessa, non priva di rischi, è quella di costruire un nuovo grande partito di centrodestra, non cerchiamo fusioni con centri o centrini, tentativi sui quali gli elettori hanno già detto come la pensano. Un centrodestra espressione dei moderati, che faccia della responsabilità, della moralità del fare, della sussidiarietà, della battaglia per una giustizia giusta, del merito, del sostegno alle forze creative del paese il suo programma. Un partito con questa identità può avere la capacità e la credibilità per tessere alleanze nell’area alternativa alla sinistra.
“Io amo l’Italia” è quello che più volte in questi anni ci ha detto il presidente Berlusconi. Oggi è venuto il momento di dimostrare che questi venti anni di stoprogetto in modo diverso. E spero di poterlo fare insieme a tanti di voi e a tanti altri che in questi anni ci hanno abbandonato e che speriamo di riconquistare.
Abbiamo un grande compito davanti a noi: testimoniare ria possono e devono avere un grande futuro.
Lo dobbiamo al presidente Berlusconi, ma innanzitutto lo dobbiamo alla ragione per cui ognuno di noi in questi anni lo ha seguito.
Da oggi daremo il nostro contributo al suo che l’Italia è un grande Paese e che usciremo tutti insieme dalla crisi a testa alta.
Lo dobbiamo alle tante imprese che hanno chiuso, alle tante persone che hanno perso il lavoro, ma anche ai tanti che ancora oggi ogni giorno sono la spina dorsale viva e vera dell’Italia.
Un abbraccio forte
È stata una decisione sofferta, ma alla fine obbligata. Sino all’ultimo istante abbiamo lavorato per evitare strappi e scissioni.
Per quanto mi riguarda credevo proprio che non ci si arrivasse e ho fatto il possibile per scongiurarlo. Vent’anni di storia politica e umana in Forza Italia e nel Popolo della libertà a fianco del presidente Berlusconi, da assessore della prima giunta Albertini a Milano, da deputato, da vicepresidente della Camera, da responsabile organizzativo del Pdl e infine da ministro, non si cancellano in un pomeriggio.
Oggi si parla tanto di lealtà: io sono e resto leale con questa storia, con chi l’ha iniziata e guidata, con i suoi valori, le sue battaglie politiche, con la responsabilità sempre manifestata nei confronti degli interessi del Paese prima di qualsiasi pur legittimo interesse del partito.
In nome di questa responsabilità ad aprile, dopo aver preso tutti, centrodestra e centrosinistra, una sonora sberla dagli italiani, e dopo aver perso inutilmente due mesi nei quali Bersani cercava maggioranze impossibili, Berlusconi propose la rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica e il governo di larghe intese, con un tempo e un programma determinati per portare il Paese fuori dalla crisi economica, diminuendo la pressione fiscale e facendo le dovute riforme, elettorale e istituzionale, che i cittadini ci chiedono da tempo.
Questo è il mandato del governo in cui il presidente Berlusconi ci ha indicati come ministri del Popolo della libertà. Dicendo fin dall’inizio, e ripetendolo ancora il 2 ottobre in occasione del rinnovato voto di fiducia al Senato, che la sua vicenda giudiziaria - che tutti noi consideriamo un’ingiustizia a cui ci opporremo - non doveva interferire con questo compito e questa responsabilità.
Venerdì 15 novembre io e gli altri quattro ministri del Pdl siamo andati dal presidente Berlusconi solo per chiedergli di ribadire quanto aveva detto il 2 ottobre: votare la sua decadenza applicando in modo retroattivo la legge Severino è un’ingiustizia contro cui ci batteremo con forza, una battaglia sacrosanta contro l’uso politico della giustizia il cui esito però non può mettere in pericolo il Paese in un momento grave come quello che sta attraversando, il governo deve andare avanti anche in caso di decadenza del presidente Berlusconi.
Abbiamo chiesto che queste sue parole venissero inserite nel documento da presentare al Consiglio nazionale del giorno dopo, insieme a un passaggio che riguardava la vita democratica del nuovo partito, assicurata, sotto la sua guida, dalla nomina di due o tre coordinatori espressione delle diverse sensibilità e culture emerse nel dibattito di questi mesi.
Siamo usciti da Palazzo Grazioli d’accordo con Berlusconi sulla convocazione di un nuovo Ufficio di presidenza che ratificasse queste due modifiche. Che cosa sia successo in seguito non lo so. So che dopo un’ora ci è stato comunicato che non c’era possibilità di riunire l’Ufficio di presidenza.
Solo dopo questa ultima ed ennesima riprova che il nostro partito ha ormai assunto una deriva estremista, abbiamo deciso di costituire gruppi autonomi alla Camera e al Senato.
Val la pena ricordarlo, Forza Italia e il Pdl sono nati per unire e rappresentare i moderati, che sono la maggioranza in questo Paese. La nuova Forza Italia si è affidata a persone dai toni e dai metodi estremistici.
Io posso stare in un partito che insulta le istituzioni? Posso stare in un partito che si è dimenticato del merito nella selezione della sua classe politica, basta essere falchi, senior o baby non importa? Posso stare con chi chiama all’unità intorno a Berlusconi perché “lui ha i voti”? Sono stato con Berlusconi per la sua proposta politica, per il suo carisma, per la sua capacità di unire la gente intorno a un progetto che metteva in primo piano la moralità del fare, per le sue battaglie che ponevano fine alla sudditanza ideologica nei confronti della sinistra, non perché “aveva i voti”.
La politica è un rischio in prima persona con la propria faccia, le proprie idee e tutte le proprie energie, non l’accucciarsi dietro a chi “ha i voti”.
Il Nuovo centrodestra nasce per questi motivi.
La nostra scommessa, non priva di rischi, è quella di costruire un nuovo grande partito di centrodestra, non cerchiamo fusioni con centri o centrini, tentativi sui quali gli elettori hanno già detto come la pensano. Un centrodestra espressione dei moderati, che faccia della responsabilità, della moralità del fare, della sussidiarietà, della battaglia per una giustizia giusta, del merito, del sostegno alle forze creative del paese il suo programma. Un partito con questa identità può avere la capacità e la credibilità per tessere alleanze nell’area alternativa alla sinistra.
“Io amo l’Italia” è quello che più volte in questi anni ci ha detto il presidente Berlusconi. Oggi è venuto il momento di dimostrare che questi venti anni di stoprogetto in modo diverso. E spero di poterlo fare insieme a tanti di voi e a tanti altri che in questi anni ci hanno abbandonato e che speriamo di riconquistare.
Abbiamo un grande compito davanti a noi: testimoniare ria possono e devono avere un grande futuro.
Lo dobbiamo al presidente Berlusconi, ma innanzitutto lo dobbiamo alla ragione per cui ognuno di noi in questi anni lo ha seguito.
Da oggi daremo il nostro contributo al suo che l’Italia è un grande Paese e che usciremo tutti insieme dalla crisi a testa alta.
Lo dobbiamo alle tante imprese che hanno chiuso, alle tante persone che hanno perso il lavoro, ma anche ai tanti che ancora oggi ogni giorno sono la spina dorsale viva e vera dell’Italia.
Un abbraccio forte
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