Un giudizio sulla crisi in Ucraina
da ricordare e da
riproporre
Come sappiamo la posizione di molti in Italia, anche nel mondo cattolico, è
marcatamente condizionata dal patriarcato cattolico di Kiev. Queste posizioni
esaltano la ”novità della rivoluzione di Maidan’ perchè sono anche segno di un
rinnovamento spirituale”. Ebbene, il 24 giugno 2014 con un articolo sul
Sussidiario è intervenuto padre Scalfi, fondatore di Russia
Cristiana. Vale la pena di riprenderlo.
Padre Scalfi dà un giudizio che è impossibile non condividere come
cristiani. Qual è la novità dell’intervento di padre Scalfi? La novità è che
ridefinisce il criterio dimenticato e quindi ridistribuisce le responsabilità tra le parti coinvolte nel
conflitto ucraino. Sopratutto ci ricorda che per giudicare è necessario un criterio.
Le vere ragioni di queste crisi che si susseguono inesorabili non sono
frutto della spontaneità dei popoli: è
abbondantemente provato e dimostrabile che le motivazioni che le ha
segretamente sospinte sono crudelmente geopolitiche (e pianificate da interessi
che non c’entrano con i sentimenti dei popoli e delle persone). A Maidan come
nel Donbass questi sentimenti sono stati
cinicamente sfruttati.
E’ un pantano dal quale se ne esce solo se la posizione ricordata da Scalfi
è compresa e diffusa.
Ora più che mai occorrono posizioni personali ed originali. E’
un lavoro che tocca ciascuno. Sulle vicende ucraine l’Italia ha assunto
una posizione del tutto appiattita su quelle atlantiste. Sono posizioni
che possono essere spiegate solo dal fatto che la prassi del cinismo e della
logica di schieramento è ormai abituale: è una logica che ci fa un giorno amici
e un giorno nemici dei nostri ‘vicini’ e ci relega costantemente a
comprimari dei potenti. Il giudizio su questo comportamento (che non
segue la verità ma il puro interesse politico) non può che essere negativo. Ed
a livello personale, abbracciare queste posizioni, eludendo le ragioni degli
altri, è irragionevole: non ci possiamo attendere che quelle persone che
combattono tra di loro si perdonino a vicenda mentre noi stessi sposiamo solo
una posizione senza suggerire una vera
ragione per cui valga per tutti vivere e coesistere in unità.
Questo il giudizio di padre Scalfi
Fonte ilsussidiario.net 21/06/2014 Autore Romano Scalfi
Mentre vediamo come gli ultimi avvenimenti abbiano messo sottosopra la vita
sia dei russi che degli ucraini, dobbiamo imparare ad avere un criterio che non
sia soltanto di critica in favore dell’uno e di condanna dell’altro, ma sia un
modo per rilevare ciò che c’è di positivo e, comunque, dare un giudizio che
dipende dalla fede e non dal sentimento nazionalistico.
Ecco le parole di Ol’ga Sedakova: «Dopo l’occupazione della Crimea da parte
del governo russo, è scoppiato un patriottismo che sembra aver cambiato il
volto della Russia».
Indubbiamente, c’è qualcosa in cui non possiamo riconoscerci, perché ogni
volta che un valore anche giusto come il patriottismo viene elevato a valore
superiore a tutto e tutti, stiamo sbagliando ed è giusto condannare un
patriottismo esasperato che si antepone alla figura stessa di Cristo, che
esalta la figura di Stalin perché ha fatto grande la Russia, trascurando che ha
ammazzato 40 milioni di persone. La grandezza politica di una nazione non può
mai assurgere a criterio di valore per giudicare tutto. Ma ora questa è la cosa
meno importante per noi, che invece vogliamo e dobbiamo sottolineare che, anche
in queste situazioni sicuramente tragiche e drammatiche, è sorta una voce che
sembra ricordare quella del samizdat. E la nostra non è soltanto simpatia, ma è
il riconoscimento che lì si manifesta un criterio di fede e noi non abbiamo
nessun altro criterio.
Ad esempio, Ljudmila Petranovskaja scrive: «Sono in corso processi molto
complessi. Non vale la pena discutere su opinioni diverse, perché la persona è
più importante delle nostre opinioni». Questa è una profonda convinzione del
samizdat, che il valore fondamentale della società è la persona e non la
nazione, né lo stato, né la politica. È un valore da tener presente anche per
l’Occidente, perché se da noi la crisi è altrettanto profonda di quella in
Oriente, anche qui la persona è subordinata ai valori politici. E soprattutto
ci conforta sapere e vogliamo sottolineare che anche in questa confusione di
nazionalismo esasperato ci sono persone che hanno intuito dove sta il valore
fondamentale.
Il pericolo è di creare schieramenti diversi in nome di opinioni diverse e,
se vero che devono essere rispettate tutte le idee, noi rispettiamo anzitutto i
criteri dati dalla fede. E anche per noi è importante rilevare che la
tradizione del samizdat non è morta del tutto. Magari sono poche le persone che
in Russia e in Ucraina hanno ripreso questo valore fondamentale della società,
però anche gli esponenti del samizdat non sono mai stati maggioranza nel
popolo, che invece accettava supinamente la situazione.
Questa non è una scelta opinabile, perché è dettata dalla fede oltre che
dall’esperienza personale. Non si tratta quindi semplicemente di individuare il
colpevole per prenderlo di mira, perché anche i nostri giornali parlano dello
zar Putin eccetera, dicendo anche cose giuste, ma che non tengono conto delle
realtà più belle.
Invece, la Petranovskaja dice: «Siamo tutti colpevoli e tutti vittime».
Questo ci ricorda le parole di un dissidente: «Se la Russia è quello che è, è
perché io sono quello che sono». Quindi c’è un’assunzione di responsabilità e
non semplicemente una condanna, mentre quando ci si limita a condannare, si
aggiunge solo male a male e la critica da sola non cambia mai nulla.
«Siamo tutti carnefici e tutti vittime, nessuno è soltanto carnefice o
soltanto vittima». Questo vuol dire che siamo tutti responsabili. Al contrario,
basta che gettiamo un occhio alla politica italiana, e vi ritroviamo quel
radicato costume del comunismo di intravedere sempre un nemico, di ritenere che
la causa del male sono sempre gli altri, la destra, o la sinistra o il centro,
mentre io sono sempre a posto e chi sbaglia sono sempre gli altri.
Nessuno di noi è a posto, c’è sempre qualcosa da fare e da rimediare,
perché la nostra conversione non è mai completa. Un vescovo greco-cattolico
rumeno, Virgil Bercea, vescovo di Oradea, dice: «Sia la Russia che l’Ucraina
risentono le conseguenze dell’ateismo sovietico, siala Russia che l’Ucraina
hanno dimenticato di essere cristiane». Questo è il fatto: quando ci si
dimentica di essere cristiani, al posto di Cristo si innalza qualche idolo, in
questo caso la nazione, ma anche tanti altri.
Elena Kadyrova, anche lei credente, scrive: «C’è un’unità comune che ci può
riunire». Ci vuole del coraggio per dire in questa situazione che non è la
grandezza dello stato, di Mosca o di Kiev, che ci può riunire, ma qualcosa di
più grande: «Ciò che è veramente umano, e soprattutto ciò che è cristiano,
questo sì riunisce. Le crisi negative hanno tutte la loro radice nell’aver
dimenticato Cristo come valore assoluto». Questa considerazione è valida non
solo per loro, ma anche per noi, perché non realizziamo la nostra umanità, se
ultimamente non poniamo Cristo al primo posto.
Ancorala Kadyrova aggiunge: «È necessario più che mai compiere un gesto
personale, che non è un gesto politico, ma perché questo è il modo migliore per
edificare la società. Il principio personale più assoluto è quello di Cristo.
In Cristo Occidente e Oriente non sono due mondi divisi – è una citazione, che
fa propria senza indicare la fonte -, rappresentano piuttosto due civiltà, due
mentalità distinte destinate a completarsi vicendevolmente nella Chiesa, ma se
togliamo Cristo a questi due mondi, non ci potrà essere capacità di unirsi».
È bello che venga evidenziato questo punto che dovremmo fare anche nostro,
senza schierarci da una parte o dall’altra, cosa che non produce altro che
irresponsabilità e abitudine a condannare. Il richiamo a Cristo può sembrare
retorico, espressione di uno spiritualismo astratto dalla realtà, mentre lei
sottolinea giustamente che è l’unico modo per essere concreti e risolvere i
problemi sia politici che sociali.
Svetlana Panič, una storica e credente ortodossa, scrive: «Dimenticare che
noi siamo re, ha generato in tutti la paura».
Siamo re, perché Cristo ci ha resi tali. Questa non è superbia, ma è
riconoscere la verità che Cristo ci ha portato. Anzi, è vera umiltà che parte
dalla consapevolezza di essere grandi e da qui deriva la nostra responsabilità.
«Mi sembra che non sia il momento per denunciare, ma piuttosto di ridare la
speranza e di essere compassionevoli (Com’è bella la misericordia!). Quando
domina la critica nel nostro parlare come nel giudicare sbagliamo sempre,
perché manca l’amore». Qui vi ricordo l’espressione di Florenskij che la
“Verità si esprime nell’Amore e l’Amore fiorisce in Bellezza”.
Una critica che si ferma alla critica è sempre infeconda, è perder tempo e
fare del male.
Da ultimo cito Nadežda Voskrešenskaja, un’ortodossa che fa parte della
nostra comunità in Ucraina, che ultimamente era a Kharkov insieme ad Adriano,
sua figlia Caterina, Filonenko e Nembrini. Lei dice: «Ho visto il Majdan per la
prima volta a gennaio il giorno prima del massacro; sono tornata a marzo e
infine dopo Pasqua. Il Majdan c’è ancora e si estende sempre di più fra la
gente che ha piantato le tende non per criticare, ma per pregare insieme, per
riconoscere i nostri difetti, per richiamarci all’essenziale. Il Majdan oggi è
un luogo di memoria, di suffragio, pieno di fiori e lumini, dove si continua a
sperare e pregare. Fascisti io non ne ho visti, neppure con i miei amici.
Questo è nella realtà, sui giornali tutto è diverso».
Dalle notizie sui giornali sembrava che dopo i primi giorni quelli del
Majdan si fossero fermati e adesso si pensi a tutt’altro; invece il Majdan
continua. È strano che la stampa non ne parli, ma per noi è più importante di
tutto il resto.
Continua la Voskrešenskaja: «Il triduo di Pasqua l’ho passato a Kharkov con
gli amici russi, italiani, ucraini e bielorussi. Abbiamo festeggiato davvero,
perché Cristo era una speranza che è risorta. La gente era tranquilla. Ho visto
le manifestazioni dei filorussi, 2-300 su una città di un milione e mezzo di
persone, una manifestazione del tutto tranquilla. Ho pure visto le
manifestazioni pacifiche dei filoucraini, sollecitate soprattutto dalla nostra
gente: erano 7mila persone, che hanno organizzato un gesto di preghiera perla
pace (non si sono riuniti per andare contro i filo russi, ma per pregare per la
pace). C’erano sacerdoti cattolici di rito greco e latino, ortodossi di diversi
patriarcati, protestanti e musulmani. Il comizio di preghiera è stato organizzato
anche dalla nostra gente».
Questa è la novità che
dobbiamo tener presente, senza lasciarci impressionare dalla stampa, perché sia
a destra che a sinistra non fanno altro che condannarsi vicendevolmente. Noi
invece dobbiamo sottolineare gli aspetti di continuità del samizdat, che è
stato una grande lezione per noi e un grande aiuto per la Russia e che anche in
questa situazione di crisi, se si estende, e se anche dovessimo sostenerlo,
potrebbe essere il mezzo per uscirne con delle positività.
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