Si è conclusa ieri la visita di solidarietà dei
Patriarchi orientali cattolici e ortodossi a Erbil, capitale del Kurdistan
iracheno. Una visita i cui toni sono andati oltre il contesto pastorale e
di protocollo, specie dopo l'incontro con il presidente della regione autonoma,
Massoud Barzani, durante il quale i Patriarchi non hanno risparmiato di
esprimere un fermo punto di vista riguardo alla questione della legittimità
dell'uso della forza per respingere l'aggressione degli jihadisti dello Stato
islamico e riportare i cristiani a Mosul e nei villaggi della piana di
Ninive.
Un punto di vista che i Patriarchi hanno poi espresso
pubblicamente in una conferenza stampa che ha seguito l'incontro. Dopo la
conferenza i Patriarchi Younan, dei siro-cattolici, ed Ephrem Karim, dei
siro-ortodossi si sono trattenuti un po' più a lungo nella regione, per stare
vicino ai gruppi di fedeli in Iraq. Il cardinale Béchara Raï e Gregorios
III sono invece rientrati in Libano.
Come riferito dall’agenzia Asia News, la conferenza non
ha avuto nulla di convenzionale. Anzitutto per il “grido d’allarme”
lanciato dai Patriarchi riguardo alla situazione nel Paese, per cui hanno
invocato un immediato intervento che “corrisponde a ciò che insegna la Chiesa
cattolica in materia di legittima difesa”.
"Non c'è nemmeno un secondo da perdere”, afferma
Youssef II Younane, “è in gioco la nostra sopravvivenza in Mesopotamia. Le
nazioni libere che aderiscono alla Carta dei diritti dell'uomo devono avere il
coraggio di essere fedeli ai loro principi”.
“Noi – rimarca con vigore il Patriarca - chiediamo un
intervento internazionale in nostra difesa, e non certo per conquistare
alcunché. Noi abbiamo il diritto di difenderci e noi chiediamo di essere
difesi. La comunità internazionale lo ha ben fatto in precedenza in Kossovo,
malgrado l'opposizione, all'epoca, della Russia”.
Per questo noi, insieme a Papa Francesco, i Capi delle
Chiese orientali chiedono “di fare in modo che vengano rispettati i nostri
diritti per un intervento militare di natura difensiva, per fronteggiare i
gruppi jihadisti che ci minacciano".
D’accordo anche il Patriarca maronita Béchara Raï ad
interpellare al più presto la comunità internazionale. "Noi - ha detto –
pensiamo che lasciare campo libero agli jihadisti dello Stato islamico sarebbe
davvero vergognoso per l'Occidente. Che un gruppo di terroristi di ispirazione
diabolica sia lasciato libero di agire è uno scandalo senza precedenti”.
“Noi – ha soggiunto il cardinale - chiediamo alla
comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità. È inammissibile
che un gruppo di questa natura opprima in questo modo dei popoli, e che la
comunità internazionale non prenda la difesa di un gruppo incapace di
difendersi da solo".
Dal canto suo, il Patriarca Younane ha implicitamente accusato
la dottrina wahabita, professata in Arabia Saudita, quale fonte di ispirazione
dello Stato islamico. "Tale gruppo non ha potuto nascere - ha affermato -
se non grazie a questo sostegno. Oggi cerca di sottrarsi alle proprie
responsabilità, che derivano da questa situazione".
In merito all'incontro con il presidente Barzani -
infoma ancora Asia News - , fonti vicine alla delegazione patriarcale hanno
rivelato che egli avrebbe fornito ampie rassicurazione sul fatto che i
peshmerga sono pronti a fare il loro dovere, per difendere i cristiani d'Iraq,
ma che il Kurdistan al contempo richiede migliori equipaggiamenti dal punto di
vista militare.
Al tempo stesso, Barzani ha confidato ai membri della
delegazione che i jihadisti hanno riempito di mine le strade e le case dei
villaggi abbandonati dai cristiani in fuga e che, in caso di bisogno, i
peshmerga non dispongono delle attrezzature e dell'esperienza necessarie per
farlo.
Nel suo intervento, infine, il Patriarca Ephrem ha
rivendicato addirittura una regione autonoma per i cristiani d'Iraq, nel
contesto di una repubblica federale irachena. “La Costituzione irakena lo
permetterebbe”, ha spiegato Ephrem. E non ha mancato di rivolgere un appello al
segretario generale Onu Ban Ki-moon affinché si rechi in visita personalmente
in Iraq.
Una parola anche per Papa Francesco perché faccia “un
uso più audace della propria influenza per la causa dei cristiani iracheni”. Il
Patriarca dei siro-ortodossi ha infine chiesto la liberazione di Mosul,
costatando che sia ormai possibile assicurare il rientro in alcuni villaggi
della piana di Ninive.
A conclusione della visita e dando il via alla
conferenza stampa, il Patriarca Sako dei caldei ha affermato che le Chiese
d'oriente sono un insieme di "piccole Chiese, ma che attraverso la loro
unione, possono formare una Chiesa grande e forte".
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