domenica 12 febbraio 2023

IL CRISTIANESIMO HA UN FUTURO? UN’IPOTESI DI LETTURA DEL LIBRO POSTUMO DI BENEDETTO XVI

 

IL CRISTIANESIMO HA UN FUTURO? UN’IPOTESI DI LETTURA DEL LIBRO POSTUMO DI BENEDETTO XVI

 IVO COLOZZI 

Premetto che non sono un grande frequentatore degli scritti di Benedetto XVI/ Joseph Ratzinger, per cui è possibile che quanto dirò in riferimento al suo ultimo libro per quelli che lo conoscono meglio e che hanno letto di più non presenti nulla di nuovo e risulti addirittura scontato.

In ogni caso, la prima cosa che mi ha colpito leggendo Che cos’è il cristianesimo. Quasi un testamento spirituale (Mondadori, Milano 2023) è la lucidità e la nettezza con cui presenta la grave crisi che sta attraversando il cristianesimo in generale e la Chiesa cattolica in particolare, nel continente europeo, ma non solo.

Per Benedetto, “…nei paesi della sua grande storia il cristianesimo per tanti versi è divenuto stanco e alcuni rami del grande albero cresciuto dal granello di senape del Vangelo sono divenuti secchi e cadono a terra…”(p. 12) Fuor di metafora, quindi, secondo il Papa emerito in alcuni paesi europei il cristianesimo come fatto (fede e cultura) ormai è morto e sepolto, è entrato, cioè, a far parte solo del passato o della storia di questi paesi, mentre resta presente come manufatto, cioè attraverso le sue architetture (cattedrali, chiese, palazzi) che ancora ne caratterizzano il paesaggio.

Tra i sintomi che documentano lo stato di crisi, il Papa emerito fa riferimento alla situazione della vita eucaristica e alla drammatica crisi morale che interessa in primis i sacerdoti, ma anche i fedeli laici (sposati e non).

Sulla situazione attuale della vita eucaristica nella Chiesa cattolica possono bastare alcuni cenni. Un processo di grande portata è la scomparsa quasi completa del sacramento della Penitenza che …. in pratica è scomparso in ampie parti della Chiesa, riuscendo a trovare un certo rifugio nei santuari. (p.126)

“La calante partecipazione alla celebrazione domenicale dell’Eucaristia mostra quanto poco noi cristiani di oggi siamo in grado di valutare la grandezza del dono che consiste nella sua presenza reale. L’ Eucaristia è declassata a gesto cerimoniale quando si considera ovvio che le buone maniere esigano che sia distribuita agli invitati a ragione della loro appartenenza al parentado, in occasione di feste familiari o eventi come matrimoni e funerali. L’ovvietà con la quale in alcuni luoghi i presenti, semplicemente perché tali, ricevono il Santissimo Sacramento mostra come nella Comunione si veda ormai solo un gesto cerimoniale. “(p.156)

Per quanto riguarda la crisi morale, Benedetto parla della rivoluzione sessuale del 1968 che, tra l’altro, sdoganò la pedofilia (“la pedofilia venne proclamata come permessa e conveniente” (p.145)) e provocò “Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali…e l’enorme numero di dimissioni dallo stato clericale…”(p. 145).

 Ricorda anche che “In diversi seminari si formarono “club” omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari.” (p.149)

Le cause di questo gravissimo stato di crisi sono sia esterne che interne.

Tra quelle esterne Benedetto individua lo Stato che per lui solo apparentemente è tollerante e moderno perché in nome di questi valori in realtà non accetta di mettere in discussione la propria concezione della realtà e, per questo, diventa intollerante nei confronti di chi, come i cristiani, tale visione critica e mette in discussione.

“Il moderno Stato del mondo occidentale…da un lato si considera come un grande potere di tolleranza che rompe con le tradizioni stolte e prerazionali di tutte le religioni. Inoltre, con la sua radicale manipolazione dell’uomo e lo stravolgimento dei sessi attraverso l’ideologia gender, si contrappone in modo particolare al cristianesimo. Questa pretesa dittatoriale di aver sempre ragione da parte di un’apparente razionalità esige l’abbandono dell’antropologia cristiana e dello stile di vita che ne consegue, giudicato prerazionale. L’intolleranza di questa apparente modernità nei confronti della fede cristiana ancora non si è trasformata in aperta persecuzione e tuttavia si presenta in modo sempre più autoritario, mirando a raggiungere, con una legislazione corrispondente, l’estinzione di ciò che è essenzialmente cristiano.” (p.33)

Esistono, però, anche cause interne che potremmo far risalire alla capacità della mentalità mondana/razionalista/secolarizzata di infiltrarsi entro i confini della chiesa e di permeare il modo di pensare e, di conseguenza, il modo di agire dei cristiani (semplici fedeli ma anche teologi e pastori).

Secondo Benedetto, “La causa più profonda della crisi che ha sconvolto la Chiesa risiede nell’ oscuramento della priorità di Dio nella liturgia. “(p.45)

Una seconda causa è dovuta alla “nuova” concezione della salvezza proposta dal Concilio Vaticano II.

“Se è vero che i grandi missionari del XVI secolo erano ancora convinti che chi non è battezzato è per sempre perduto- e ciò spiega il loro impegno missionario-, nella Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II tale convinzione è stata definitivamente abbandonata. Da ciò derivò una doppia profonda crisi. Per un verso ciò sembra togliere ogni motivazione a un futuro impegno missionario. Perché mai si dovrebbe cercare di convincere delle persone ad accettare la fede cristiana quando possono salvarsi senza di essa? Ma pure per i cristiani ne derivò una conseguenza. Diventò, infatti, incerta e problematica l’obbligatorietà della fede e della sua forma di vita. Se c’è chi si può salvare anche in altre maniere, non è più evidente, alla fin fine, perché il cristiano stesso sia legato alle esigenze della fede cristiana e alla sua morale. Ma se fede e salvezza non sono più interdipendenti, anche la fede diventa immotivata. (p.93)

Una ulteriore causa della crisi è il “collasso della teologia morale cattolica che rese la Chiesa inerme di fronte a quei processi della società … Sino al Vaticano II la teologia morale cattolica veniva largamente fondata giusnaturalisticamente” (p.145), cioè sul presupposto che esista un diritto naturale le cui norme possono essere ricavate dalla conoscenza della natura e non dipendono, quindi, dalla volontà o dall’ arbitrio. “Nella lotta ingaggiata dal concilio per una nuova comprensione della rivelazione, l’opzione giusnaturalistica venne quasi completamente abbandonata e si pretese una teologia morale completamente fondata sulla Bibbia.”(p. 145-6) Questo tentativo fallì. Successivamente “si affermò ampiamente la tesi per cui la morale dovesse essere definita solo in base agli scopi dell’agire umano. Il vecchio adagio «il fine giustifica i mezzi» non veniva ribadito in questa forma così rozza, e tuttavia la concezione in esso contenuta era divenuta decisiva. Perciò non poteva esserci nemmeno qualcosa di assolutamente buono né tantomeno qualcosa di sempre malvagio, ma solo valutazioni relative. Non c’era più il bene, ma solo ciò che sul momento e a seconda delle circostanze è relativamente meglio. Sul finire degli anni Ottanta e negli anni Novanta la crisi dei fondamenti e della presentazione della morale cattolica raggiunse forme drammatiche …..Nella teologia morale, nel frattempo, era peraltro divenuta pressante un’altra questione: si era ampiamente affermata la tesi che al magistero della Chiesa spetti la competenza ultima e definitiva (“infallibilità”) solo sulle questioni di fede, mentre le questioni morali non potrebbero divenire oggetto di decisioni infallibili del magistero ecclesiale…..Indipendentemente da tale questione, in ampi settori della teologia morale si sviluppò la tesi che la Chiesa non abbia né possa avere una propria morale. (pp.145-148)

Come si vede, siamo di fronte ad una analisi impietosa che rivela una situazione di difficoltà ancora più grave e radicale di quella che viene periodicamente descritta dalle indagini della sociologia della religione sulla secolarizzazione e sulle opinioni e gli atteggiamenti di quanti ancora si definiscono cristiani, praticanti o meno.

Nonostante ciò, ed è la seconda sorpresa del libro, mi ha colpito la serenità e la fede con cui Benedetto ha vissuto questa situazione drammatica. Per lui anche se “Nel nostro tempo diviene sempre più forte la voce di coloro che vogliono convincerci che la religione come tale è superata”(p.13) e che solo la ragione critica dovrebbe orientare l’agire dell’ uomo, l’esito a cui questo modo di pensare conduce è una riduzione dell’umano. “L’uomo diventa più piccolo, non più grande, quando non c’è più spazio per un ethos che, in base alla sua autentica natura, rinvia oltre il pragmatismo, quando non c’è più spazio per lo sguardo rivolto a Dio.”(p.13) Per evitare che ciò accada “rimane ragionevole il compito di comunicare agli altri il Vangelo di Gesù Cristo …. non per procurare alla nostra comunità quanti più membri possibile; e tanto meno per il potere. Parliamo di lui perché sentiamo di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata.” (p.14)

L’ostacolo che si frappone non solo alla ricezione ma anche alla trasmissione di questo annuncio è il peccato della Chiesa, reso drammaticamente evidente dai tanti episodi di abuso sessuale. “L’accusa contro Dio oggi si concentra soprattutto nello screditare la sua Chiesa nel complesso e così nell’allontanarci da essa. L’idea di una Chiesa migliore creata da noi stessi è in verità una proposta del diavolo con la quale vuole allontanarci dal Dio vivo, servendosi di una logica menzognera nella quale caschiamo fin troppo facilmente. No, anche oggi la Chiesa non consiste solo di pesci cattivi e di zizzania. La Chiesa di Dio c’è anche oggi, e proprio anche oggi essa è lo strumento con il quale Dio ci salva …. sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono. Ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile … Anche oggi Dio ha i suoi testimoni (martyres) nel mondo. Dobbiamo solo essere vigili per vederli e ascoltarli.”(p. 159)

(dal blog “Mundus Inversus”)

Nessun commento:

Posta un commento