IL CRISTIANESIMO HA UN FUTURO? UN’IPOTESI DI LETTURA DEL LIBRO POSTUMO
DI BENEDETTO XVI
IVO COLOZZI
Premetto che non sono un grande frequentatore degli scritti di Benedetto XVI/ Joseph Ratzinger, per cui è possibile che quanto dirò in riferimento al suo ultimo libro per quelli che lo conoscono meglio e che hanno letto di più non presenti nulla di nuovo e risulti addirittura scontato.
In ogni caso, la prima cosa che mi ha colpito
leggendo Che cos’è il cristianesimo. Quasi un testamento
spirituale (Mondadori, Milano 2023) è la lucidità e la
nettezza con cui presenta la grave crisi che sta attraversando il cristianesimo
in generale e la Chiesa cattolica in particolare, nel continente europeo, ma
non solo.
Per Benedetto, “…nei paesi della sua grande storia il
cristianesimo per tanti versi è divenuto stanco e alcuni rami del grande albero
cresciuto dal granello di senape del Vangelo sono divenuti secchi e cadono a
terra…”(p. 12) Fuor di metafora, quindi, secondo
il Papa emerito in alcuni paesi europei il cristianesimo come fatto (fede e
cultura) ormai è morto e sepolto, è entrato, cioè, a far parte solo del
passato o della storia di questi paesi, mentre resta presente come manufatto,
cioè attraverso le sue architetture (cattedrali, chiese, palazzi) che ancora ne
caratterizzano il paesaggio.
Tra i sintomi che documentano lo stato di crisi, il
Papa emerito fa riferimento alla situazione della vita eucaristica e alla drammatica crisi morale che interessa in
primis i sacerdoti, ma anche i fedeli laici (sposati e non).
“Sulla situazione attuale della vita
eucaristica nella Chiesa cattolica possono bastare alcuni cenni. Un
processo di grande portata è la scomparsa quasi completa del sacramento
della Penitenza che …. in pratica è scomparso in ampie parti della
Chiesa, riuscendo a trovare un certo rifugio nei santuari. (p.126)
“La calante partecipazione alla celebrazione
domenicale dell’Eucaristia mostra quanto poco noi cristiani di oggi
siamo in grado di valutare la grandezza del dono che consiste nella sua
presenza reale. L’ Eucaristia è declassata a gesto cerimoniale quando
si considera ovvio che le buone maniere esigano che sia distribuita agli
invitati a ragione della loro appartenenza al parentado, in occasione di feste
familiari o eventi come matrimoni e funerali. L’ovvietà con la quale in alcuni luoghi i presenti, semplicemente
perché tali, ricevono il Santissimo Sacramento mostra come nella Comunione si
veda ormai solo un gesto cerimoniale. “(p.156)
Per quanto riguarda la crisi morale, Benedetto parla della rivoluzione sessuale del 1968
che, tra l’altro, sdoganò la pedofilia (“la pedofilia venne
proclamata come permessa e conveniente” (p.145)) e provocò “Il diffuso
collasso delle vocazioni sacerdotali…e l’enorme numero di
dimissioni dallo stato clericale…”(p. 145).
Ricorda anche che “In diversi seminari si
formarono “club” omosessuali che agivano più o meno apertamente e che
chiaramente trasformarono il clima nei seminari.” (p.149)
Le cause di questo gravissimo stato di crisi sono sia esterne che interne.
Tra quelle
esterne Benedetto individua lo Stato che
per lui solo apparentemente è tollerante e moderno perché in nome di questi
valori in realtà non accetta di mettere in discussione la propria concezione
della realtà e, per questo, diventa intollerante nei confronti di chi, come i
cristiani, tale visione critica e mette in discussione.
“Il moderno Stato del mondo occidentale…da un lato si
considera come un grande potere di tolleranza che rompe con le tradizioni
stolte e prerazionali di tutte le religioni. Inoltre, con la sua radicale manipolazione dell’uomo e lo stravolgimento dei
sessi attraverso l’ideologia gender, si contrappone in modo particolare al
cristianesimo. Questa pretesa dittatoriale di aver sempre ragione da parte
di un’apparente razionalità esige l’abbandono dell’antropologia cristiana e
dello stile di vita che ne consegue, giudicato prerazionale. L’intolleranza di
questa apparente modernità nei confronti della fede cristiana ancora non si è
trasformata in aperta persecuzione e tuttavia si presenta in modo sempre più
autoritario, mirando a raggiungere, con una legislazione corrispondente,
l’estinzione di ciò che è essenzialmente cristiano.” (p.33)
Esistono,
però, anche cause interne che
potremmo far risalire alla capacità della mentalità
mondana/razionalista/secolarizzata di infiltrarsi entro i confini della chiesa
e di permeare il modo di pensare e, di conseguenza, il modo di agire dei
cristiani (semplici fedeli ma anche teologi e pastori).
Secondo
Benedetto, “La causa più profonda della
crisi che ha sconvolto la Chiesa risiede nell’ oscuramento della priorità di
Dio nella liturgia. “(p.45)
Una seconda
causa è dovuta alla “nuova” concezione della salvezza proposta dal Concilio
Vaticano II.
“Se è vero che i grandi missionari del XVI secolo
erano ancora convinti che chi non è battezzato è per sempre perduto- e ciò
spiega il loro impegno missionario-, nella Chiesa cattolica dopo il Concilio
Vaticano II tale convinzione è stata definitivamente abbandonata. Da ciò derivò
una doppia profonda crisi. Per un verso ciò sembra togliere ogni motivazione a
un futuro impegno missionario. Perché mai si dovrebbe cercare di convincere
delle persone ad accettare la fede cristiana quando possono salvarsi senza di
essa? Ma pure per i cristiani ne derivò una conseguenza. Diventò, infatti, incerta
e problematica l’obbligatorietà della fede e della sua forma di vita. Se c’è
chi si può salvare anche in altre maniere, non è più evidente, alla fin fine,
perché il cristiano stesso sia legato alle esigenze della fede cristiana e alla
sua morale. Ma se fede e salvezza non sono più interdipendenti, anche la fede
diventa immotivata. (p.93)
Una ulteriore causa della crisi è il “collasso della teologia morale
cattolica che rese la Chiesa inerme di fronte a quei processi della società … Sino
al Vaticano II la teologia morale cattolica veniva largamente fondata
giusnaturalisticamente” (p.145), cioè sul presupposto
che esista un diritto naturale le cui norme possono essere ricavate dalla
conoscenza della natura e non dipendono, quindi, dalla volontà o dall’
arbitrio. “Nella lotta ingaggiata dal concilio per una nuova comprensione della
rivelazione, l’opzione giusnaturalistica venne quasi completamente abbandonata
e si pretese una teologia morale completamente fondata sulla Bibbia.”(p. 145-6)
Questo tentativo fallì. Successivamente “si affermò ampiamente la tesi per cui la morale dovesse essere definita solo in
base agli scopi dell’agire umano. Il vecchio adagio «il fine giustifica i
mezzi» non veniva ribadito in questa forma così rozza, e tuttavia la concezione
in esso contenuta era divenuta decisiva. Perciò non poteva esserci nemmeno
qualcosa di assolutamente buono né tantomeno qualcosa di sempre malvagio, ma
solo valutazioni relative. Non c’era più il bene, ma solo ciò che sul momento e
a seconda delle circostanze è relativamente meglio. Sul finire degli anni
Ottanta e negli anni Novanta la crisi dei fondamenti e della presentazione
della morale cattolica raggiunse forme drammatiche …..Nella teologia morale,
nel frattempo, era peraltro divenuta pressante un’altra questione: si era
ampiamente affermata la tesi che al magistero della Chiesa spetti la competenza
ultima e definitiva (“infallibilità”) solo sulle questioni di fede, mentre le
questioni morali non potrebbero divenire oggetto di decisioni infallibili del
magistero ecclesiale…..Indipendentemente da tale questione, in ampi settori
della teologia morale si sviluppò la tesi che la Chiesa non abbia né possa
avere una propria morale. (pp.145-148)
Come si vede, siamo di fronte ad una analisi impietosa
che rivela una situazione di difficoltà ancora più grave e radicale di quella
che viene periodicamente descritta dalle indagini della sociologia della
religione sulla secolarizzazione e sulle opinioni e gli atteggiamenti di quanti
ancora si definiscono cristiani, praticanti o meno.
Nonostante ciò, ed è la seconda sorpresa del libro, mi
ha colpito la serenità e la fede con cui Benedetto ha vissuto questa situazione
drammatica. Per lui
anche se “Nel nostro tempo diviene sempre più forte la voce di coloro che
vogliono convincerci che la religione come tale è superata”(p.13) e che solo la
ragione critica dovrebbe orientare l’agire dell’ uomo, l’esito a cui questo
modo di pensare conduce è una riduzione dell’umano. “L’uomo diventa più
piccolo, non più grande, quando non c’è più spazio per un ethos che, in base
alla sua autentica natura, rinvia oltre il pragmatismo, quando non c’è più
spazio per lo sguardo rivolto a Dio.”(p.13) Per
evitare che ciò accada “rimane ragionevole il compito di comunicare agli altri
il Vangelo di Gesù Cristo …. non per procurare alla nostra comunità quanti più
membri possibile; e tanto meno per il potere. Parliamo di lui perché sentiamo
di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata.” (p.14)
L’ostacolo che
si frappone non solo alla ricezione ma anche alla trasmissione di questo
annuncio è il peccato della Chiesa, reso drammaticamente evidente dai tanti
episodi di abuso sessuale. “L’accusa
contro Dio oggi si concentra soprattutto nello screditare la sua Chiesa nel
complesso e così nell’allontanarci da essa. L’idea di una Chiesa migliore
creata da noi stessi è in verità una proposta del diavolo con la quale vuole
allontanarci dal Dio vivo, servendosi di una logica menzognera nella quale
caschiamo fin troppo facilmente. No, anche oggi la Chiesa non consiste solo di
pesci cattivi e di zizzania. La Chiesa di Dio c’è anche oggi, e proprio anche
oggi essa è lo strumento con il quale Dio ci salva …. sì, il peccato e il male
nella Chiesa ci sono. Ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile
… Anche oggi Dio ha i suoi testimoni (martyres) nel mondo. Dobbiamo solo
essere vigili per vederli e ascoltarli.”(p. 159)
(dal blog “Mundus Inversus”)
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