Mons. Giampaolo Crepaldi.
Il termine salus significa
sia salute che salvezza. Il primo termine ha un
significato naturale, terreno, medico, fisiologico e psicologico. Il secondo ha
un senso soprannaturale, ultraterreno, spirituale.
Per la Dottrina sociale della
Chiesa i due termini non sono estranei e tantomeno opposti.
Basterebbe pensare a questo passaggio della Caritas in veritate di Benedetto
XVI; “Senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo
mondo rimane privo di respiro” (n. 11).
Certamente nella nozione di progresso
umano va inserita anche la salute nel senso sanitario del termine. La relazione
non riguarda solo quanto oggi tutti ammettono, ossia la compenetrazione
psicofisica dei fenomeni umani, l’interfacciarsi tra corpo e psiche nella
psico-somaticità: l’ammissione di questo legame ci manterrebbe al livello
terreno della salute come sanità, senza elevarci ad un livello superiore.
In campo sanitario c’è
oggi una nuova forma di materialismo, quella di ridurre lo spirituale allo
psichico, che rimane qualcosa di materiale, e di identificare al ribasso
spirituale con psichico. La prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa
circa il rapporto tra salute in senso sanitario e salute in senso spirituale fa
invece riferimento a due livelli della realtà, quello della natura e quello
della sopra-natura. La salus che interessa ultimamente alla
Chiesa è la salus animarum, in vista della beatitudine eterna come
fine ultimo dell’uomo. Questa prospettiva apre però ad una luce nuova anche
sulla salus in senso sanitario. La storia degli interventi
della Chiesa in questo campo, soprattutto quello di tanti ordini religiosi, e
la proposta cristiana sul significato della malattia e della sofferenza lo
dimostrano.
Nella nostra epoca, e in questi
stessi nostri giorni, tuttavia queste questioni si sono complicate. Da un
lato la medicina ha ampliato il proprio raggio d’azione, investendo
l’intera società. La medicina non riguarda più solo la malattia in senso
stretto, ma anche la prevenzione, l’educazione a determinati stili di vita, la
correzione estetica dei corpi, la cosmesi, le pratiche da effettuare nel tempo
libero, il culto del corpo. Oggi l’utenza si reca in farmacia per una serie di
finalità molto più ampia che non in passato. Dall’altro lato, essa si è
integrata appieno in un sistema economico e politico divenuto nel frattempo
globale e coordinato, dando vita ad un vero e proprio “potere
terapeutico” che determina la medicina e le fa spesso intraprendere
strade per motivi non strettamente sanitari ma, appunto, economici e politici.
Se la società intera è ormai un ospedale o una farmacia, non intesi nel senso
tradizionale ma come espressione di tutte le nuove funzioni sociali della
medicina, questo ospedale non è ultimamente gestito da medici ma da tecnocrati
funzionali ai poteri reali. È a questo punto che quella sanitaria
diventa una ideologia tendenzialmente omnicomprensiva, ossia potenzialmente
totalitaria. Il motivo
ultimo di questo passaggio degenerativo è la secolarizzazione della sanità che
si è svincolata dalla salus intesa in senso spirituale e
soprannaturale.
Si tratta, come si vede, dell’esito cui
assistiamo in ogni campo della vita sociale che si stacca dalla dimensione
trascendente. In questo caso è la sanità ad assolutizzare sé stessa,
diventando una nuova religione. Molti segnali lo dimostrano: la
ritualità delle pratiche salutistiche, la disponibilità a compiere grandi
sacrifici personali come un tempo si faceva per motivi di devozione religiosa,
l’idolatria del vaccino, il dogmatismo con cui ci si adegua alle normative
imposte dal potere sanitario, il simbolismo pseudo-religioso di atteggiamento
quali l’uso indiscriminato della mascherina, l’affidamento a nuovi sacerdoti
quali sono per esempio alcuni medici sovraesposti sui media e così via.
Un capitolo interessante di questa assolutizzazione
sanitaria e della creazione di un vero e proprio potere sanitario pervasivo e
inglobante, segnalato già da tempo sia da pensatori atei come Faucault
sia da teologi come Ivan Illich, consiste nei suoi rapporti con la scienza. La
postmodernità ha ridimensionato alquanto il potere della scienza, evidenziando
il suo carattere ipotetico e spesso molto approssimativo, nonché la difficoltà
della raccolta degli stessi dati condizionata come è dalle politiche sanitarie,
dall’errore umano, dai condizionamenti delle grandi industrie farmaceutiche che
finanziano la ricerca per il 90 per cento. Il positivismo scientifico è stato
completamente sconfitto sul piano teorico, anche se molti scienziati e molti
medici, per parlare del nostro caso, ancora la pensano così. L’autorevolezza
della scienza si è ormai vestita di umiltà. Eppure, si assiste ancora, e forse
più di prima, alla pretesa di utilizzare gli scienziati e la scienza, la
medicina e i medici come oracoli di verità assolute. Lo scientismo è diventato
politico e non solo epistemico, sicché si adopera la scienza
per pilotare i comportamenti sociali, per esercitare forme di controllo sui
cittadini, per colpire categorie non allineate, per indurre alla delazione, per
creare paura diffusa, per sostenere una serie di narrazioni pubbliche che hanno
poca consistenza medica e scientifica e molta prosopopea politica.
In questo numero del “Bollettino” viene
esaminato il tema del sistema sanitario alla luce della Dottrina sociale della
Chiesa. Si critica la presunzione utile al potere politico che tutti siamo
ammalati fino a prova contraria (mentre si dovrebbe pensare il contrario, ossia
che tutti siamo sani fino a prova contraria), si mette in guardia dal pericolo
che la “medicina uccida” con la scusa di curare, che si innesti un
sistema di controllo politico fondato sulla paura indotta, che dalle
sperimentazioni di controllo sociale per motivi sanitari si passi anche ad
altri ambiti della vita pubblica. Gli articoli di questo fascicolo
indicano vie diverse per strutturare un sistema sanitario più libero e
responsabile, più coinvolgente la partecipazione dei medici “in scienza e
coscienza” e dei malati, per disincagliare la medicina dai suoi legami troppo
stretti con l’economia e la politica, per organizzare le cose secondo i
principi del bene comune e della sussidiarietà.
Un aspetto non secondario, per i due significati del termine salus di cui parlavo all’inizio, è l’atteggiamento della Chiesa in questo campo. Da questo punto di vista Essa ha alle sue spalle una storia gloriosa, alla quale non deve rinunciare per integrarsi nel nuovo sistema di controllo statalista e sovra-statalista che intende la medicina come uno strumento del potere politico globalista che mira al controllo sociale preventivo.
S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi
Vescovo di Trieste
Dal Bollettino di Dottrina sociale della chiesa n. 4/2022
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