È morto a 88 anni il filosofo grande amico e stretto collaboratore di san Giovanni Paolo II, che lo chiamò a Roma dove fu tra i fondatori dell'Istituto per gli Studi su Matrimonio e Famiglia. Nell'insegnamento testimoniava che la verità non è una formula ma una Persona da venerare. Il ricordo di un suo discepolo e amico.
- DOSSIER: STANISLAW GRYGIEL PER LA BUSSOLA
DI MONSIGNOR LIVIO MELINA, dal 2006 al 2016 preside dell'Istituto
Giovanni Paolo IILudmila e Stanislaw Grygiel
Indimenticabile
è per me quella prima sua lezione al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per
Studi su Matrimonio e Famiglia, nella quale ci illustrò l’originalità del modo
orientale di pensare rispetto a quello dei sillogismi chiari e distinti del
ragionare occidentale. L’ancor giovane professore venuto da Cracovia ci
propose la metafora del volo di un’aquila, che disegna nel cielo cerchi
concentrici sempre più vicini alla sua preda, giri che le permettono di vederla
da punti di vista sempre nuovi. La conoscenza di ciò che è vita non può essere
definizione di concetti che pretendono di afferrare un oggetto, ci diceva, ma
relazione personale di comunione. La verità è avvenimento che accade e
sorprende, che non si ripete uguale, ma sempre si approfondisce e chiede quindi
la disponibilità ad un pellegrinaggio continuo, l’umiltà di una ricerca orante,
l’apertura ad una comunione con gli altri.
Le sue
lezioni erano proprio così, come le traiettorie ampie di quell’aquila: ritornavano sugli stessi temi fondamentali, continuamente ripresi da punti
di vista sempre nuovi, suscitando domande, destando curiosità, provocando
scoperte nella mente e nel cuore degli uditori, così che ascoltarlo risultava
un evento per la vita e non solo per l’intelligenza. Mai era solo erudizione,
sempre diventava amore della sapienza. Le tematiche dell’antropologia erano ben
radicate nella tradizione culturale della sua patria polacca, ricche di
aneddoti e di testimonianza personale, eppure nello stesso tempo attuali e
universali, capaci di aprire orizzonti. Le letture filosofiche privilegiavano
sempre i grandi filosofi, Platone in primo luogo, e i testi classici. Ma erano
i poeti soprattutto che offrivano lo spunto per folgoranti intuizioni: Norwid,
Rilke, Goethe, Dante.
Soprattutto
Stanislaw Grygiel sapeva che la verità non è né una formula da inventare o da
ripetere, né un oggetto da manipolare, ma
una persona da venerare. Con sant’Agostino ricordava “Quid est veritas?
Vir qui adest!”. La Verità è una persona da adorare: è Cristo Gesù, da lui
amato, in una familiarità stupenda, così che i vangeli, specialmente certe
pagine di san Giovanni, l’Aquila tra gli evangelisti, diventavano luci per la
ricerca anche filosofica. Soprattutto il fascino della Bellezza era per lui ciò
che poteva attrarre e convincere: una bellezza che non aveva nulla di un
estetismo compiaciuto e narcisista, ma che poneva l’uomo davanti all’imperativo
esigente della conversione: “ogni punto di questa pietra ti vede. Devi cambiare
la tua vita!” (R.M. Rilke, Antico torso di Apollo). Grygiel non
legava a sé, ma orientava a Colui che insieme con i discepoli ricercava e
amava, non smettendo mai di cercarlo ancora dopo averlo trovato. E così
educava, generando nella bellezza, e formando persone a loro volta capaci di generare.
Era stato
chiamato a Roma nel 1981 da Giovanni Paolo II, di cui era
stato prima discepolo e di cui era divenuto amico personale, ammirato e
stimato. La missione ricevuta non era appena quella di contribuire ad
un’istituzione accademica, ma quella di creare un’autentica famiglia, una communio
personarum di docenti, studenti e personale addetto, che condividesse
l’ideale della ricerca della verità sul piano di Dio intorno all’amore umano,
in una pratica di condivisione e di eccellenza. Insieme con il primo Preside,
Carlo Caffarra, con i colleghi e amici Angelo Scola, Gianfranco Zuanazzi, Anna
Cappella, Ramon De Haro e tanti altri ha posto le basi per un lavoro e una vita
comune.
I suoi
colleghi e discepoli ricordano la generosa ospitalità nella sua casa, che grazie alla sua moglie Ludmila, ai suoi figli Monika e Jakub, è stata
luogo di conversazioni e di scambio, ma anche spazio per consigli personali,
per condivisioni, per dialoghi che coinvolgevano la vita di tutti. La
formazione accademica diventava pertanto scuola di vita, e le lezioni
accendevano la ricerca personale e favorivano la comunione tra le persone. Si
era reso disponibile a grandi viaggi e a corsi di qualche settimana come visiting professor nelle
sezioni internazionali dell’Istituto, a Washington DC, a Valencia, a Salvador
de Bahia, a Changanacherry in India, a Seoul in Corea.
“Dolce e cara
guida”, con queste parole di Dante, Stanislaw
Grygiel aveva voluto intitolare un suo saggio sul femminile, dedicato alla sua
amata moglie, rivelando la sua stima e la sua venerazione per il femminile, che
considerava davvero una stella polare per orientare il cammino
dell’intelligenza e della vita. Non l’appiattimento della differenza dunque, ma
l’esaltazione del genio femminile nella sua originale capacità di accesso alla
verità e nella sua complementarietà.
Stanislaw
Grygiel ha pensato molto alla morte e al morire, che per lui erano l’accesso alla filosofia. Morire significava per lui
passare dal profanum al fanum. Egli con Rilke
invocava: “Dà, o Signore, a ciascuno la sua morte. Dà quella morte che nasce
dalla vita nella quale egli aveva il suo amore, il suo fine e il suo penare”.
Egli si chiedeva: “Il Signore muore con noi? Perché se egli non muore, allora
noi moriamo nella solitudine, ossia partiamo da qui veramente senza senso,
senza valore, non potendo entrare nel fanum”. Ma concludeva con
Pascal: “Gesù agonizzerà fino alla fine del mondo, non dobbiamo dormire per
tutto questo tempo…. Ho pensato a te nella mia agonia!”. Gesù ha pensato a
Stanislaw nella sua agonia, in cui non è stato solo. E con lui ha pensato anche
a noi. E così siamo insieme in modo misterioso e reale nella communio sanctorum.
Il volo
dell’aquila è finito. E proprio nel
suo termine non ha più puntato sulla preda della terra, ma è volata verso il
Cielo. Da lì ci segue e benedice. Grazie tante, caro Stanislaw, Maestro, Padre
ed Amico.
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