Roma Venerdì, 12 Maggio 2023
Santo Padre,
Presidente De Palo, Autorità, signore e signori, grazie.
Grazie per questo invito, grazie per questa iniziativa: bella, coinvolgente,
ormai sta diventando tradizionale. Grazie, oltre le parole di rito che in
questi casi si dicono.
Viviamo un’epoca nella quale parlare di natalità, di maternità e di famiglia, è diventato sempre più difficile. A volte sembra quasi un atto rivoluzionario. E noi eravamo stati avvertiti. Eravamo stati avvertiti del fatto che sarebbe arrivato un tempo nel quale avremmo dovuto batterci per dimostrare che “le foglie sono verdi in estate” o che “due più due fa quattro”.
Oggi bisogna avere coraggio per rivendicare e per
sostenere cose che sono fondamentali per la crescita della nostra società. Ma
il coraggio è una cosa che in questa sala non difetta. Allora, al coraggio
delle idee, ovviamente, deve corrispondere il coraggio delle azioni.
Noi oggi ci troviamo a governare la Nazione in questo tempo complesso e quello
che avevamo detto prima di arrivare al governo è anche quello che stiamo
cercando di realizzare. Perché alla fine la democrazia si sostanzia in questo:
nel vincolo che esiste tra gli impegni che assumi e gli atti che porti avanti.
Fin dal nostro primo giorno di lavoro, il Governo ha messo i figli, i genitori,
le mamme e i papà in cima all’agenda politica.
Abbiamo fatto della natalità e della
famiglia una priorità assoluta della nostra azione. E lo abbiamo fatto
banalmente perché vogliamo che l’Italia torni ad avere un futuro, a sperare e a
credere in un futuro migliore rispetto a questo presente incerto.
Abbiamo dedicato alla natalità la titolazione di un Ministero - è qui presente
il Ministro Roccella, la ringrazio -, e abbiamo collegato il tema della
natalità con quello della famiglia e delle pari opportunità. Non è una scelta
nominalistica. Non è, cioè, una scelta di forma, ma di sostanza. È la sintesi
di un programma di governo che vuole affrontare con determinazione le grandi
crisi che l’Italia, e non solo l’Italia per la verità, affronta. E tra queste crisi è innegabile
quella demografica, banalmente perché i figli sono la prima pietra della
costruzione di qualsiasi futuro. E il lavoro che questo obiettivo richiede
investe moltissimi ambiti.
Se le donne non avranno una possibilità di realizzare il proprio desiderio di
maternità senza dover rinunciare alla realizzazione professionale, non avranno
dunque non tanto pari opportunità quanto pari libertà; se i giovani non hanno
la possibilità di comprare una casa nella quale ambire a crescere i loro figli;
se i salari saranno così bassi da frenare lo slancio di mettere in piedi una
famiglia col timore di non essere nella condizione di mantenerla adeguatamente;
se tutto questo e molto altro non verrà affrontato con dedizione sarà
impossibile raggiungere l’obiettivo che tutti qui dentro ci prefiggiamo.
Dunque, questa priorità attraversa trasversalmente tutte le politiche del
Governo. La scelta di un Ministero dedicato a questa materia non è la scelta di
politiche settoriali, è la scelta di avere il punto di vista della famiglia a trecentosessanta
gradi su tutte le politiche che il Governo porta avanti. Non significa soltanto varare provvedimenti specifici, significa
considerare in ogni ambito il valore aggiunto che chi mette al mondo dei figli,
che dà vita a una famiglia, porta avanti per l’intera società.
In questa due giorni altri prima di me hanno parlato
delle iniziative concrete che il Governo ha già realizzato in questa direzione.
Da quelle che già erano presenti nella nostra legge di bilancio, scritta in
appena dieci giorni, eppure capace di offrire un’indicazione della rotta che
intendiamo seguire: l’aumento dell’assegno unico, il rafforzamento del congedo
parentale, il rinnovo degli interventi di agevolazione nei confronti delle
giovani coppie per l’acquisto della prima casa; il diritto, per esempio, per
chiunque abbia un mutuo a tasso variabile di convertirlo in mutuo a tasso fisso
e poi le norme recenti del 1° maggio in tema di lavoro, con l’assegno di
inclusione per le famiglie con redditi medio-bassi che abbiano minori o anziani
o disabili a carico; la previsione di rendere strutturale l’erogazione
volontaria del datore di lavoro a favore del lavoratore che è completamente
detassata, il cosiddetto ‘fringe benefit’, che vogliamo mantenere a tremila
euro, dando però la priorità a chi ha figli a carico. Fino all’inserimento, lo
diceva Gigi De Palo e io condivido questo obiettivo, nei principi della Legge
delega fiscale della composizione del nucleo familiare e dei costi sostenuti
per la crescita dei figli, fino alla revisione del sistema degli incentivi alle
imprese, e molto altro ancora.
Su questo non voglio tediarvi, né
ripeterò i dati statistici che sono stati magistralmente, come sempre, rimessi
in fila dal professor Blangiardo ieri.
Io voglio approfittare di questa occasione, e della preziosissima presenza del
Santo Padre, per spiegare un po’ meglio il perché, cioè qual è la visione di fondo che muove la nostra azione.
La nostra azione parte da un punto
fondamentale: la denatalità non dipende
solo da questioni materiali, certo c’è anche questo, è inevitabile, dipende
dalla retribuzione, dai servizi, dagli asili, dalla sanità, dall’armonizzazione
soprattutto per le donne tra vita e lavoro ma
dipende anche, e tanto, dalla capacità che una società ha di percepirsi come
vitale. Di immaginare il proprio futuro, di “pensarsi” nei decenni a
venire, di saper guardare oltre il qui e ora.
Questo a noi è mancato. Questa è la nostra prima e più grande sfida. È una sfida che vogliamo portare avanti non
con l’impostazione dirigista, e fallimentare, di chi ci ha detto in passato
che, per esempio, con un decreto si potevano creare dal nulla posti di lavoro e
ricchezza. No, noi vogliamo cogliere questa sfida con un approccio
diverso. Quell’approccio è l’approccio sussidiario. L’approccio di chi
crede che il compito dello Stato sia creare le condizioni favorevoli, con
l’ambiente normativo e soprattutto sul piano culturale, alla famiglia,
all’iniziativa, al lavoro e allo sviluppo. Un ambiente che preferisca l’assistenza, intesa come cura
dei più fragili, all’assistenzialismo; un ambiente orientato a migliorare le
condizioni di chi sta peggio e non a peggiorare quelle di chi sta già così; un
ambiente che consideri la genitorialità un valore aggiunto per tutti e un
investimento per il futuro e non una sorta di capriccio o di privilegio.
Noi vogliamo promuovere una nuova vitalità della nostra società. Lo vogliamo
fare con gli strumenti normativi, sostenendo le buone pratiche, lo vogliamo
fare sul piano culturale. E qui si dirà: “Ma allora volete uno Stato etico!”. No, non vogliamo uno Stato etico.
Noi, al contrario, vogliamo uno Stato che accompagni e non diriga,
vogliamo credere nelle persone, vogliamo scommettere sugli italiani, vogliamo
scommettere sui giovani - qui ce ne sono tanti -, sulla loro fame di futuro.
Sulla loro capacità di comprendere che il destino e quello che avranno nella loro vita dipende in gran parte da loro, dalla loro volontà. Noi dobbiamo, certo, costruire le precondizioni che sono necessarie a tutti per avere il massimo, ma quel massimo dipenderà anche dalla propria forza di volontà. Crediamo che l’ottimismo, l’entusiasmo, la positività, siano la più potente benzina che si può mettere nel motore in qualsiasi società. E liberare le energie delle persone è la giusta chiave per superare le crisi del nostro tempo.
A me ha colpito moltissimo la lettura che sua Santità ha dato del concetto di “crisi”. Dice il Santo Padre che la crisi non ha una connotazione di per sé negativa. E del resto la parola crisi viene dal greco ‘krisis’, scelta, o ‘krino’, distinguere. Così la crisi richiede quel tipico lavoro di setaccio che pulisce il chicco di grano dopo la mietitura, che consente di scegliere, separando, che consente di eliminare le scorie, ed è la condizione necessaria che poi permette al chicco di grano di essere macinato e diventare farina e pane. La trovo una metafora potentissima, Santità. Che ci dice che dove non c’è crisi non c’è vita, non c’è rinascita, se lo leggo correttamente, perché la crisi è il motore dell’azione, è il motore della scelta ed è in qualche modo il motore della responsabilità. E allora le crisi sono anche una grande occasione. E se lo sono per ciascuno di noi, a maggior ragione lo sono per i popoli nel loro complesso. E a maggior ragione lo sono per chi delle scelte deve fare la sua quotidianità, come chi una Nazione o un popolo è chiamato a governarli.
Liberare le migliori energie delle persone e della comunità nazionale è la nostra scelta per rendere più forte l’Italia. Ovviamente la famiglia è fondamentale in questo disegno, perché non c’è energia più autentica di quella che la famiglia sprigiona.
Noi vogliamo restituire agli italiani la certezza e l’orgoglio di vivere in una Nazione capace di solidarietà e in grado di guardare al futuro. Una Nazione nella quale le persone abbiano voglia di fare, di mettere a frutto i loro talenti, di realizzare sé stesse e di aiutare chi realmente è in difficoltà. Una Nazione che metta da parte quella paura e quel sentimento di malinconia, che è stato descritto anche in un recente rapporto del Censis.
La storia del popolo italiano non è una storia fatta di malinconia. La storia del popolo italiano è una storia fatta di grandi imprese, di creatività, di risultati che hanno impressionato il mondo e quella è l’Italia che noi vogliamo incoraggiare. Quella è l’Italia che noi vogliamo tornare a vedere e a vivere, nella quale vogliamo tornare a essere protagonisti.
Vogliamo restituire agli italiani una
Nazione nella quale essere padri non sia fuori moda ed essere madri non sia una
scelta privata, ma un valore socialmente riconosciuto. Una Nazione nella quale tutti, uomini e donne, riscoprano la bellezza
di diventare genitori, di accogliere, custodire e nutrire un figlio. Una
Nazione nella quale fare un figlio è una cosa bellissima che non ti toglie
niente, che non ti impedisce di fare niente e che ti dà tantissimo.
Per decenni, e vado alla conclusione, la cultura dominante ci ha detto il
contrario ed io penso che sia arrivato il momento di invertire la tendenza. Noi
vogliamo una Nazione nella quale non sia più scandaloso dire che, qualsiasi
siano le legittime scelte e le libere inclinazioni di ciascuno, siamo tutti
nati da un uomo e una donna. Nella quale non sia un tabù dire che la maternità
non è in vendita, che gli uteri non si affittano, che i figli non sono prodotti
da banco, che puoi scegliere sullo scaffale come se fossi al supermercato e
magari restituire se poi il prodotto non corrisponde a quello che ti
aspettavi.
Vogliamo ripartire dal rispetto della dignità, dell’unicità, della sacralità di ogni singolo essere umano, perché ognuno di noi ha un codice genetico unico e irripetibile e questo, piaccia o no, ha del sacro. Vogliamo affrontare questa sfida con gli occhi della realtà e il motore della visione, non vogliamo infilare la camicia di forza dell’ideologia.
Papa Francesco, fra le tante parole bellissime che ci ha consegnato, ci ha detto che “la famiglia è la storia da cui proveniamo”, una storia “intessuta di legami” che hanno formato assai più dei beni materiali le persone che siamo. E se tutti noi proveniamo da un legame, anche se talvolta imperfetto, anche se talvolta reciso, o ammaccato, dalle vicende della vita, è importante che questo legame a sua volta si trasmetta, che il fluire delle generazioni non si interrompa, che le nostre comunità sappiano essere solidali e vitali.
Vincere l’inverno demografico, ci ha detto Papa Francesco, significa combattere qualcosa che va contro le nostre famiglie, contro la nostra Patria, e anche contro il nostro futuro. Santità, noi amiamo le nostre famiglie, amiamo la nostra Patria, crediamo nel nostro futuro. E faremo fino in fondo la nostra parte.
Vi ringrazio.
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