lunedì 22 gennaio 2024

EGUALITARISMO: NON IN NOME DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Mons. Giampaolo Crepaldi

 GEN 2024

Pubblichiamo l’editoriale del “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” n. 4 (2023) dedicato a “Egualitarismo: palla al piede della modernità politica“.

La Dottrina sociale della Chiesa parla di uguaglianza tra gli uomini, ma non parla mai di egualitarismo. Parla di giustizia, ma la giustizia è dare a ciascuno il suo, il che presuppone che ci sia una diversità tra coloro che si attendono giustizia.

La Dottrina sociale della Chiesa parla di destinazione universale dei beni, ma non la intende come la distribuzione della stessa fettina di torta ad ogni uomo, indipendentemente da tutto il resto, come se fosse un sussidio universale privo di criteri applicativi.

La Dottrina sociale non ha mai accettato la democrazia moderna intesa come egualitarismo elettorale capace di determinare il bene e il male, il giusto e l’ingiusto. Perfino nella famiglia, la società naturale più ugualitaria nel senso che si fonda sull’amore, essa riscontra una “autorità”, quella paterna, che quindi gerarchizza i rapporti.

Nella sua concezione della proprietà privata, la Dottrina sociale non ha mai ceduto al collettivismo socialista o comunista, non ha mai pensato che lo Stato debba essere unico proprietario in modo da garantire così l’eguaglianza economica assoluta dei cittadini, non ha mai ritenuto che l’eguaglianza consistesse nell’essere una massa di pecore obbedienti. Essa ha anche criticato lo Stato assistenziale che deresponsabilizza la persona e i corpi sociali, incaricandosi di provvedere a tutti i bisogni pubblici dei cittadini tramite elargizioni a pioggia e servizi sociali invasivi.

La Dottrina sociale della Chiesa non ha mai ritenuto che i cittadini siano dei puri individui irrelati, astratti, sommabili tra loro perché identici, costituenti una massa indistinta e tutta uguale posti in modo allineato ed egualitario davanti al potere, ma ha sempre parlato di società naturali, di gruppi intermedi, di organicità e soggettività della società civile, vale a dire di armonica diversità e di organica pluralità.

La Dottrina sociale della Chiesa non ha mai detto che tutte le opinioni sono uguali, che nessuna debba essere censurata anche quando è diseducativa, che i cattivi maestri debbano avere nello spazio pubblico lo stesso posto in cattedra dei buoni maestri, che le libertà moderne debbano essere considerate assolute, che diseducare sia uguale che educare, che corrompere abbia lo stesso valore di rendere virtuosi. Non ha nemmeno detto che maschio e femmina siano due modalità indifferenti, scambiabili, tra le quali si possa scegliere senza alcun riferimento a differenze complementari di natura e non ha mai sostenuto che il potere pubblico debba riconoscere per legge il diritto a scegliere, secondo le percezioni di sé di carattere psicologico, se essere uomo o donna, applicando il principio di autodeterminazione.

Questo principio è oggi alla base dell’egualitarismo, nonostante sembri il riconoscimento del pluralismo. Esso, infatti, rende tutte le scelte uguali, tutte dotate di un valore, tutte da accettare e da disciplinare, tutte da difendere e garantire.

L’autodeterminazione rende insignificanti i contenuti, assolutizza la scelta e quindi rende le scelte tutte uguali. La scelta si qualifica per la bontà della cosa scelta, bontà che non deriva dalla scelta, ma l’egualitarismo etico odierno qualifica la scelta solo per se stessa, e quindi tutte le scelte sono buone, perché nessuna ha un senso indipendente dalla scelta stessa.

L’egualitarismo qui diventa relativismo assoluto, ossia nichilismo. Le nostre società egualitarie scivolano verso il nulla. Se la dignità delle persone sta nel fatto di scegliere, e se qualsiasi scelta va messa quindi sullo stesso piano, si dovrà impedire che si possa scegliere che non tutte le scelte sono ammissibili. Ci sarà solo una scelta forzatamente impedita, quella che sceglie che la scelta non è un assoluto. Da qui il totalitarismo dell’egualitarismo, che impone il relativismo e l’uguaglianza di tutto con tutto e di tutti con tutti.

Le società egualitariste sono sempre state totalitarie, dai Falansteri di Fourier alle Comuni cinesi.

 Lo sono anche le società liberali postmoderne per le quali tutto deve essere accettato e collocato alla pari come su uno scaffale di un supermercato, salvo poi, però, mettere cartellini con il prezzo molto diversi tra loro. Se non ci sono differenze e tutto è uguale, l’unica differenza rimane quella fondata sulla forza, anche economica. Se tutto è uguale, allora tutto si può comperare e vince chi si può permettere spese maggiori.

La Dottrina sociale della Chiesa non ha mai sostenuto che la morte e la vita siano la stessa cosa, e che tra convivenze di fatto eterosessuali, convivenze omosessuali, matrimoni civili e famiglie fondate sul matrimonio religioso si sia una indifferenza di fondo. Una famiglia in cui i genitori sono divorziati è una famiglia spezzata nel dolore e non può essere considerata uguale ad una famiglia unita nell’amore. Tra figli e animali non è la stessa cosa, il modo con cui si concepisce un figlio non è qualcosa di indifferente, l’esercizio della sessualità non è intercambiabile e diversamente funzionale.

Le religioni non sono tutte uguali, la ragione e le emozioni non sono ugualmente capaci di darci la verità come può fare l’intelletto, le morali personali e pubbliche non hanno tutte diritto alla stessa udienza, le migrazioni non devono produrre una società multireligiosa e multiculturale omogeneizzata e forzatamente egualitarista, proprio perché le religioni non sono tutte uguali.

S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi

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https://vanthuanobservatory.com/2023/12/13/egualitarismo-palla-al-piede-della-modernita-politica-bollettino-4-2023/


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