martedì 13 febbraio 2024

NON BASTA UNA DELIBERA PER INVENTARSI UN DIRITTO ALLA MORTE (CHE NON C’È)

 Molte Regioni italiane, in una folle rincorsa, considerano di assoluta urgenza approvare una normativa sul cosiddetto "fine vita".

La guerra infuria in molte parti del mondo,  milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case a causa della guerra e soffrono e muoiono per la fame e per la sete.

Eppure l'urgenza è favorire la morte alle persone che lo chiedono trascurando tutte le possibilità che potrebbero esserci per scongiurare questo evento.

Il comportamento del Governatore Bonaccini, in spregio ad ogni consuetudine democratica, è veramente scandaloso perché rifiuta un libero dibattito in aula per paura di una sconfitta (quasi certa) come è accaduto in Veneto. Ma può una delibera amministrativa scavalcare la carenza di una legge che non c’è non per caso, ma perché una maggioranza democraticamente eletta non la vuole?

L'Emilia Romagna prevede un comitato etico territoriale costituito ad hoc del tutto in contrasto con la normativa vigente (COREC), e linee di indirizzo per le ASL molto dettagliate:  la richiesta di suicidio deve essere valutata in un massimo di 42 giorni. Questo il cammino previsto a tappe forzate:

Il Governatore Bonaccini

La richiesta del paziente viene trasmessa entro 3 giorni alla Commissione di valutazione;entro 20 giorni prime visite e relative valutazioni;entro i successivi 7 giorni il parere etico del COREC;entro 5 giorni la relazione conclusiva viene consegnata al paziente

Una precisione millimetrica che vorremmo fosse applicata ad ogni altra richiesta dei pazienti, cominciando da quelli che invece vogliono vivere e aspettano mesi per ottenere un approfondimento diagnostico o un intervento chirurgico o un piano di assistenza domiciliare, compreso l’accesso alle cure palliative. Sembra proprio che morire sia assai più facile che vivere e Bonaccini si candida ad essere il traghettatore dei desideri di morte dei pazienti, ma non certo dei desideri di chi vuole vivere di più e meglio, contando sulle risorse del SSN. Eppure il primo comma dell’articolo 32 della nostra Costituzione parla di diritto alle cure e non certamente di un ipotetico e inesistente diritto alla morte.

Ad un accanimento che pone al centro la morte non corrisponde un equivalente accanimento per garantire le cure palliative che fanno diminuire di 10 volte le richieste di suicidio. Il suicidio assistito è diventata una richiesta identitaria della sinistra, ma tutti sanno che diventerà presto una apertura alla eutanasia, come è accaduto in altri Paesi.

Ma ci chiediamo dove sono i cattolici che hanno votato e voteranno PD perchè lo considerano il Partito della solidarietà e della accoglienza? Perchè si rintanano nel silenzio quando è in gioco la vita,quando la dignità della persona viene violata e non prendono posizione ? Hanno letto l’intervento immediato del Card. Zuppi?

Il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna ha detto: “Un secco ’no’ a qualsiasi legge o

Cardinale matteo Zuppi

delibera che consenta il suicidio assistito”.
 «La vita va protetta con cure adeguate, vanno garantire anche le terapie palliative». «Gli impianti giuridici che stabiliscono il diritto alla morte sono degli inganni e sono di dubbia validità – spiega senza giri di parole Zuppi, parlando a una assemblea di fedeli, composta da malati e dalle persone che se ne prendono cura, nel corso della Trentaduesima giornata mondiale del malato (11 febbraio 2024) facendo riferimento al messaggio dal titolo “Non è bene che l’uomo sia solo”, di papa Francesco – La questione non è tanto confessionale quanto laica. L’umanesimo su cui si basa la nostra società ci porta a concludere che esisterà sempre e solo un diritto alla cura. Del resto, la sofferenza la si affronta cancellando il dolore e non spegnendo la vita. Quest’ultima va protetta con cure adeguate che diano dignità fino alla fine e che non si riducano alla mera prestazione sanitaria. Occorre ricostruire quell’alleanza terapeutica tra medici, familiari e malattia indispensabile affinché nessuno sia lasciato solo o si senta solo».

IL CROCEVIA

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