8 gennaio 2011 ILFOGLIO.IT
Un conto è la storia dei copti, altro dire che la colpa
è del sionismo
è del sionismo
Così, se si può concordare con Messori che concorda con al Tayeb che “l’attentato non è contro i cristiani ma contro l’Egitto intero”, non è accettabile l’affermazione che “tutti i governi di tutte le nazioni islamiche sono sotto lo tsunami che ha avuto come detonatore l’intrusione violenta del sionismo che è giunto a porre la sua capitale a Gerusalemme”. E che questa, o peggio solo questa, sia la causa scatenante di un “panislamismo” che intende istaurare la grande Umma. Senza nemmeno ricordare che i danni alla convivenza iniziarono con il panarabismo laico, ben prima che il termine Umma tornasse di moda. Inaccettabile dire che “se la diagnosi è questa, ci sono ‘cure’, come quelle alla Bush, che aggravano ed esasperano il male”. E’ come sostenere che i cristiani del medio oriente, sono vittime del sionismo e di Bush, e non di al Qaida.
Questa è pura antistoria. Ma c’è un altro aspetto su cui l’intellettuale cattolico dovrebbe riflettere. Se è pur vero che i copti, e gli altri cristiani del medio oriente, non nutrono particolare simpatia per gli ebrei né per il sionismo, sancire che questa sia l’unica prospettiva attraverso cui i cristiani oggi perseguitati dall’islamismo (non dagli ebrei), possono guardare le cose, significa sconfessare quella grande visione delle radici giudaico-cristiane che, fin dal Concilio, è il faro della visione cattolica del rapporto tra i monoteismi. Alla fine, travolti dalla flottiglia ideologica di Messori, i copti sono vittime due volte: dell’islamismo e dell’esclusione dalla storia del cristianesimo.
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