Una nota introduttiva su Alberto Melloni
Professore di Storia del Cristianesimo, ed editorialista del Corriere della Sera, è anche il Direttore della Fondazione delle Scienze Religiose di Bologna, cattolico adulto, discepolo di Dossetti e di Alberigo, di cui è il successore, espressione di un gruppo (i cattolico-democratici) sempre più marginale quanto a consenso elettorale ma ancora egemone in qualche giornale e università.
Melloni è sempre stato un duro critico della Chiesa-Istituzione, e delle posizioni assunte dal Papa in vari campi, ritenendolo un conservatore poco illuminato, e un freno alla ricchezza del Popolo di Dio. Ha sempre duramente avversato CL e tutti coloro che non condividono le sue idee, in miriadi di articoli, spesso dispregiativi acidi e sarcastici, che spaziano su tutti i campi della storia e della politica. Melloni è la punta avanzata di una offensiva intra-cattolica, che nel marzo scorso, ha scoperto le carte: la risposta vera alla crisi della pedofilia è indire un Concilio Vaticano III, richiamando il discorso del card. Carlo Maria Martini nel sinodo 1999. L'opera storica di Alberto Meloni è stata criticata da papa Benedetto XVI, proprio in merito all’interpretazione del Concilio. Mentre il Papa sostenitore dell'ermeneutica della continuità, Melloni è un esponente dell'ermeneutica della rottura.Leggi lo straordinario intervento di Benedetto XVI del dicembre 2005, pietra miliare dell’interpretazione cattolica del Concilio, dove verso la metà del discorso inizia a parlare del Concilio:
Gli Zelanti e Irrispettosi Cattolici che Cercano d' Influenzare il Papa
L' obbedienza soprannaturale dovuta al Papa può essere offesa sia con la esplicita ribellione al suo ministero d' unità sia con quello zelo untuoso e cortigiano che cerca di impossessarsi di qualche brandello del suo magistero per bastonare coloro che la pensano diversamente.
Quando quest' ultima tendenza si fa prendere la mano diventa adulazione intimidatoria, un ricatto laudativo. Come accade alla lettera aperta pubblicata ieri dal Foglio con la quale si domanda a Benedetto XVI di disertare l' incontro dei capi delle Chiese cristiane con i leader delle religioni mondiali che egli stesso ha annunciato pochi giorni fa. L' appello, firmato da alcuni zelanti cattolici italiani, si dilunga per spiegare a Ratzinger l' orrore sincretistico della preghiera del 1986, l' incremento da essa dato al relativismo e il vantaggio concesso ai cattolici che, a sentire gli estensori, non riconoscerebbero in Gesù Cristo il Salvatore.
Spiegano al Pontefice che l' evento di Assisi nascondeva una communicatio in sacris e fa dell' atto del beatificando Wojtyla esempio di scuola di una ricezione accrescitiva del Vaticano II e della Nostra ætate, una insensatezza o eretica o stupida.
Non ultimo i firmatari ricordano al Pontefice di oggi che chi marcò alcuni distinguo, fu l' allora cardinal Ratzinger: e così continuano un gioco già visto e sgradevole che riduce incisi e finezze del teologo tedesco a un assenso tardivo alle «ragioni» degli incontentabili tradizionalisti.
Questa tentata intimidazione, forse non priva di qualche sponda interna alle congregazioni di curia, ha obiettivi chiari. Non potendola impedire, punta a rendere minimale in termini quantitativi e qualitativi la presenza di Benedetto XVI ad Assisi. Spera d' ottenere un inciso del discorso papale, da usare ad nauseam come una sanzione contro coloro che detestano non nel vasto mondo della ricerca di Dio, di cui Abramo, il nomade ospitale, è icona, ma dentro la Chiesa cattolica.
Mossa audace e sbagliata: chi l' ha congegnata o ispirata deve oggi sperare che quell' appello minaccioso non arrivi al Papa. Basta conoscere un poco della vita, della parabola teologica, della personalità intellettuale di Joseph Ratzinger per sapere che nessun conformismo gli ha mai legato le mani: perché mai dovrebbe riuscire questa volta? Alberto Melloni
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13 gennaio 2011
Risposta a Melloni, fratello censore
Firmatari dell’appello al Papa su Assisi replicano all’intimidazione
Tra i firmatari dell’appello c’è Francesco Agnoli. Dice: “E’ strano che Melloni, paladino d’un cattolicesimo non propriamente ‘istituzionale’, critichi coloro che, con rispetto, pongono domande. Che ricorra a una presunta disobbedienza, rispetto a temi che non c’entrano nulla con essa. E lo fa condendo il tutto non con argomenti, che mancano, quanto con aggettivi pesanti, veramente poco caritatevoli, con un odio malcelato tipico dei tolleranti di professione. Pronti a sbranare il fratello cristiano mentre predicano l’ecumenismo con i lontani. Noi abbiamo solo posto una domanda: non è che andando ad Assisi si corre il rischio di interpretazioni sincretiste? La domanda mi sembra legittima”.
Assisi, in effetti, qualche domanda l’ha suscitata. Dice Agnoli: “Già Pio XII si rifiutò di dare il consenso a un raduno interreligioso, proprio in quella città. Nel 1986 Ratzinger non andò ad Assisi. Ci andò dopo aver scritto la ‘Dominus Iesus’, e in una circostanza diversa. Il cardinale Giacomo Biffi, da arcivescovo di Bologna, sollevò diverse riserve in merito. Insomma, argomenti che suscitano domande ce ne sono. Per questo non capisco Melloni. E non capisco certe critiche provenienti dalla ‘destra’ cattolica. Già, perché mi sembra che ci sia anche un mondo cosiddetto conservatore che non ha idea di cosa sia la libertas del cristiano. La chiesa non è una prigione: i paletti sono il dogma, la verità, e, molto dopo, il rispetto. Siamo liberi di porre domande intorno all’opinabile, non alla Rivelazione. La storia della chiesa degli ultimi due secoli è piena di scivoloni mediatici, compiuti dai Papi, o dalle loro curie (che non di rado hanno spinto dei Pontefici dove costoro non volevano andare). Oggi Assisi significa, per la gente, una cosa: il Papa che prega assieme ai rappresentanti di altre religioni un presunto ‘unico Dio’. E’ un’immagine che mina l’idea della dottrina che il Cristo sia il Salvatore. L’incontro di Assisi dell’86 mi impressionò. Il messaggio che passava era che ci si poteva salvare anche grazie alle altre religioni. Mentre la chiesa dice che tutti si possono salvare, ma non in quanto panteisti, animisti, musulmani ecc., ma in quanto fedeli alle leggi poste nel cuore dell’uomo dal Creatore. Io credo che dopo la ‘lectio’ di Ratisbona sia successo qualcosa. Credo che nella curia romana ci sia chi spinge il Papa in certe direzioni… altrimenti non si capirebbe un certo cambio di passo. Oggi che il fondamentalismo islamico stermina i cristiani, non è più chiaro che il Dio dei cristiani è diverso da quello della ‘guerra santa’? Oggi che gli induisti bruciano i cristiani perché non credono alle caste e professano l’uguaglianza tra gli uomini, non è evidente la differenza tra Cristo e le divinità indù? Sono presuntuoso, come dice qualcuno? Beato medioevo, quando tra cattolici si poteva discutere, nella fedeltà a Cristo e alla chiesa”.
Discutere è ciò che vuole fare un altro firmatario dell’appello, Roberto de Mattei. “L’appello è una domanda aperta. Non è un’accusa nei confronti di nessuno. Assisi, tra l’altro, non è un evento dottrinale ma è un esercizio di governo. Nel 1986 ero ad Assisi. Ricordo le chiese cattoliche divenute sede di riti animisti. L’evento fu talmente catastrofico che poi Ratzinger cercò di riparare. Non a caso la sua posizione ecumenica fu fortemente diversa da quella del cardinale Walter Kasper. E’ questa diversità che speriamo il Papa metta in campo ad Assisi. Perché la prima Assisi, quella del 1986, con tutto l’impatto mediatico che ebbe, fu un disastro”.
Leggi anche l’intervento apparso sul Foglio di Francesco Agnoli, Lorenzo Bertocchi, Roberto de Mattei, Corrado Gnerre, Alessandro Gnocchi, Camillo Langone, Mario Palmaro, Luisella Scrosati, Katharina Stolz
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