Il cardinale: "L'Europa è stanca". E parla del giorno festivo
come "provocazione a riscoprire una vita a misura d'uomo"
Milano - «Domenica sempre aperto? Ma anche no!» è uno degli slogan della
campagna «Libera la domenica», lanciata da Confesercenti con il sostegno della
Conferenza episcopale italiana.
Alla battaglia per far tornare la domenica un giorno di festa non fa
mancare sostegno il cardinale Angelo Scola.
Parla della festa come «provocazione a ritrovare una vita a misura d'uomo».
Lancia un appello a chi decide su lavoro e riposo, orari di aperture e
chiusure: «L'urgenza del momento presente della politica italiana non trascuri
questi aspetti».
«Il riposo non può non avere una dimensione relazionale e sociale. Non ha senso che in una famiglia il padre riposi la domenica, la madre il giovedì e il figlio il venerdì. Non sarebbe un segno di civiltà» osserva l'arcivescovo di Milano. E ancora: «Da qui l'istanza di poter riposare in famiglia». Siamo alla conferenza stampa di presentazione di «Ricordati di santificare le feste», l'iniziativa che sabato 8 giugno animerà la serata milanese in piazza del Duomo con musiche, show, conferenze, nel nome del terzo comandamento. Tema attuale e particolarmente legato a Milano, che è un po' la capitale dei consumi, dello shopping, dell'attività lavorativa febbrile.
«Liberare la domenica è un impegno giusto e un'impresa giusta» dice Scola. «Si può studiare come farlo» aggiunge, citando i casi del Libano e di Israele. Il rispetto del sabato in Israele è universalmente noto, meno lo è il dibattito per aggiungere anche la domenica come giorno di riposo. Nella gran parte del Libano, compresa Beirut, il riposo è tradizionalmente stabilito nei giorni di sabato e domenica.
«La caduta nel generico del week end» e «la perdita del senso festivo della domenica» è «uno non degli ultimi motivi per cui l'Europa è stanca». Il cardinale è cioè convinto che «la stanchezza dell'Europa», tema su cui lui insiste con regolarità, sia collegata anche alla mancanza di equilibrio tra i diversi aspetti della vita: «Sulla santificazione della festa, sul riposo, è in gioco il senso della vita nella sua globalità. La vita non è riducibile a una sola dimensione. Ci sono dimensioni costitutive dell'esistenza di ciascuno di noi che vanno sempre tenute presenti. Io di solito nella vita di tutti i giorni ne identifico tre: gli affetti, il lavoro e il riposo».
Entra nella relazione tra il lavoro, gli affetti e la festa: «Il riposo, la festa, hanno la funzione di riequilibrare il nesso tra lavoro e affetti. Un nesso non scontato. Basta riflettere sui nostri rientri serali, in cui la persona si mette in pantofole ed è se stessa». Come spiega la grande tradizione benedettina, non solo lavoro: «L'uomo deve saper ritmare il tempo con l'ora et labora, prega e lavora». E il riposo ritma questi aspetti, dà loro la possibilità di esistere in armonia.
Scola sottolinea la differenza tra la festa e il week end. Ricorda la tradizione cristiana dell'Europa: «Per noi la festa trae la sua fisionomia dalla parola Domenica, Dominica dies, il giorno del Signore, e ha come primo riferimento l'apertura a Dio». Un senso profondo e totalizzante, come ricorda la vicenda dei martiri di Abilene citata dall'arcivescovo: quarantanove cristiani guidati da Saturnino che all'inizio del IV secolo preferirono morire piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore.
La sfida dell'oggi è cominciare a far tornare la Domenica nella vita.
«Il riposo non può non avere una dimensione relazionale e sociale. Non ha senso che in una famiglia il padre riposi la domenica, la madre il giovedì e il figlio il venerdì. Non sarebbe un segno di civiltà» osserva l'arcivescovo di Milano. E ancora: «Da qui l'istanza di poter riposare in famiglia». Siamo alla conferenza stampa di presentazione di «Ricordati di santificare le feste», l'iniziativa che sabato 8 giugno animerà la serata milanese in piazza del Duomo con musiche, show, conferenze, nel nome del terzo comandamento. Tema attuale e particolarmente legato a Milano, che è un po' la capitale dei consumi, dello shopping, dell'attività lavorativa febbrile.
«Liberare la domenica è un impegno giusto e un'impresa giusta» dice Scola. «Si può studiare come farlo» aggiunge, citando i casi del Libano e di Israele. Il rispetto del sabato in Israele è universalmente noto, meno lo è il dibattito per aggiungere anche la domenica come giorno di riposo. Nella gran parte del Libano, compresa Beirut, il riposo è tradizionalmente stabilito nei giorni di sabato e domenica.
«La caduta nel generico del week end» e «la perdita del senso festivo della domenica» è «uno non degli ultimi motivi per cui l'Europa è stanca». Il cardinale è cioè convinto che «la stanchezza dell'Europa», tema su cui lui insiste con regolarità, sia collegata anche alla mancanza di equilibrio tra i diversi aspetti della vita: «Sulla santificazione della festa, sul riposo, è in gioco il senso della vita nella sua globalità. La vita non è riducibile a una sola dimensione. Ci sono dimensioni costitutive dell'esistenza di ciascuno di noi che vanno sempre tenute presenti. Io di solito nella vita di tutti i giorni ne identifico tre: gli affetti, il lavoro e il riposo».
Entra nella relazione tra il lavoro, gli affetti e la festa: «Il riposo, la festa, hanno la funzione di riequilibrare il nesso tra lavoro e affetti. Un nesso non scontato. Basta riflettere sui nostri rientri serali, in cui la persona si mette in pantofole ed è se stessa». Come spiega la grande tradizione benedettina, non solo lavoro: «L'uomo deve saper ritmare il tempo con l'ora et labora, prega e lavora». E il riposo ritma questi aspetti, dà loro la possibilità di esistere in armonia.
Scola sottolinea la differenza tra la festa e il week end. Ricorda la tradizione cristiana dell'Europa: «Per noi la festa trae la sua fisionomia dalla parola Domenica, Dominica dies, il giorno del Signore, e ha come primo riferimento l'apertura a Dio». Un senso profondo e totalizzante, come ricorda la vicenda dei martiri di Abilene citata dall'arcivescovo: quarantanove cristiani guidati da Saturnino che all'inizio del IV secolo preferirono morire piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore.
La sfida dell'oggi è cominciare a far tornare la Domenica nella vita.
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