Una grande rivoluzione sta
silenziosamente giungendo al suo epilogo in Europa. Una rivoluzione della
mentalità e del costume collettivi che segna una gigantesca frattura rispetto
al passato: la rivoluzione antireligiosa. Una rivoluzione che colpisce
indistintamente il fatto religioso in sé, da qualunque confessione
rappresentato, ma che per ragioni storiche, e dal momento che è dell'Europa che
si parla, si presenta come una rivoluzione essenzialmente anticristiana.
Ormai,
non solo le Chiese cristiane sono state progressivamente espulse
quasi dappertutto da ogni ambito pubblico appena rilevante, non solo
all'insieme della loro fede non viene più assegnato nella maggior parte del
continente alcun ruolo realmente significativo nel determinare gli orientamenti
delle politiche pubbliche - non solo cioè si è affermata prepotentemente la
tendenza a ridurre il cristianesimo e la religione in genere a puro fatto
privato - ma contro il cristianesimo stesso, a differenza di tutte le altre
religioni, appare oggi lecito rivolgere le offese più aspre, le più sanguinose
contumelie.
Ecco
alcuni esempi, tra gli innumerevoli che potrebbero farsi, di quanto
sto dicendo (tratti in parte da una dettagliata denuncia pubblicata su un
recente numero di Avvenire ). In Irlanda le chiese sono obbligate ad affittare
le sale per le cerimonie di loro proprietà anche per ricevimenti di nozze tra
omosessuali; a Roma, nel corso del concerto del Primo Maggio un cantante ha
mimato il gesto rituale della consacrazione dell'ostia durante l'eucarestia
avendo però tra le mani un preservativo al posto dell'ostia; in Danimarca il
Parlamento ha approvato una legge che obbliga la Chiesa evangelica luterana a
celebrare matrimoni omosessuali nonostante un terzo dei ministri di questa si
siano detti contrari; in Scozia due ostetriche cattoliche sono state obbligate
da una sentenza a prendere parte a un aborto effettuato dalle loro colleghe,
mentre dal canto suo l'Ordine dei medici inglese ha stabilito che i medici
stessi «devono» essere preparati a mettere da parte il proprio credo personale
riguardo alcune aree controverse.
Ancora: in un recente video di
David Bowie, in cui la celebre rockstar è abbigliato in modo che ricorda
Gesù, la scena mostra un prete che dopo aver percosso un mendicante entra in un
bordello e qui seduce una suora sulle cui mani subito dopo si manifestano le
stigmate; in Inghilterra, a un'infermiera è stato proibito di portare una croce
al collo durante l'orario di lavoro, mentre una piccola tipografia è stata
costretta ad affrontare le vie legali per essersi rifiutata di stampare
materiale esplicitamente sessuale commissionatole da una rivista gay; in
Francia, in base alla legislazione vigente, è di fatto impossibile per i cristiani
sostenere pubblicamente che le relazioni sessuali tra persone dello stesso
sesso costituiscono secondo la loro religione un peccato. E così via in un
profluvio impressionante di casi (per informarsi dei quali non c'è che andare
sul sito wwww.intoleranceagainstchristians.eu ).
Senza
contare che ormai in quasi tutti i Paesi europei, al fine proclamato
di impedire qualunque pratica discriminatoria, è stata cancellata l'erogazione
di fondi alle istituzioni cristiane, così come è stata cancellata la clausola a
protezione della libertà di coscienza nelle professioni mediche e paramediche.
Non si contano infine in tutte le sedi più o meno ufficiali, a cominciare da
quelle scolastiche, i casi di cancellazione, a proposito delle relative
festività, della parola Natale, sostituito dal neutrale «vacanze invernali» o
simili.
Ce n'è
abbastanza da suscitare la preoccupazione di qualunque
coscienza liberale. Qui infatti non si tratta tanto di cristianesimo, di
Chiesa, o di religione, bensì di qualcosa di ben più importante: si tratta di
libertà. E di storia. Di consapevolezza cioè che in Europa la libertà religiosa
ha rappresentato storicamente l'origine (e la condizione) di tutte le libertà
civili e politiche. Essere assolutamente liberi di adorare il proprio Dio, di propagarne
la fede, di osservarne i comandamenti, di aderire alla visione del mondo e al
senso dell'esistere che questi definiscono, di praticarne pubblicamente il
culto; ma anche naturalmente essere libero di non avere alcun Dio e alcun
culto: da qui è partito il cammino della libertà europea. E c'è bisogno di
ricordare che si è trattato del Dio cristiano?
La libertà religiosa vuol dire
alla fine null'altro che la libertà della coscienza, cioè il non essere
obbligati per nessuna ragione ad abbracciare idee o comportamenti contrari ai
dettami accettati nel proprio foro interiore. Che è appunto la libertà di
autodeterminarsi: e pertanto anche di parlare, di scrivere, di discutere a
sostegno delle proprie convinzioni, così come di ascoltare quelle altrui e magari
farsene convincere.
Insomma, libertà religiosa da un lato e dall'altro libertà di opinione e di parola - che sono i due pilastri della libertà politica - vanno all'unisono. È innanzi tutto da questo punto di vista, dunque, che è quanto mai preoccupante il fatto che oggi, in Europa, in molti luoghi e per molti versi, la libertà dei cristiani appaia oggettivamente messa in pericolo. E non importa che ciò avvenga per il proposito di proteggere da supposte discriminazioni questa o quella minoranza. È anzi semplicemente paradossale, dal momento che nell'attuale panorama del continente sono i cristiani in quanto tali che appaiono una minoranza. Lo sono di certo - e massimamente i cristiani cattolici e la loro Chiesa - rispetto al mainstream dell'opinione e del costume dominanti e culturalmente accreditati.
Insomma, libertà religiosa da un lato e dall'altro libertà di opinione e di parola - che sono i due pilastri della libertà politica - vanno all'unisono. È innanzi tutto da questo punto di vista, dunque, che è quanto mai preoccupante il fatto che oggi, in Europa, in molti luoghi e per molti versi, la libertà dei cristiani appaia oggettivamente messa in pericolo. E non importa che ciò avvenga per il proposito di proteggere da supposte discriminazioni questa o quella minoranza. È anzi semplicemente paradossale, dal momento che nell'attuale panorama del continente sono i cristiani in quanto tali che appaiono una minoranza. Lo sono di certo - e massimamente i cristiani cattolici e la loro Chiesa - rispetto al mainstream dell'opinione e del costume dominanti e culturalmente accreditati.
Basta
vedere come nelle materie più scottanti alcuna voce autorevole,
riconosciuta generalmente come tale, si alzi quasi mai a sostegno del loro
punto di vista; come ogni accusa nei confronti loro e del loro clero raccolga
sempre larghissimo favore; come ogni attribuzione di responsabilità storica per
qualunque cosa negativa del passato, anche la più fantasiosa, sia invece sempre
di primo acchito giudicata fondatissima.
È forse ora che l'Europa che si dice e si vuole «Europa dei diritti» - ma che finisce troppo spesso per essere solo l'Europa del pensiero unico politicamente corretto - ricordi il celebre ammaestramento di una grande figlia dell'ebraismo rivoluzionario, Rosa Luxemburg. La quale si può presumere che come ebrea e rivoluzionaria sapesse bene ciò di cui parlava: «La libertà è sempre e solo la libertà di chi la pensa diversamente».
È forse ora che l'Europa che si dice e si vuole «Europa dei diritti» - ma che finisce troppo spesso per essere solo l'Europa del pensiero unico politicamente corretto - ricordi il celebre ammaestramento di una grande figlia dell'ebraismo rivoluzionario, Rosa Luxemburg. La quale si può presumere che come ebrea e rivoluzionaria sapesse bene ciò di cui parlava: «La libertà è sempre e solo la libertà di chi la pensa diversamente».
Ernesto Galli
della Loggia2 giugno 2013
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