GRANDE MESSAGGIO DEL
VESCOVO DOUGLAS REGATTIERI
ALLA CITTÀ DI CESENA
NELLA FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
NELLA FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
24 GIUGNO 2015
FAMIGLIA E' BELLO
Vi confesso, fratelli carissimi, che nel momento in cui mi
accingo a scrivere il messaggio per san Giovanni, tradizionalmente rivolto alla
Città, sento particolarmente forte la mia responsabilità di vescovo, per il
tema che desidero affrontare.
San Giovanni Battista, scultura di Leonardo Lucchi, Cesena |
1. LA PREOCCUPAZIONE DEL VESCOVO
La responsabilità che porto sulle mie spalle è accompagnata
da una preoccupazione che è, a sua volta, alimentata da almeno tre fattori:
1. dalle frequenti
sollecitazioni di papa Francesco che più volte si è rivolto a noi vescovi
invitandoci ad assumere atteggiamenti di prossimità verso la gente. Il papa ci
chiede di avere più franchezza e più coraggio. In fondo, ci chiede di essere
fedeli alla nostra missione di pastori, vicini alla gente, di pastori vigilanti
che sentono, vivono e condividono i problemi della gente;
2. da ciò che sta per
accadere nel nostro Paese (in tutto l’Occidente) o capiterà se certe leggi
andranno malauguratamente in porto sulla realtà della famiglia;
3. dal tema dell’anno
pastorale che stiamo per concludere. Pur volendo dare un taglio ‘laico’ a
questo messaggio (come è stato nelle mie intenzioni anche gli anni scorsi) non
posso tuttavia dimenticare, come pastore di questa Chiesa, che è dal settembre
2014 che concentriamo con particolare attenzione il nostro impegno su questa
tematica. La preoccupazione di portare
con consapevolezza la responsabilità pastorale che mi è stata affidata si
accresce ancora di più se penso ai disegni di legge che sono in Parlamento e
che costituiscono veramente dei progetti di sfaldamento della famiglia
naturale.
Mai come in questo
momento sento il dovere di vigilare, sorvegliare e svegliare. Uso
volutamente questi tre verbi, che in questo momento della vita sociale del
nostro paese sento particolarmente urgenti per il mio servizio di vescovo. Mi
lascio toccare dalla Parola di Dio, a cui non voglio sfuggire. Mi riferisco a
quanto ha vissuto anche san Paolo in un passaggio delicato della sua vita (mi
perdoni l’Apostolo di questo ardito confronto!), quando di notte in visione una
voce gli ha intimato: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché
io sono con te» (At 18, 9-10). E ancora, parlando agli anziani di Efeso: «Io so
che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno
il gregge» (At 20, 29). Credo che queste parole diano la misura del grave
pericolo che stiamo vivendo per il bene dei figli, delle famiglie e della
società.
2. COME SAN GIOVANNI
Nella festa di san Giovanni, mettendo al centro la figura
del Battista, ci sentiamo obbligati salutarmente a riascoltare le sue parole
quando sulle rive del fiume dove battezzava, rivolgendosi ai farisei e ai sadducei,
si scagliava contro il perbenismo e il formalismo religioso: «Razza di vipere…
non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”» (Mt 3,
8-9); o quando, smascherando la corruzione dei pubblicani e dei soldati, non
aveva paura di dire: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato…
Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre
paghe» (Lc 3, 13-14); ma soprattutto quando dal buio del carcere, dove Erode lo
aveva cacciato, gridava: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo
fratello» (Mc 6, 18). Come lui ha vegliato, sorvegliato e svegliato il popolo
che attendeva il Messia, così anche noi
ripetiamo: non è lecito a nessuno disgregare una istituzione naturale che è
alla base della società.
È la
ragione, prima ancora della fede, a darci le coordinate di un sentire condiviso
e di un’azione comune su questo punto. È la Costituzione italiana prima
ancora della Bibbia (che pur la precede di millenni) a mettere al centro della
vita sociale quello che essa chiama «società naturale fondata sul matrimonio»
(art. 29).
3«LA FAMIGLIA È SOTTO ATTACCO»
Il discorso sulla famiglia riguarda tutti. La famiglia viene
prima della rivelazione di Cristo. Ci
appartiene perché appartiene all’umanità; è un disegno iscritto nel cuore
dell’uomo, in quel progetto originario di cui ci parla il racconto della
creazione. Per sostenerla e difenderla non
invoco le motivazioni di fede derivanti dalla rivelazione di Dio, ma quelle
della ragione. È indubbio che stiamo assistendo a un vero e proprio attacco
alla famiglia. L’espressione è di papa Francesco, pronunciata davanti ai
giovani di Napoli (21 marzo 2015). Lo conferma ancora una volta la recente
approvazione del cosiddetto ‘divorzio breve’ da parte del Parlamento italiano.
Una pagina oscura della nostra storia parlamentare. Commentava, a questo
proposito, Domenico Delle Foglie dalle pagine del SIR, l’Agenzia di
informazione religiosa dei vescovi italiani: «È la vittoria di Zygmunt Bauman,
il sociologo polacco di origini ebraiche, padre della ‘modernità liquida’».
Con la teoria del gender.
Questa teoria afferma la separazione del sesso biologico dal
genere sessuale. Il genere non avrebbe più una base biologica, ma sarebbe pura
costruzione storico-culturale. Con la devastante conseguenza che non si nasce
maschi o femmine, ma lo si diventa! Per spiegare, in sintesi, il significato
del termine, mi basta riportare il pensiero
di due papi, il cui ragionamento si mantiene sul livello puramente umano:
” Il sesso secondo
tale filosofia [quella del gender; ndr] non è più un dato originario della
natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un
ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a
decidere. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione
antropologica in essa soggiacente, è evidente (BENEDETTO XVI, Discorso alla
Curia romana per gli auguri natalizi, 21 dicembre 2012).
Con altre parole papa
Francesco ha definito il gender una «colonizzazione ideologica» (19 gennaio
2015) e «uno sbaglio della mente umana» (23 marzo 2015). E più recentemente: Io mi domando se la
cosiddetta teoria del gender non sia anche un’espressione di una frustrazione e
di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non
sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La
rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione (15 aprile
2015).
Come non essere preoccupati se queste teorie si insinuano
nella mente e nel cuore dei ragazzi e dei giovani? Se l’essere maschio o
femmina è affidato alla cultura e alla scelta personale, viene così annullata
la dimensione della diversità e della relazionalità, tanto fondamentali nel
concetto di persona.
Coi matrimoni e la registrazione delle unioni civili di persone dello
stesso sesso
Diversi Comuni hanno adottato la decisione di registrare
civilmente le unioni di persone dello stesso sesso: «Un passo di civiltà per
oltre duemila coppie di fatto nel solo comune di Rimini». Così scriveva il
giornalista sulle pagine de «il Resto del Carlino» giovedì 2 aprile 2015. “Un passo di civiltà”! Ritengo invece che
questi ‘registri’ siano un passo all’indietro, dannosi dal punto di vista
morale ed educativo, perché delegittimano l’istituto matrimoniale su cui si
regge la società; e perché la famiglia naturale viene equiparata a forme di
unione e di convivenza che sviliscono il suo significato originario. Inoltre,
per garantire i diritti di queste persone tali registri civili sono inutili,
perché la nostra legislazione ha già legiferato su tutte le materie.
Anche per
queste persone, infatti, c’è un regolamento anagrafico (30 maggio 1989) che
prevede schede di persone individuali, di famiglia e di convivenza; sono garantiti i diritti all’assistenza
sanitaria (Legge 91 del 1º aprile 1999), ai permessi retribuiti (Legge 8 del
2000), all’assistenza psicologica e sociale (Legge 405 del 1975),
all’assistenza ai detenuti (Legge 354 del 1975), al diritto di succedere nel
contratto di locazione in caso di morte del partner (Sentenza della Consulta
404 del 1988), all’assegnazione di alloggi popolari e così via.
La
preoccupazione aumenta ancora di più quando si potrebbe assistere alla
eventuale decisione statale (già registrata purtroppo in Irlanda) di matrimoni
di persone omosessuali: una vera e propria “sconfitta dell’umanità” (card.
Pietro Parolin).
Anche perché una tale dissennata scelta porterebbe con sé
inevitabilmente l’approvazione della fecondazione eterologa e la decisione di
permettere a queste persone l’adozione di figli (la cosiddetta stepchild adotion): un ulteriore obbrobrio
educativo! La recente risoluzione europea (9 giugno 2015), approvata dal
Parlamento di Strasburgo con il solo valore di suggerimento e non di vincolo
giuridico per gli Stati membri, chiede che siano riconosciute forme nuove di
famiglia, cancellando in questo modo la doppia figura genitoriale esistente in
natura e tutelando la omogenitorialità. Recita la raccomandazione: «Visto che
la composizione e la definizione delle famiglie cambiano nel tempo, la
legislazione familiare e del lavoro sia resa più comprensiva per quanto
riguarda i genitori single e quelli Lbgt» (per chiarire: Lbgt sono le persone
lesbiche, bisessuali, gay e transex). In
questo modo si impedisce – a nostro avviso – ai bambini di crescere in modo
naturale. Tra l’altro si viola un loro elementare diritto: «essere sotto le
cure e le responsabilità dei genitori» (Dichiarazione internazionale dei
diritti del fanciullo, 1959).
Infine, un’incongruenza grave, che penalizza ancora una
volta la famiglia, è il trattamento
agevolato, dal punto di vista economico, riservato dalla nostra legislazione
alle persone conviventi (sia dello stesso sesso che non). Frequentando gli
incontri per i fidanzati che si preparano al matrimonio religioso, constato con
amarezza e con disappunto che la scelta della convivenza, ormai largamente
maggioritaria, è principalmente dettata da motivazioni economiche. Un ulteriore
e stridente schiaffo alla famiglia: convivere è meglio che sposarsi! Siamo e dobbiamo
essere contrari perciò a ogni tentativo di introdurre nel nostro ordinamento
forme false di matrimonio e di famiglia diverse da quella prevista dalla nostra
Costituzione.
Col disegno di legge antiomofobia
Il disegno di legge cosiddetto antiomofobia ha lo scopo, alla fine, di diffondere e
imporre l’ideologia del gender. Siamo i primi ad affermare che non bisogna
cedere ad atteggiamenti discriminatori verso queste persone e a superare ogni
forma di bullismo e di omofobia; ma convinciamoci che la parità del genere intende «introdurre nelle scuole quella teoria in
base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate
fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura» (card. Angelo Bagnasco).
Mi piace, perciò, richiamare un testo magisteriale che vale certo per i credenti, ma può essere
di monito anche per chi non si riconosce nella fede cristiana:
“Ora, per ciò che
riguarda i soggetti di questa seconda categoria [le persone con tendenze
omosessuali; ndr], alcuni concludono che la loro tendenza è a tal punto
naturale da dover ritenere che essa giustifichi, in loro, relazioni omosessuali
in una sincera comunione di vita e di amore, analoga al matrimonio, in quanto
essi si sentono incapaci di sopportare una vita solitaria. Certo, nell’azione
pastorale, questi omosessuali devono essere accolti con comprensione e
sostenuti nella speranza di superare le loro difficoltà personali e il loro
disadattamento sociale. La loro colpevolezza sarà giudicata con prudenza; ma
non può essere usato nessun metodo pastorale che, ritenendo questi atti
conformi alla condizione di quelle persone, accordi loro una giustificazione
morale. Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti
privi della loro regola essenziale e indispensabile (Persona humana, 8).
4.VEGLIARE, SORVEGLIARE E SVEGLIARE
La scuola è
sicuramente un ambito molto delicato nel quale queste idee possono diffondersi
e radicarsi nelle giovani menti degli alunni. Perciò è necessario che i genitori
e gli educatori stiano ben attenti a proposte che si presentano come paladine
di una corretta informazione. Per questa urgente
e attenta vigilanza, indico ai genitori tre passaggi:
anzitutto, superare l’indifferenza ed esprimere il proprio pensiero nei
luoghi e negli organismi in cui è richiesta la partecipazione dei genitori alla
vita della scuola;
secondo: informarsi con più
precisione di eventuali progetti che dietro a titoli condivisibili (per es.:
lotta al bullismo, alla discriminazione, ecc.) possono nascondere la evidente
volontà di diffondere queste concezioni che, in realtà, fanno scendere «la scure
alla radice stessa dell’umano per edificare un ‘transumano’ in cui l’uomo
appare come un nomade privo di meta e a corto di identità» (card. Angelo
Bagnasco, 24 marzo 2015).
Infine, mi sembra importante, su questi temi fare rete, cercando
collaborazioni tra le associazioni dei genitori e con tutti quegli organismi
ecclesiali e civili che sono investiti di responsabilità educative verso i
ragazzi.
Un altro ambito in cui esercitare
attenta vigilanza è quello dei mass-media:
stampa, televisione, internet e social-network. Cosa leggono e cosa guardano i
nostri ragazzi? D’altro canto è indispensabile che i giornalisti e gli
operatori della comunicazione sociale siano corretti e prudenti nel trasmettere
notizie e dare informazioni giuste su questi temi così delicati.
Devo pubblicamente dare atto al quotidiano di ispirazione
cattolica, «Avvenire», e al nostro settimanale diocesano, «Corriere Cesenate»,
per la profonda e costante azione educativa che stanno offrendo su questi temi.
È indubbio che le sedi della politica
italiana a tutti i livelli – nazionale, regionale e locale – sono luoghi
particolarmente importanti per il futuro della famiglia, per il bene dei figli,
per il vero progresso della nostra società. Faccio mio, perciò, il recente
appello ai politici che il card. Bagnasco ha lanciato durante un convegno
organizzato da Scienza & vita: "
La
politica deve porre la famiglia al centro delle iniziative. Se abbandonata a se
stessa, la famiglia più facilmente si disgrega, se sostenuta tutela la vita e
le persone contribuendo alla crescita dell’economia" (card. Angelo Bagnasco,
30 maggio 2015).
Osservo con soddisfazione che il Consiglio comunale di Cesena ha approvato qualche giorno fa, a larga
maggioranza, «il quoziente Cesena con fattore famiglia»: una delibera che è
certamente a favore della famiglia e che attua l’articolo 31 della nostra
Costituzione. Domenica scorsa abbiamo vissuto un momento bellissimo in
Cattedrale: un momento di comunione, di amicizia e di fraternità tra diverse
coppie di sposi che hanno celebrato gli anniversari del loro matrimonio (chi
25, chi 50, chi 60 e chi 70 anni; c’era anche una coppia che ha festeggiato i
75 anni di matrimonio).
La loro presenza ha lanciato alla Città e alla Diocesi il
messaggio che Famiglia: è bello! Vorrei dirlo anch’io, specialmente ai giovani:
non abbiate paura di intraprendere la via del matrimonio. Seguendo un testo del
Magistero cattolico vorrei a tutti indistintamente, cattolici e non, dire:
“La famiglia
costituisce il luogo nativo e lo strumento più efficace di umanizzazione e di
personalizzazione della società: essa collabora in un modo originale e profondo
alla costruzione del mondo, rendendo possibile una vita propriamente umana, in
particolare custodendo e trasmettendo le virtù e i “valori” (Familiaris
consortio, 43).
Concludo augurando a tutte le famiglie un futuro felice e
sereno con le parole del Concilio Vaticano II:
“Il bene della persona
e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice
situazione della comunità coniugale e familiare” (Gaudium et spes, 47).
Cesena, 24 giugno 2015, Solennità della nascita di san Giovanni
Battista.
Douglas Regattieri VESCOVO DI CESENA-SARSINA
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