Ruini: «Spero che manifestazione per la famiglia abbia
un forte successo»
Oggi sul Foglio appare
una bellissima intervista di Matteo Matzuzzi al cardinale Camillo Ruini. La
chiacchierata spazia su diversi argomenti, che ruotano tutti intorno alla
famiglia e alle modalità più opportune per i cattolici di testimoniare le
proprie convinzioni.
Ad un certo punto, il giornalista chiede al cardinale se ha ancora senso oggi mobilitarsi per contrastare disegni di legge che minano le fondamenta della famiglia. Risponde Ruini:
«Le società
occidentali, Italia compresa,
sono
sottoposte da molto tempo a una grande pressione, che c’era già dieci anni fa e
ora è aumentata. Si tratta di una pressione sia mediatica sia alimentata dai
pronunciamenti delle magistrature, rivolta a cambiare le strutture fondamentali
che reggono la famiglia. È da mettere in conto che questa pressione non
sia priva di effetti, specialmente tra i giovani. Però, quanto all’Italia, sono
convinto che la partita rimanga aperta e che la disponibilità a impegnarsi sia
ampiamente presente. Spero poi di cuore che le iniziative che proprio ora si stanno
prendendo su questi punti abbiano un forte successo, a cominciare
da quella del 20 giugno prossimo».
Il cardinale risponde anche a domande sull’assuefazione da parte dei
cattolici a comportamenti non in linea con la morale cattolica.
Non sono una novità, dice Ruini: «Pensiamo solo alle resistenze che
incontrò la Humanae vitae». La Chiesa, certamente, può fare di più,
soprattutto attraverso il linguaggio, per farsi capire dai giovani. La
questione, però, è che questo cambiamento «non si fa per decreto», ma
attraverso persone, testimoni, come lo fu Giovanni Paolo II e come lo è oggi
papa Francesco.
Dunque bisogna mandare in soffitta le
battaglie culturali?, chiede il giornalista, facendo
riferimento al dibattito statunitense, dove c’è chi ha proposto l'”opzione
Benedetto” (cioè fare come Benedetto da Norcia e ritirasi dal mondo per
ricostruire a partire dai monasteri). No, dice Ruini che così argomenta:
«Benedetto di
Norcia si è ritirato dal mondo
non perché
disperasse di convertirlo, ma perché cercava soltanto Dio e riteneva di poterlo
trovare nel modo migliore nella vita monastica. La sua è stata un’intuizione, o
meglio, una vocazione estremamente feconda e determinante per la storia della
nostra civiltà. Non si tratta di fare le “guerre culturali”, ma di esprimere la
concezione cristiana dell’uomo, con le parole ma anche con la prassi di vita e
con comportamenti concreti, tenendo sempre uniti la verità e l’amore al
prossimo. Come non dobbiamo aggredire nessuno, così non dobbiamo assolutamente
rinunciare a dire chiaramente la verità e a testimoniarla con la vita».
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