DAL BLOG DI LEONARDO LUGARESI |
«Che
dire poi del fatto che i più, a occhi chiusi, arrivano ad un tale odio [per il
nome cristiano] che, pur rendendo a uno buona testimonianza, vi mescolano la
condanna del nome? "Brava persona Gaio Seio ... soltanto che è
cristiano" (Bonus vir
Gaius Seius, tantum quod Christianus). E un altro: "Io mi
meraviglio che Lucio Tizio, che è un uomo così sapiente, a un tratto sia
diventato cristiano" (Ego
miror Lucium Titium, sapientem virum, repente factum Christianum).
Nessuno si ferma a riflettere se Gaio è buono e Lucio è saggio proprio perché è
cristiano o se è cristiano perché saggio e buono (Nemo retractat, ne ideo bonus Gaius et prudens Lucius, quia
Christianus, aut ideo Christianus, quia prudens et bonus)».
[Tertulliano,
Apologeticum, 3,1]
In un mondo non
cristiano, anzi ostile al cristianesimo, la testimonianza individuale delle
virtù private dei cristiani non basta.
Non basta perché viene
"sterilizzata" dal mondo. Non basta se non diventa
"critica",
cioè se non provoca gli altri a porsi la domanda che dice Tertulliano. Se non pone la questione del nesso tra i
beni, di cui la vita del cristiano è segno, e il fatto di Cristo.
A
questo, come magari vedremo meglio un'altra volta, si lega il fatto che la
testimonianza cristiana è, per sua natura, sempre "pubblica".
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