“OCCORRE LA FORZA DI
METTERSI
CONTRO”
Tratto da : NON POSSIAMO TACERE (pag. 74-76)
Di Mangiarotti –Graziola
(omissis)
Si
tratta di cogliere anzitutto lo spirito (di don Giussani) che lo ha mosso, per poter capire bene
anche la lettera delle sue singole affermazioni. Tenendo presente questo
spirito si evita l’errore di interpretare male certi suoi giudizi storici: essi
infatti oggi si possono facilmente applicare ad un oggetto sbagliato,
fraintendendo completamente il loro significato originale. Lo si visto sopra
parlando della sua opposizione alla riduzione del Cristianesimo ai valori: egli
parlava dei ‘valori comuni’ imposti dal potere e non intendeva in nessun modo
negare la necessità per i cristiani di battersi per la difesa dei valori
inalienabili della legge di Dio. Anzi, tutto il suo richiamo a costituire
comunità cristiane di ambiente (scuola, università, lavoro, quartiere, città,
nazione) era sempre collegato
all’esortazione al coraggio dell’annuncio pubblico della verità.
Strasbourg, Saint-Pierre-le-Jeune,XIV secolo |
Per
questo esisteva il ‘raggio’, cioè il raduno pubblico e aperto a tutti della
comunità di ambiente per sfidare ciascuno ad un paragone con l’ideale
cristiano. Per questo esistevano le ‘iniziative’, cioè i gesti pubblici della
comunità di ambiente, quali convegni, conferenze, testimonianze, viaggi, libri,
per favorire al massimo l’incontro con la gente e aiutarla a conoscere in modo
vivo e integrale l’annuncio cristiano e il suo giudizio sulla realtà.
Il
Movimento è nato per realizzare questa presenza là dove essa non c’era o
dormiva o taceva. Don Giussani lo racconta con le sue parole, tratte da uno dei
testi fondativi della realtà di Comunione e Liberazione: Il cammino al vero è
un'esperienza (ed.
SEI, Torino 1995) è una testimonianza già a tutti nota, ma si provi a fare
attenzione ai termini precisi che in essa vengono usati:
“Durante un viaggio in treno verso il
litorale adriatico attaccai discorso per caso con un manipolo di studenti. Li
trovai paurosamente ignoranti circa la natura e lo scopo della vita cristiana e
della Chiesa.
Pensai allora di dedicarmi alla
ricostituzione di una testimonianza cristiana
nell’ambiente scolastico in cui risultava di fatto assente una
presenza cristiana e dove si era fatta invece pressante
la battaglia anticattolica dei professori e dei gruppi portatori
di idee e valori laicisti. (p. VIII)”
Egli specifica che non si trattava solo
di riscoprire l’essenziale ‘teologico’ del Cristianesimo, ma anche ciò che esso
produce come impegno culturale dentro l’ambiente: “La
nostra decisione per l’essenziale produsse, senza programmi ma come immediato sviluppo
di cultura e di energia affettiva, le piccole e grandi battaglie
culturali in cui i giovani di GS si coinvolsero con
generosità e coraggio: prima fra tutte quella citata per la
libertà di educazione in un contesto ideologico ed ecclesiastico insensibile
quando non ostile a ogni contestazione di quel tipo di involuta libertà di
coscienza, e quindi di educazione ed espressività culturale, di cui oggi
vediamo le gravi conseguenze e le più subdole applicazioni. (p. X)”
Affermando
che “il richiamo cristiano deve essere deciso come gesto”, specificava una serie incalzante di osservazioni
che smascherano senza pietà tutte le nostre ipocrisie e indicano una strada
inequivocabile:
1)
La prima condizione per raggiungere tutti è una iniziativa chiara di fronte a chiunque.
2)
Può essere illusione ambiguamente coltivata quella di introdursi nell’ambiente
o di proporsi alle persone con una indecisione tale da sminuire il richiamo, nel timore
che il suo urto contro la mentalità corrente indisponga gli
altri verso di noi, e
crei insormontabili incomprensioni e solitudini. Si possono così cercare,
magari con ansiosa scaltrezza, accomodamenti
e camuffamenti che rischiano troppo facilmente di
rappresentare dei compromessi dai quali è poi assai arduo liberarsi.
3)
Non dobbiamo dimenticarci che questa «mentalità corrente»
non esiste solo al di fuori di noi, ma ci permea fin nel profondo. Per cui l’indecisione nell’affrontarla può costituire una posizione rovinosa per noi stessi.
4)
Per essere onesti, ad un certo momento occorre porsi di fronte ai problemi seri, non solo
nell’ambito interiore della propria coscienza, ma anche nel dialogo con gli
altri.
5)
Per questo occorre la
forza di mettersi contro, che è quanto Cristo ci ha chiesto per farci entrare nel Regno: «Chi avrà avuto vergogna di me di
fronte agli uomini, anch’io
avrò vergogna di lui di fronte al
Padre mio».
6)
Forza, cioè coraggio («virtus», in
latino): in fondo ciò che occorre è un po’ di
quella virtù con cui Matteo, Zaccheo e la Maddalena affermarono la loro
scoperta cristiana di fronte all’ambiente in cui erano immersi. O, se si vuole,
ciò che occorre è rinnovare la testimonianza di Stefano di fronte al Sinedrio: sfidare l’opinione di tutti per
seguire Gesù (pp.
5-6).
Affermando
poi che “il richiamo cristiano deve essere integrale nelle dimensioni”,
spiegava proprio ciò che sopra abbiamo cercato di dimostrare con le nostre
povere parole, cioè che è esattamente una autentica vita cristiana che per
poter essere tale esige di non perdere la sua dimensione culturale, vale a dire
la capacità di annunciare tutta la verità insegnata da Cristo.
Ecco
alcuni dei punti del capitolo dedicato a questo argomento:
“3)
Affinché un gesto sia completo
occorre che abbia tutte le sue dimensioni fondamentali: quelle che definiscono con precisione
e fedeltà il suo volto vero.
4)
Oscurare o trascurare qualcuna
delle dimensioni che il gesto deve avere come
sua natura e suo destino, sarebbe fare di quel suo volto una maschera, cioè una
illusione se non una menzogna. L’integralità
delle dimensioni in un gesto non
è semplicemente questione di ricchezza o di pienezza, ma è una questione addirittura di
vita o di morte per
il gesto stesso; poiché senza l’impostazione almeno implicita di tutte le sue fondamentali
dimensioni, il gesto non è povero, ma addirittura manca di verità, è contraddittorio alla sua natura, è ingiusto.
5)
Le dimensioni naturali di un gesto sono profondamente legate tra di loro. Così,
quanto più intensamente se ne vive una, tanto più ci si rende disponibili a
vivere le altre.
Le
dimensioni del richiamo cristiano sono: - cultura – carità - cattolicità. (pp.
12-13)”
Occorre
la forza di mettersi contro la mentalità corrente, di sfidare l’opinione di
tutti per seguire Gesù, di non privare l’esperienza cristiana della sua
dimensione culturale. E’ impossibile non cogliere la grandezza di questo
carisma, sia in queste parole chiare e nette, sia nella storia che esse hanno
generato dentro la società. Il Movimento non può rinnegare tutto questo: è per
esso stesso una questione di vita o di morte.
E
non è solo una questione ciellina. Ciò che don Giussani ha insegnato e
testimoniato per poter vivere la presenza cristiana dentro il mondo di oggi è
stato riconosciuto dalla Chiesa come un carisma donato dallo Spirito Santo per
il bene di tutta la Chiesa medesima e dell’umanità. Eppure ancora oggi questo
metodo viene rifiutato da moltissimi cristiani perché ‘ciellino’ o
‘integralista’, e si cerca di sostituire ad esso una serie interminabile di
piani
e progetti umani il cui esito è sotto gli occhi di tutti.
Il mondo di oggi non può incontrare
Cristo se i cristiani non accettano di mettersi insieme in ogni ambiente in cui
si trovano per vivere la fede nella sua integralità e per fare tutto ciò
pubblicamente. Gli uomini attendono disperatamente questa carità da parte
nostra, anche quando sembrano odiarla: dovranno attendere ancora a lungo?
Continueranno
ancora per molto tempo i cristiani ad essere
invisibili negli ambienti in cui l’uomo moderno forma se stesso, la sua
cultura, la sua esistenza,
la sua missione? Si rifiuteranno i discepoli di Cristo ancora per altri decenni
di mettersi insieme e di proporre a tutti la vita nuova e la cultura nuova che
a loro sono state donate?
Noi
umilmente ma convintamente crediamo che don Giussani, il cui processo di beatificazione
è in corso, un giorno giungerà agli onori degli altari: possa egli dal Cielo urgere
perché i cristiani abbiano il coraggio di compiere al più presto la loro
missione.
Tratto
da : NON POSSIAMO TACERE (pag. 74-76)
Di
Mangiarotti –Graziola
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