Dieci anni fa il grande discorso sull’islam di Benedetto XVI
"Il discorso di
Ratisbona si basa sulla forza che ha sollevato la cortina di ferro e abbattuto
il Muro di Berlino”, scriveva il compianto André Glucksmann. Il 12 settembre
2006, Benedetto XVI fece ritorno in Baviera, la terra dove è nato e cresciuto,
dove è stato ordinato sacerdote e ha iniziato a insegnare Teologia. All’Università di Ratisbona doveva tenere una lezione di fronte al mondo accademico. Ratzinger vi
rivendicò le radici ebraiche, greche e cristiane della nostra fede, spiegando
perché erano diverse dal monoteismo islamico e appoggiandosi a una citazione
dell’imperatore Manuele II Paleologo. Sulla stampa internazionale, in tanti
circoli cattolici, nella umma islamica, fu un linciaggio politico, religioso,
diplomatico e ideologico nei confronti di Ratzinger. Il Papa per la prima volta nella storia del dialogo cattolico-islamico
aveva posto una condizione fondamentale: chi si siede al tavolo deve rifiutare
l’irrazionalità della violenza motivata dalla religione.
Gli islamisti presero
sul serio Ratisbona: in Iraq staccarono la testa a padre Iskander, in Turchia
martirizzarono don Santoro, in Somalia uccisero suor Lionella e a Malatya
incaprettarono e giustiziarono gli stampatori di Bibbie. L’“operazione scuse”
(anche se il Papa nel libro di Peter Sewald non pronuncerà mai la parola
“scusa”) fu messa in campo dalla diplomazia vaticana e si chiuse con il viaggio
in Turchia. Il leader turco Erdogan umiliò il Papa, dedicandogli mezz’ora
nella saletta vip dell’aeroporto di Ankara. Da allora, nessun alto ufficiale
del Vaticano avrebbe più usato quella parolina che inizia per “i” e finisce con
“m”. Dieci anni dopo, quella cortina di ferro è ancora in piedi.
Il testo integrale del discorso
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