di Riccardo
Cascioli
01-12-2016 la nuova bussola
Li hanno dipinti come “vecchi rincoglioniti”,
quattro cardinali isolati e fuori dal mondo, rimasuglio di una Chiesa ormai
superata che vede solo la rigidità della dottrina e non capisce la Misericordia
che entra nelle pieghe della vita. Insomma, uno scarto della Chiesa,
un’appendice marginale neanche degna di un “sì” o un “no” alle loro domande.
Eppure devono averne una gran paura se da giorni stiamo assistendo a un crescendo di insulti e accuse pesanti, ormai un vero e proprio linciaggio mediatico, contro i quattro cardinali – Raymond Burke, Walter Brandmuller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner – rei di aver resi pubblici cinque “Dubia” già presentati a papa Francesco riguardo all'esortazone apostolica Amoris Laetitia. Addirittura siamo arrivati a richieste di dimissioni dal collegio cardinalizio o, in alternativa, suggerimenti al Papa di togliere loro la berretta cardinalizia.
I protagonisti sono i più vari: vescovi che hanno da regolare conti personali, ex filosofi che rinnegano il principio di non contraddizione, cardinali amici di papa Francesco che malgrado l’età non hanno abbandonato i sogni rivoluzionari, intellettuali e giornalisti che si considerano “guardiani della rivoluzione”, e l’immancabile padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e vera eminenza grigia di questo pontificato, tanto da essere conosciuto a Roma come il vice-Papa. Quest’ultimo poi, come un adolescente qualsiasi, si è reso protagonista di bravate sui social che lasciano esterrefatti: dapprima con un tweet ha apostrofato il cardinale Burke paragonandolo al “verme idiota” del Signore degli anelli (tweet poi cancellato); quindi si è messo a rilanciare tweet offensivi nei confronti dei quattro cardinali partiti dall’account “Habla Francisco” (Parla Francesco), che si è scoperto ieri riportare all’indirizzo e-mail di padre Spadaro alla Civiltà cattolica. E poi l’immancabile Alberto Melloni, punto di riferimento della Scuola di Bologna che lavora per una riforma della Chiesa fondata sullo “spirito” del Concilio Vaticano II.
Eppure devono averne una gran paura se da giorni stiamo assistendo a un crescendo di insulti e accuse pesanti, ormai un vero e proprio linciaggio mediatico, contro i quattro cardinali – Raymond Burke, Walter Brandmuller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner – rei di aver resi pubblici cinque “Dubia” già presentati a papa Francesco riguardo all'esortazone apostolica Amoris Laetitia. Addirittura siamo arrivati a richieste di dimissioni dal collegio cardinalizio o, in alternativa, suggerimenti al Papa di togliere loro la berretta cardinalizia.
I protagonisti sono i più vari: vescovi che hanno da regolare conti personali, ex filosofi che rinnegano il principio di non contraddizione, cardinali amici di papa Francesco che malgrado l’età non hanno abbandonato i sogni rivoluzionari, intellettuali e giornalisti che si considerano “guardiani della rivoluzione”, e l’immancabile padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e vera eminenza grigia di questo pontificato, tanto da essere conosciuto a Roma come il vice-Papa. Quest’ultimo poi, come un adolescente qualsiasi, si è reso protagonista di bravate sui social che lasciano esterrefatti: dapprima con un tweet ha apostrofato il cardinale Burke paragonandolo al “verme idiota” del Signore degli anelli (tweet poi cancellato); quindi si è messo a rilanciare tweet offensivi nei confronti dei quattro cardinali partiti dall’account “Habla Francisco” (Parla Francesco), che si è scoperto ieri riportare all’indirizzo e-mail di padre Spadaro alla Civiltà cattolica. E poi l’immancabile Alberto Melloni, punto di riferimento della Scuola di Bologna che lavora per una riforma della Chiesa fondata sullo “spirito” del Concilio Vaticano II.
È un vero e proprio nuovo tribunale
dell’Inquisizione che, colpendo i quattro, intende intimidire chiunque
abbia l’intenzione di esprimere anche semplici domande, figurarsi chi volesse
esternare delle perplessità.
È un atteggiamento inquietante,
una difesa del Papa quanto meno sospetta
da parte di chi ha apertamente contestato i predecessori di papa Francesco.
E solo per aver posto delle semplici domande di chiarimento a proposito
dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia che, come chiunque può
constatare, ha dato origine a interpretazioni opposte e sicuramente non
conciliabili. Al proposito bisogna ricordare che i “Dubia” sono uno strumento
molto utilizzato nel rapporto tra vescovi e Congregazione per la Dottrina della
Fede (e attraverso questa con il Papa). La novità in questo caso è
semplicemente nell’aver resi pubblici questi Dubia, ma dopo ben due mesi di
vana attesa di una risposta, che i quattro cardinali hanno legittimamente
interpretato come un invito a proseguire la discussione.
Eppure per Melloni si tratta di «un atto sottilmente eversivo,
parte di un gioco potenzialmente devastante, con ignoti mandanti, condotto sul
filo di una storia medievale». Atto eversivo, spiegherà Melloni in un’altra
intervista, perché fare domande significa mettere il Papa sotto accusa, un
metodo da inquisizione. Cose da non credere: chiedere chiarimenti è diventata
un’attività eversiva, da Inquisizione. E gli «ignoti mandanti» poi: accuse
vaghe, scenari fantasiosi ma che devono dare l’impressione di una cospirazione
da fronteggiare con decisione. E infatti ecco il passaggio successivo: «Chi porta attacchi come questo (…) è
qualcuno che punta a dividere la Chiesa», dice. E quindi ecco le conseguenze
auspicate: «…nel diritto canonico è un crimine, punibile».
Addirittura criminali, dunque, perché
vogliono dividere la Chiesa. Poco importa se la realtà è esattamente
opposta: la spinta a rivolgere delle domande al Papa nasce proprio dalla
constatazione della divisione nella Chiesa che si è palesata con le opposte
interpretazioni di Amoris Laetitia. (…)
Si tratta di una lettura davvero
inquietante, a maggior ragione se si pensa che quanti oggi si
scatenano a difesa del Papa per delle semplici domande di chiarimento che
dovrebbero essere normali, fino a ieri
contestavano apertamente i predecessori di papa Francesco. Anzi, vedono
oggi in papa Francesco la possibilità di cancellare quanto sulla famiglia hanno
insegnato Paolo VI e Giovanni Paolo II. L’enciclica Humanae Vitae
(Paolo VI) e l’esortazione apostolica Familiaris Consortio (Giovanni
Paolo II) sono state nel mirino di vari episcopati europei (Austria, Germania,
Svizzera, Belgio) anche nel recente doppio Sinodo sulla famiglia.
E chi di costoro si è scandalizzato quando il cardinale Carlo Maria Martini ha scritto chiaro e tondo (Conversazioni notturne a Gerusalemme) che l’Humanae Vitae ha prodotto «un grave danno» col divieto della contraccezione cosicché «molte persone si sono allontanate dalla Chiesa e la Chiesa dalle persone»? E ha auspicato un nuovo documento pontificio che la superi, soprattutto dopo che Giovanni Paolo II seguì «la via di una rigorosa applicazione» della Humanae Vitae? Certamente nessuno, perché ciò che conta non è l’oggettività del Magistero (il cui riferimento è la Rivelazione di Dio), ma il progetto ideologico di queste avanguardie sedicenti interpreti della volontà popolare.
E chi di costoro si è scandalizzato quando il cardinale Carlo Maria Martini ha scritto chiaro e tondo (Conversazioni notturne a Gerusalemme) che l’Humanae Vitae ha prodotto «un grave danno» col divieto della contraccezione cosicché «molte persone si sono allontanate dalla Chiesa e la Chiesa dalle persone»? E ha auspicato un nuovo documento pontificio che la superi, soprattutto dopo che Giovanni Paolo II seguì «la via di una rigorosa applicazione» della Humanae Vitae? Certamente nessuno, perché ciò che conta non è l’oggettività del Magistero (il cui riferimento è la Rivelazione di Dio), ma il progetto ideologico di queste avanguardie sedicenti interpreti della volontà popolare.
E allora c’è un’intima coerenza nel fatto
che i papisti di oggi siano i ribelli di ieri. Sì, ribelli. Perché da Paolo VI in poi, questi vescovi e
intellettuali, questi maestri di obbedienza al Papa, hanno dichiarato guerra al
Magistero in quanto non recepiva lo spirito del Vaticano II; hanno firmato
manifesti, documenti e appelli in cui contestavano apertamente il Papa
regnante, fosse Paolo VI, Giovanni Paolo II o Benedetto XVI. Ricordiamo almeno
il pesante documento del noto moralista tedesco Bernard Haring nel 1988 contro
Giovanni Paolo II che tanto sostegno ricevette in tutta Europa, subito seguito
dalla Dichiarazione di Colonia, nel 1989, dello stesso tenore, firmata da numerosi e influenti teologi
tedeschi, austriaci, olandesi e svizzeri. E in Italia subito accolta con
favore, tra gli altri, da quel Giovanni Gennari che oggi fa il quotidiano
custode dell’ortodossia dalle colonne di Avvenire.
Ma nello stesso anno in Italia arriva anche il Documento dei 63 teologi, una Lettera ai cristiani pubblicata sulle colonne de Il Regno, in cui si contesta apertamente il magistero di Giovanni Paolo II. E nell’elenco dei firmatari ci troviamo nomi noti che hanno imperversato in seminari e atenei pontifici negli ultimi decenni, realizzando un vero e proprio magistero parallelo di cui oggi vediamo gli amari frutti. Facevano le vittime, ma tutti hanno fatto brillanti carriere, qualcuno è anche diventato vescovo come quel monsignor Franco Giulio Brambilla, attualmente vescovo di Novara e in corsa per succedere al cardinale Angelo Scola a Milano. Ma guarda caso, tra le firme troviamo l’immancabile Alberto Melloni, con i suoi colleghi della Scuola di Bologna (Giuseppe Alberigo in testa), il priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi, Dario Antiseri, Attilio Agnoletto.
Ma nello stesso anno in Italia arriva anche il Documento dei 63 teologi, una Lettera ai cristiani pubblicata sulle colonne de Il Regno, in cui si contesta apertamente il magistero di Giovanni Paolo II. E nell’elenco dei firmatari ci troviamo nomi noti che hanno imperversato in seminari e atenei pontifici negli ultimi decenni, realizzando un vero e proprio magistero parallelo di cui oggi vediamo gli amari frutti. Facevano le vittime, ma tutti hanno fatto brillanti carriere, qualcuno è anche diventato vescovo come quel monsignor Franco Giulio Brambilla, attualmente vescovo di Novara e in corsa per succedere al cardinale Angelo Scola a Milano. Ma guarda caso, tra le firme troviamo l’immancabile Alberto Melloni, con i suoi colleghi della Scuola di Bologna (Giuseppe Alberigo in testa), il priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi, Dario Antiseri, Attilio Agnoletto.
Sono gli stessi che hanno continuato ad
attaccare pubblicamente Benedetto XVI, anche con palesi prese in giro,
riguardo alla corretta interpretazione del Concilio Vaticano II che Melloni,
Bianchi e co. hanno sempre visto come svolta radicale e irreversibile «nella
comprensione della fede ecclesiale», contro
l’ermeneutica della riforma nella continuità spiegata da papa Ratzinger. E
come non ricordare le vesti stracciate per la scomunica tolta ai lefevriani
mentre ora neanche un sospiro si è levato di fronte alle aperture unilaterali
di papa Francesco.
Sono questi i personaggi che oggi
pretendono di giudicare cardinali,
vescovi e laici preoccupati della grave confusione che si è creata nella
Chiesa. Una banda di ipocriti e sepolcri imbiancati, che perseguono da
decenni una loro agenda ecclesiale, che usano il Papa per affermare un loro
progetto di Chiesa, e che oggi si permettono l’arroganza di chi pensa di essere
al comando di una vincente e gioiosa macchina da guerra. Sono questi i veri
fondamentalisti, sostenuti da una stampa compiacente che non vede l’ora di
cancellare definitivamente ogni traccia di identità cattolica. Che però,
purtroppo per loro, non soccomberà.
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