RODNEY STARK
DIFENDE I CATTOLICI
«False testimonianze»
(Lindau), il volume del sociologo e accademico protestante, affronta temi
scottanti come la schiavitù, le crociate e l’antisemitismo
di PAOLO MIELI
La Baylor
University di Waco (Texas) è nota dal 1845, anno in cui fu fondata, per essere
il più grande ateneo battista, per la sua gloriosa squadra di football — i
Baylor Bears — e per essere stata fino a poco tempo fa un centro mondiale
dell’ostilità alla Chiesa di Roma. Quest’ultimo elemento accresce il valore di
un libro, False testimonianze (edizioni Lindau), che un docente
della stessa Baylor, Rodney Stark, ha ideato per «smascherare alcuni secoli di
storia anticattolica».
«Non sono cattolico», afferma Stark
nella prefazione, «e non ho scritto questo libro per difendere la Chiesa; l’ho
scritto per difendere la storia». «Confesso»,
ricorda Stark, «che quando per la prima volta mi sono imbattuto
nell’affermazione secondo cui non solo l’Inquisizione spagnola sparse ben poco
sangue, ma fu essenzialmente una forza di primo piano a sostegno della
moderazione e della giustizia, l’ho liquidata tra me e me come l’ennesimo
esercizio di bizzarro revisionismo da parte di qualche autore a caccia di
notorietà». Poi però lo studioso iniziò a fare delle accurate ricerche e scoprì
che era stata proprio l’Inquisizione ad
impedire che la sanguinosa caccia alle streghe, dilagata in gran parte
dell’Europa nel XVI e XVII secolo, attecchisse anche in Spagna e in Italia
dove, per strano che possa sembrare, «invece di bruciare le streghe gli
inquisitori mandarono sulla forca alcune persone colpevoli di aver bruciato le
streghe».
Una per
una Stark smonta molte delle «colpe» che gli storici hanno attribuito per anni
alla Chiesa cattolica. Non per
negarle, bensì per ricondurle alla loro giusta dimensione. Un discorso valido
per le crociate, per l’«oscurantismo che avrebbe soffocato il Medioevo», per lo
scontro con la scienza. E ancora a proposito della supposta predilezione
cattolica per i regimi tirannici, dell’opposizione al capitalismo e più in
generale alla modernità.
Uno dei primi miti da abbattere è per
Stark quello secondo cui la Chiesa per secoli sarebbe stata favorevole alla
schiavitù. È vero che Papa Innocenzo VIII nel
1488 accettò in dono da Ferdinando d’Aragona un centinaio di schiavi e ne
regalò alcuni ai suoi cardinali preferiti. Ma, secondo Stark, è assai più
significativo che dal Duecento san Tommaso d’Aquino avesse stabilito che la
schiavitù è peccato; che nel Quattrocento Papa Eugenio IV avesse minacciato di
scomunica gli spagnoli che nella colonizzazione delle isole Canarie avevano
schiavizzato le popolazioni indigene; che nello stesso secolo i pontefici Pio
II e Sisto IV avessero emanato bolle antischiaviste; che lo stesso abbia fatto
— nel Cinquecento — Paolo III, riferendosi esplicitamente al Nuovo Mondo. E
così fece, nel Seicento, anche Urbano VIII su sollecitazione dei gesuiti del
Paraguay. Anzi, fu proprio l’ostilità dei gesuiti latinoamericani allo
schiavismo — condivisa dalla Chiesa di Roma — a provocare l’urto tra alcune
potenze europee e l’ordine fondato da sant’Ignazio da Loyola. Conflitto che si
sarebbe concluso con la temporanea soppressione dell’ordine stesso. Una vicenda
che andò di pari passo con la fondazione (nel 1609), ad opera di Antonio Ruiz de
Montoya, della Repubblica gesuitica del Paraguay, che copriva un’area grande il
doppio della Francia ed era strutturata in una trentina di Reducciones, le rivoluzionarie comunità di indiani
Guaraní.
A
proposito dell’evoluzione scientifica, Stark tiene a ribadire che Galileo «non
trascorse mai neppure un solo giorno di prigione e in realtà finì nei guai non
per la sua scienza (l’Inquisizione spagnola non proibì mai i suoi libri) ma per
la sua arrogante doppiezza». Parole
destinate, come non poche altre contenute in questo libro, ad avere più di una
scia polemica. L’autore dimostra inoltre come sia del tutto non corrispondente
al vero che nel 1829 Papa Leone XII abbia proibito la vaccinazione contro il
vaiolo sostenendo, come scrisse Georgina Sarah Godkin in una biografia di
Vittorio Emanuele II, che quel male dovesse aver libero corso ed essere
considerato una «punizione divina». La storia dell’opposizione di quel Papa ai
vaccini è «falsa». Per giunta, prosegue Stark, «i grandi successi scientifici
del XVII e del XVIII secolo non furono ottenuti a dispetto della Chiesa»; al
contrario rappresentarono il culmine del progresso scientifico che, nel corso
dei secoli, si ebbe nelle «università fondate, controllate e sovvenzionate
dalla Chiesa».
Del
tutto falso — ribadisce poi Rodney Stark — che il conflitto tra Cristoforo
Colombo e gli esperti della Chiesa, dubbiosi sul suo viaggio del 1492, avesse
come materia del contendere, anche marginale, la sfericità dell’orbe
terracqueo, un dato acquisito da secoli.
L’opposizione contro cui Colombo dovette scontrarsi non riguardava la forma
della Terra, bensì il fatto che, nel calcolare la circonferenza del globo, il
navigatore «si sbagliava alla grande». Era infatti convinto che la distanza tra
le Canarie e il Giappone fosse di 14 mila miglia, mentre i dotti di Salamanca
sostenevano che quel calcolo era difettoso talché — se non si fossero imbattuti
nell’emisfero occidentale — Colombo e i suoi sarebbero inevitabilmente
scomparsi tra i flutti. E avevano ragione. Che non si fosse neanche posta come
tema di discussione la sfericità della Terra è dimostrato poi dal libro del
figlio di Colombo, Storia
dell’Ammiraglio, che racconta tutto della vita del padre,
ma non fa alcun cenno a quella supposta controversia. Controversia che, tra
l’altro, restò sconosciuta per trecento anni, finché nel 1828 lo scrittore
Washington Irving non la menzionò in un libro, La
leggenda della Valle Addormentata,dichiaratamente
fantasioso.
Passando
a cose più drammatiche, secondo Stark gli storici hanno sottostimato l’ostilità
(o peggio) del mondo comunista nei confronti dei cattolici. Ricorda Stark che, dopo il crollo
dell’Unione Sovietica, in Russia una commissione presidenziale presieduta da
Aleksandr Jakovlev (già braccio destro di Mikhail Gorbaciov) ebbe accesso ad
archivi che contenevano carte fino a quel momento non consultabili, da cui
emergeva che circa 200 mila religiosi (tra cui molti rabbini) erano stati
giustiziati dal regime sovietico. L’autore definisce «scioccante» questo
rapporto pressoché sconosciuto, in cui, sulla base di una documentazione
inoppugnabile, si racconta dettaglio per dettaglio come «il metropolita
Vladimir di Kiev venne mutilato, evirato e infine ucciso con un colpo di arma
da fuoco, dopodiché il suo corpo fu esposto nudo al pubblico ludibrio». E come
il metropolita Veniamin di San Pietroburgo, destinato a succedere al patriarca,
non ebbe sorte migliore: «Denudato e cosparso di acqua fredda nel gelo russo,
fu trasformato in un pilastro di ghiaccio». Il vescovo Germogen di Tobolsk,
invece, «fu legato vivo alla ruota di un battello a vapore e maciullato dalle
lame rotanti». L’arcivescovo Vasilij «fu crocefisso e bruciato».
È una
cosa stupefacente, scrive l’autore, che nella pubblicistica occidentale questi
dati non abbiano trovato spazio adeguato. Peggio
ancora: negli anni Sessanta «molte autorevoli personalità dell’Europa
occidentale e degli Stati Uniti smentirono tutti i rapporti sui maltrattamenti
subiti dal clero in Unione Sovietica, bollandoli come disinformazione diffusa
da reazionari e fascisti». E nel descrivere queste atrocità le pagine di David
B. Barrett e Todd M. Johnson (mai tradotte qui in Italia) lasciano
esterrefatti. Qualcosa di analogo si può dire per la guerra civile spagnola,
anche se questa vicenda è qui da noi più conosciuta: poco prima dell’intervento
golpista di Franco il regime repubblicano (o comunque gruppi che ad esso si
richiamavano) fece fuori un ragguardevole numero di uomini e donne di Chiesa.
Più
complicata è la questione della matrice cattolica dell’antisemitismo. Stark non
ha un partito preso ma — come già fece Peter Schäfer in Giudeofobia. L’antisemitismo nel mondo antico (Carocci) — tiene a ricordare che Lucio Anneo Seneca — più o meno
coevo di Cristo — definì gli ebrei «razza maledetta». Che Marco Tullio Cicerone, nato un
secolo prima di Cristo, aveva sostenuto essere le pratiche ebraiche «in
contrasto con la gloria del nostro impero e la dignità del nostro nome». Che
Cornelio Tacito (56-117 d.C.) quelle stesse pratiche le definì «sinistre e
disgustose», accusando gli ebrei di essersi «emarginati da soli con la loro
stessa malvagità». Poi Stark sottolinea che gli ebrei vennero cacciati da Roma
139 anni prima della nascita di Gesù, con un editto in cui li si accusava
d’aver tentato di «introdurre i loro riti» presso i romani allo scopo di
«contaminarne la morale». L’autore cita quindi scritti ostili agli israeliti di
Diodoro Siculo (90-30 a.C.), Strabone (63 a.C.- 24 d.C.), Apione (20 a.C. - 45
d.C.). Dopodiché venne l’epoca delle guerre giudaiche dei romani contro gli
ebrei di Palestina (66-135).
Infine
— sostiene Stark — nei primi mille anni di storia della Chiesa si può rinvenire
un unico importante episodio riconducibile ad antisemitismo cristiano: nel 554 una folla inferocita uccise
alcuni ebrei a Clermont, nella Gallia meridionale e, particolare rilevante, ne
costrinse altri al battesimo. Dopodiché, come già fece osservare Léon Poliakov
nella sua Storia dell’antisemitismo (Sansoni), «fino all’XI secolo, nessuna
cronaca parla di esplosioni di odio popolare contro gli ebrei».
E
veniamo all’epoca delle crociate. Quale fu il
primo episodio di aggressione a una comunità ebraica? Il 3 maggio 1096, Emich
di Leisingen, un conte nominato reggente della Renania da Enrico IV partito per
la Prima Crociata, attaccò gli ebrei di Spira. Era circolata una voce secondo
cui, prima di marciare verso Oriente, Enrico IV avrebbe pianificato di
eliminare tutti gli ebrei renani. La voce si era rivelata infondata,
l’imperatore stesso l’aveva smentita in modo netto, ma Emich non smise di
ritenere che «non avesse senso compiere una spedizione per sconfiggere i nemici
di Dio in Oriente e lasciarsi alle spalle i nemici di Cristo». A sorpresa,
però, il vescovo di Spira prese sotto la sua protezione gli ebrei della città.
A quel punto Emich si diresse su Worms e però anche qui il vescovo difese gli
israeliti. Il conte andò allora a cercare città che non fossero presidiate da
vescovi. Thomas F. Madden — in Le
crociate. Una storia nuova (Lindau) — dà grande risalto al fatto
che i Papi condannarono questi primi episodi di antisemitismo. E Steven
Runciman, nella Storia
delle crociate (Einaudi), fece notare che quando poi i
cavalieri ungheresi sconfissero l’esercito di Emich, i cristiani considerarono
l’evento una «punizione inflitta dall’alto ai massacratori di ebrei».
Poi, al
tempo della Seconda Crociata, si ebbero massacri di ebrei a Colonia, Magonza,
Metz, Worms e Spira. In questo caso un monaco di nome Radulf contribuì a creare
i tumulti antisemiti. Tuttavia,
precisa Stark, «il numero delle vittime sarebbe stato molto più elevato se non
fosse intervenuto San Bernardo di Chiaravalle, che si precipitò in Renania e
ordinò di mettere fine ai massacri» come è attestato da un cronachista ebreo,
Efrem di Bonn. E l’ostilità ebraica nei confronti dei cristiani? Qui Stark fa
sua la tesi contenuta in un importante libro di Heiko Oberman, Lutero,
un uomo tra Dio e il diavolo (Laterza),
secondo il quale alcuni brani ferocemente anticristiani, che si riteneva
provenissero dal Talmud, erano riconducibili a un frate spagnolo del XIII
secolo (un domenicano al quale erano stati fatti pervenire da ebrei convertiti
al cristianesimo). Tali brani furono successivamente ripresi da Martin Lutero,
che però li fece propri alcuni anni dopo la pubblicazione (nel 1517) delle 95
tesi affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg. Secondo la
ricostruzione di Thomas Kaufmann (in Gli
ebrei di Lutero, edito dalla Claudiana) la conversione di
Lutero all’antisemitismo si colloca nel lasso di tempo che va dallo
scritto Gesù Cristo è nato ebreo (1523) al terribile Degli
ebrei e delle loro menzogne, nel quale il padre della Riforma si
spinge ad auspicare il rogo delle sinagoghe.
Questo
tema è stato recentemente approfondito da Angela Pellicciari in Martin Lutero (Cantagalli), là dove
sottolinea che il grande riformatore puntò l’indice contro gli ebrei perfino
nell’ultima predica pronunciata a Eisleben il 15 febbraio 1546, tre giorni
prima della sua morte. Questa
predica contiene una curiosa premonizione: «Chi impedisce agli ebrei di tornare
in Giudea?», domandava Lutero. «Nessuno», rispondeva; «forniremo loro tutte le
provviste per il viaggio, pur di liberarci di questi parassiti disgustosi; essi
sono un terribile peso per noi, una vera calamità, sono la peste in mezzo a
noi». La Pellicciari ricorda che al processo di Norimberga uno degli imputati,
l’editore nazista Julius Streicher, si difese così: «Da secoli ci sono in
Germania edizioni di scritti antisemiti. Mi hanno sequestrato un libro del
dottor Martin Lutero. Se l’accusa prendesse in considerazione questo libro, il
dottor Martin Lutero siederebbe oggi al mio posto sul banco degli accusati». E
qui — come è evidente — la Chiesa cattolica non c’entra nel modo più assoluto.
Il
saggio di Rodney Stark False
testimonianze. Come smascherare alcuni secoli di storia anticattolica è edito da Lindau (traduzione di Franca Genta, pagine 352, e 25).
Nato nel 1934, Stark è uno studioso americano specialista di Sociologia delle
religioni.
13 dicembre
2016 (modifica il 14 dicembre 2016 | 18:04)
Nessun commento:
Posta un commento