INTERVISTA AL CARDINALE ROBERT SARAH
intervista di Matteo Matzuzzi, pubblicata su Il Foglio, 11 Luglio 2017
Parlare della necessità di riscoprire il silenzio, nel chiasso contemporaneo dominato dalla "dittatura del rumore", è impresa ostica. Ci ha provato, nel suo ultimo libro, La forza del silenzio. Contro la dittatura del rumore, uscito il 6 luglio presso Cantagalli, il cardinale Robert Sarah, prefetto della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti.
"Il nostro mondo non comprende più Dio perché parla continuamente",
scrive il porporato guineano, che collega in più d' un passaggio la mancanza di
silenzio alla crisi che sta sferzando come un vento impetuoso l'occidente. Una crisi che, dice Sarah al Foglio,
"non si era mai verificata nella storia dell'umanità. Si è escluso Dio
dalla vita dell'uomo e della società, l'uomo è diventato centro e fine di
tutto. Si è perso di vista ciò che è evidente, la legge naturale che è
profondamente legata alla morale e alla vita di fede.
Queste negazioni della vita stessa si
concretizzano nelle leggi approvate da diversi stati occidentali che negano il
rispetto sacro della vita, della famiglia naturale, affermando di fatto un
relativismo etico e imponendo in modo totalitario una morale completamente
contraria alla realizzazione della persona umana. Con le leggi che non
rispettano la sacralità della vita - prosegue Sarah -, della famiglia, del
matrimonio, delle persone con un handicap, così come con la legalizzazione
dell'aborto, dell'eutanasia, delle unioni omosessuali, l'occidente europeo (e
non solo) sta marciando verso una generale eutanasia dei suoi valori fondanti
che hanno per secoli illuminato il cammino dei popoli".
Sono crollate tutte le evidenze, del senso religioso proprio dell'Europa d'
un tempo è rimasto un ricordo sbiadito. Insomma, dice il cardinale nominato a soli 34 anni arcivescovo della capi
tale del suo paese, Conakry, nel 1979, "non è esagerato affermare che
l'occidente sta perpetrando un genocidio della sua popolazione". Ed è
forse l'incapacità dell'uomo occidentale di ascoltare il Dio silenzioso che ha
originato la crisi antropologica che sta caratterizzando la nostra società.
Crisi che per Sarah "è gravissima; l'occidente non percepisce più né la
dimensione contingente, pneumatologica, né la dimensione metafisica: la
dimensione essenziale dell'essere umano che precede la componente percettibile
ai sensi. L' uomo - prosegue - rimane oggi molto ancorato alle sue più basse
aspettative di realizzazione, incapace di salire verso Dio, verso il
trascendente, scambiando per emancipazione lo scollamento da ogni realtà
spirituale. Staccato da ogni visione divina della vita, l'uomo occidentale sta
morendo lentamente, perché non alimentato dal divino".
Ed ecco che si torna al tema centrale del
libro, il silenzio come rifugio, àncora di salvezza ultima: "Se l'uomo è
il tempio di Dio, la dimora più sacra di Dio è dunque vero che Dio è dentro di
noi. Parlare continuamente impedisce all' uomo di entrare in se stesso e
rimanendo in superficie è impossibilitato ad ascoltare le istanze più profonde
del suo intimo e non entrando in comunicazione con se stesso si preclude la
possibilità di capire e ascoltare l'altro e di percepire dentro di sé la
presenza di Dio che parla il linguaggio silenzioso dello Spirito". Ma
cosa significa ascoltare? "Vuol dire considerare attentamente il mio
passato, il mio presente per intravedere il mio futuro. Una persona che nega la
propria storia rimane senza punti di riferimento" dice Sarah: "E'
come un albero senza radici che non ha dove attingere acqua per nutrirsi e
perciò rimane secco, senza vita, senza un divenire perché staccato dalla
sorgente della vita, staccato da Dio".
Dopotutto, prosegue Robert Sarah
conversando con il Foglio, "il lamento di Dio contro il popolo d' Israele
è sempre attuale: 'Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha
abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene
di crepe, che non trattengono l'acqua'. L'uomo - osserva il cardinale - oggi
vive proprio così, senza un futuro, pieno di angoscia, di paura e sempre
inquieto senza conoscere ciò che dice sant' Agostino, tu ci hai fatti per te,
Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te".
E però è difficile, anche per l'uomo di
fede, a volte, dare una risposta al silenzio di Dio. Elie Wiesel, ad esempio,
si tormentò per tutta la vita sul silenzio di Dio ad Auschwitz. Forse, però,
proprio ascoltando quel silenzio si comprende che Dio era presente lì,
accompagnando coloro che venivano mandati a morire. Su questo, Sarah dice che
"il silenzio di Dio è una parola misteriosa ma chiara. Anche nella sofferenza
dell'uomo, il primo che soffre il male è Dio stesso, perché attraverso
l'incarnazione del figlio egli si è fatto vulnerabile. Lui per primo ci ha
amati e ha sofferto sulla croce per riempire di senso ciò che non ne aveva: la
morte (1 Gv 3, 9-10.19). Il primo che subisce il dolore, anche nelle sofferenze
umane più crudeli, è Dio stesso. Colpire l'uomo è colpire Dio stesso: in verità
io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l'avete fatto a me (Mt 25, 40)".
Silenzio che spesso non si trova più
neppure nei luoghi di culto, nelle chiese trasformate in pregiate mete per
folle di turisti. Nel libro, il prefetto del Culto divino scrive che il
silenzio e il sacro vanno di pari passo, sono un qualcosa di indivisibile. Se
cade l’uno, cade anche l'altro. "Sì. Purtroppo in molte occasioni non si
rispettano i silenzi durante le celebrazioni liturgiche. I sacerdoti e i fedeli
corrono il pericolo di credere che ciò che è importante nella celebrazione sia
il darsi da fare. Rischiamo di ridurre le nostre liturgie a un palcoscenico nel
quale i sacerdoti diventano protagonisti e attori principali e Dio viene sempre
più messo da parte. Si riduce tutto a un'autocelebrazione, a una convivenza
fraterna, a un radunarsi insieme, un atto di solidarietà. Per questo motivo -
dice Sarah - abbiamo il compito di promuovere nella liturgia la lode, l'adora
zione, la sacralità, il silenzio, la centralità della Parola di Dio, la
relazione con il Signore in modo tale che splenda il mistero pasquale e che in
Cristo tutta la chiesa possa sperimentare sempre più la potenza della
Risurrezione".
Ecco, "il fatto che il sacerdote
parla e parla dall' inizio alla fine della santa messa fa dimenticare che il
centro della liturgia non è lui ma Dio. Dobbiamo insistere sul primato di Dio
nella liturgia. E' Dio che siamo venuti ad ascoltare, ad adorare, a
contemplare. E questo nostro incontro con lui trasforma la nostra vita e
illumina il nostro volto: come quello di Mosè. Il Signore parlava con Mosè faccia
a faccia come si parla con un amico: una volta uscito, riferiva agli israeliti
ciò che gli era stato ordinato. Gli israeliti, guardando in faccia Mosè,
vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo
sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore (Es
34, 34-35)".
Un' ultima battuta sui rapporti con il
Papa, che molti osservatori di questioni vaticane vorrebbero tesi, soprattutto
per quale differenza di vedute in materia liturgica. "Il Santo Padre mi
manifesta tanta fiducia e tanto rispetto e cerco di seguire pienamente la sua
volontà: rendere la liturgia più sacra, più bella, più silenziosa. Basterebbe
vedere il raccoglimento e la pietà con cui il Papa Francesco celebra la santa
messa per comprendere la sua vera intenzione".
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