Alasdair
MacIntyre, 1980.
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“Un
punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e
donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium
romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della
comunità morale con la conservazione di tale imperium.
Il
compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto di ciò che
stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui
la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la
morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie
e di oscurità. Se la mia interpretazione della nostra situazione morale è
esatta, dovremmo concludere che da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto
questo punto di svolta.
Ciò
che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui
interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate
attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la
tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima
età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa
volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno
governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto
a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un
altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso”.
Dalla prefazione alla seconda edizione, 2006.
“La
grandezza di Benedetto sta nell‘aver reso possibile l’istituzione del monastero
centrato sulla preghiera, sullo studio e sul lavoro, nel quale e intorno al
quale le comunità potevano non solo sopravvivere, ma svilupparsi in un periodo
di oscurità sociale e culturale. Gli
effetti della visione fondazionale di Benedetto e la loro ricaduta
istituzionale grazie a quanti in modi diversi hanno seguito la sua regola erano
in gran parte imprevedibili per quei tempi.
Quando
scrissi quella frase conclusiva nel 1980, era mia intenzione di suggerire che
anche la nostra epoca è un tempo di attesa di nuove e inattese possibilità di
rinnovamento. Allo stesso tempo, è un periodo di resistenza prudente e
coraggiosa, giusta e temperante nella misura del possibile, nei confronti
dell’ordine sociale, economico e politico dominante nella modernità avanzata.
Questa era la situazione ventisei anni fa, e tale ancora oggi rimane.”
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