La mattina del 6 settembre è venuto improvvisamente a mancare il
cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna e teologo morale di
prima grandezza, specie sulle questioni della famiglia e della vita, uomo di fede innamorato di Cristo.
Lo onoriamo riproducendo una omelia tenuta agli esercizi della Fraternita' di CL.
OMELIA DI SUA ECCELLENZA MONSIGNOR CARLO
CAFFARRA
ARCIVESCOVO DI BOLOGNA AGLI ESERCIZI DELLA
FRATERNITA’ 2005
«Durante la notte apparve a Paolo una
visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: “Passa in Macedonia e
aiutaci!”».
Carissimi fratelli e sorelle, queste
semplici parole narrano uno dei più grandi avvenimenti della storia, in
particolare della storia della nostra Europa. Quando S. Paolo, obbedendo alla
visione avuta in sogno, s’imbarcò a Troade coi
suoi collaboratori per la Macedonia, «ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad
annunziarvi la parola del Signore», egli segnò l’inizio di un mondo nuovo
perché introdusse nella civiltà umana l’evento
della missione.
La missione, cioè il fatto, testimoniato da
alcuni uomini, che esisteva una risposta alla domanda di senso invocata e
desiderata dall’uomo stesso. Una risposta che vale per ogni
uomo sotto qualsiasi cielo, condizione e latitudine si
trovasse, semplicemente perché è la risposta
vera.
La dimensione veritativa della proposta
cristiana è la ragione ultima dell’esigenza che la abita, di dirsi e proporsi
ad ogni uomo. Quando quella dimensione si oscura oppure peggio viene negata, il
cristianesimo inevitabilmente diventa
un’opinione da giudicarsi secondo una misura soggettiva; oppure è pensato come
una creazione, una produzione dell’uomo.
Ne era ben consapevole l’Apostolo quando
scriveva ai Corinzi: «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra
predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi
testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha
risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non
risorgono». Se la predicazione cristiana non testimonia un fatto realmente
accaduto, induce una credenza che esprime
solamente bisogni e desideri soggettivi dell’uomo, alla quale non corrisponde
nulla se non ciò che prova il soggetto. L’uomo
resta prigioniero di se stesso. Né l’uomo oggi è
aiutato molto – bisogna riconoscerlo – ad uscire da questa prigione neppure da
una certa teologia e catechesi, molto sottile e scaltra nel suo procedere e nel
suo linguaggio, ma che non raramente lascia
chi l’ascolta nell’incertezza sul punto fondamentale: se
Gesù Cristo sia una persona reale, viva oggi tra noi, così che ci sia dato di
poterlo incontrare.
In che modo oggi la persona umana si imbatte
nella realtà testimoniata dal missionario, uscendo dalla prigione della sua
soggettività? Dove può incontrarsi con il Fatto che rende vera la nostra
predicazione? È nella Chiesa che questo
incontro può accadere ed è attraverso la Chiesa che l’uomo si imbatte nella
Realtà del Risorto. La fede – scrive Tommaso – non termina alla formula ma
attinge la Realtà stessa creduta.
Carissimi,
o la speranza è fondata e
generata da una Presenza o è puro sogno e utopia. E quando ci si sveglia, i
sogni svaniscono: la vanità della fede [vanità nel senso paolino] genera una
speranza vacua. Un anestetico del nostro male di vivere che non è degno
dell’uomo.
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di
voi ha odiato me». L’incontro colla persona del Risorto vivente nella Chiesa
genera una compagnia, un’amicizia con Lui, un’appartenenza a Lui che ci fa
vivere e ci trasforma in Lui. Accade una vera e propria rigenerazione della
nostra umanità. Gregorio Magno parla di Cristo come di una “forma cui imprimimur”.
Quale
è il segno di questa impressione della forma di Cristo nella nostra persona? La
pagina evangelica oggi ci dà una risposta sconvolgente: il segno è l’odio del mondo.
La realtà oggi presente dentro al mondo, la
realtà di Cristo nella sua comunità e della sua comunità in Cristo,
diciamo in una parola, la realtà della Chiesa come
tale è odiata dal mondo come tale.
Perché quest’opposizione? La ragione è
l’appartenenza del discepolo del Signore ad un universo che è incomparabile con
l’universo mondano; chi appartiene all’uno non appartiene all’altro: «Poiché…
non siete del mondo, ma io vi ho
scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia».
La scelta di Cristo ci estrae dal mondo; ci
fa di natura diversa da quella mondana: per questo il mondo non ci riconosce
più come suoi e ci odia. Carissimi fratelli e
sorelle, questa pagina evangelica va presa molto sul serio; non possiamo
scansarla.
Non molto tempo fa si discusse se in Europa
ci fosse o non ci fosse in atto una vera e propria persecuzione della Chiesa.
Alla luce del Vangelo di oggi la questione si risolve assai facilmente. È
scritto nel Vangelo, nella pagina evangelica
di oggi, che l’odio per la Chiesa c’è sempre ed ovunque. L’odio contro la
carità, contro l’umiltà e la castità, contro la glorificazione di Cristo unico
salvatore del mondo; chiedersi se esiste questo
odio è una questione inutile. Ma non è inutile chiedersi se questo odio esiste
verso ciascuno di noi come persone che glorificano Cristo, che vivono il suo
comandamento: se questo non avviene è perché apparteniamo
al mondo.
Non
c’è bisogno di essere odiato, mi odio già da solo; non c’è bisogno che la
presenza cristiana sia perseguitata, perché si è già autoliquidata e dissolta.
Siamo servi che hanno voluto essere
più grandi – più furbi, più sapienti – del
loro padrone. Ma quando il servo non vuole essere più grande del suo padrone,
siatene certi: è odiato e perseguitato.
Carissimi, è la prima volta che vi trovate a
vivere i vostri Esercizi Spirituali dopo la morte del vostro padre fondatore
Mons. Giussani.
Termino leggendovi una sua riflessione che
sintetizza colla forza che possiede solo chi ha ricevuto un carisma fondatore
quanto ho cercato poveramente di dirvi:
«Questa è la vita eterna: che conoscano Te,
solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo». O è vero o non è vero. Se
non è vero c’è il nulla, il niente. Il niente. Arrovèllati fin quando vuoi,
potrai costruire, o uomo, dei manichini, ma non potrai evitare il nulla che sta
dietro di essi. Ciò per cui Cristo è stato mandato, ciò per cui ogni cristiano
è stato mandato, è una
battaglia tra la verità e il male, tra Dio e Satana, tra Dio e il «Nemico»
(come mi ha scritto un ragazzo l’altro giorno).
Perché il peccato originale, che viene come
veleno da questo Nemico, non è soltanto il quasi ridicolo tentativo di mettere
il nostro io al posto di Dio (come se il nostro io fosse creatore, potesse
competere con la parola «creatore»); è piuttosto una cosa che possiamo
coltivare anche in noi,
ospitare in noi, per commissione di Satana,
e realmente subirne le conseguenze: è la sfida a Dio, un odio a Dio, perché se
è stato ucciso Gesù è stato per un odio al vero.
«“Di questa età superba, / che di vote
speranze si nutrica, / vaga di
ciance, e di virtù nemica; / stolta, che l’util chiede, / e inutile la vita /
quindi più sempre divenir non vede” diceva Leopardi ne Il
pensiero dominante, ed è la descrizione molto più dei nostri
tempi che dei suoi».
Voi siete qui perché la vostra vita non si
nutra di «vote speranze», né sia «vaga di ciance»: sia una vita vera, cioè
reale.
La consistenza della realtà
della vita è misurata dalla consistenza della nostra appartenenza a Cristo.
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