Robi Ronza 8 ottobre 2018
La vittoria del liberale Jair Bolsonaro
sul laburista Fernando Haddad al primo turno delle elezioni presidenziali in
Brasile conferma che l’ondata
internazionale di risentimento contro la sinistra storica continua la sua
corsa. Ormai da qualche anno nelle democrazie dei più diversi Paesi del mondo gli elettori puniscono sistematicamente i
partiti in vario modo eredi del socialismo marxista e/o del progressismo
borghese del secolo XX. Il processo è iniziato già prima della vittoria di
Donald Trump su Hillary Clinton, ma ovviamente da tale episodio ha
ricevuto una spinta potente.
Andreas Hofer insorgenza antifrancese nel 1809 |
Ogni volta e in ogni Paese i buoni
motivi specifici non mancano. Non riescono però a spiegare come mai nei più
differenti contesti, dalle Filippine all’India, dalla Polonia all’Ungheria,
dall’Italia alla Svezia, dagli Stati Uniti al Brasile, escono battuti i candidati suggeriti e sostenuti dall’ordine costituito
mass-mediatico, dall’intellighenzija e dalle nuove gigantesche
multinazionali dell’epoca del web.
E viceversa gli “impresentabili” vanno
al governo. Di fronte a quanto sta accadendo il disorientamento
dei giganti sconfitti è quasi patetico.
Si veda, tanto per restare sotto casa, il vano agitarsi dell’imponente flotta di
mass media schierata in Italia contro l’attuale governo: da La Repubblica e dalla vasta
corona dei giornali suoi satelliti fino a SkyTv e alla rete televisiva La7
passando per la miriade dei conduttori di trasmissioni meridiane e pomeridiane
sia della Rai che della quasi totalità delle radio private. Come un pugile “suonato” questo pur così imponente coacervo di forze
tira ormai pugni nel vuoto. Più spara a palle incatenate contro Di Maio e
Salvini, cogliendo al volo ognuna delle loro quotidiane smargiassate e
impertinenze, e più i sondaggi registrano la crescita del consenso popolare al
loro governo e ai loro partiti.
Se, come oggi appare probabile, il
fenomeno verrà confermato alla scala continentale dall’esito delle elezioni europee della prossima primavera
questa svolta — di cui già in precedenti occasioni abbiamo parlato come di una
specie di insorgenza anti-giacobina alla scala planetaria — segnerà definitivamente il ribaltamento
della geografia politica delle democrazie così come si era definita al
compiersi della rivoluzione industriale. Volendo per una volta ancora usare
la vecchia e superata terminologia di un tempo diremo che in sostanza il popolo va a destra e le élites vanno a
sinistra.
E’
un processo storico a ben vedere tanto positivo quanto preoccupante.
E’
positivo nella misura in cui ci libera dall’egemonia di quel progressismo
astratto, radicale e in sostanza autoritario di cui, ad esempio in
Italia, La Repubblica è
la nave ammiraglia.
E’
preoccupante nella misura in cui i suoi antesignani, ubriacati dal
loro successo politico, cessano o non
iniziano tutto il lavoro di raccolta e di approfondimento di idee e di studi,
nonché di mobilitazione di competenze e di alleanze culturali, mancando il
quale il consenso che hanno raccolto non può che finire sprecato e disperso.
E’ invece proprio questo il rischio che
sta correndo in Italia l’attuale governo. Da un lato senza raccogliere adeguate
competenze e senza un conseguente poderoso lavoro di analisi e poi di
riorganizzazione dello Stato diventa
impossibile trasformare in fatti concreti delle promesse elettorali
radicalmente innovative come quelle in base alle quali Lega e 5 Stelle
hanno vinto le elezioni della primavera scorsa. Per un po’ si può
andare avanti a colpi di “twitter”, ma poi la realtà presenta il conto.
E’ istruttivo il caso del viadotto Morandi a Genova, che rischia di
diventare ogni giorno di più il segno premonitore di un fallimento politico
alla scala nazionale.
Dall’
altro lato poi, come le insorgenze
anti-giacobine di oltre due secoli fa, anche questa è una rivolta dove c’è
di tutto; non solo il limpido ma anche il torbido, non solo il popolare ma
anche il reazionario. Un processo storico è appunto un processo, ossia
innanzitutto qualcosa che accade, non qualcosa che viene posto in moto e
tenuto in movimento da qualche singolo soggetto per potente che sia. Se però
all’ interno di esso non si pone mano a una
purificazione delle idee e degli obiettivi diventa molto probabile che anche
il movimento anti-giacobino di oggi faccia la fine di quello di un tempo:
finisca cioè non di mettere fuori gioco il suo avversario bensì di aprigli la
strada a una sua continuazione in nuove forme.
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