EMANUELE CHESI
Comunque vada, per Cesena sarà una svolta epocale: la fine dell'egemonia
del Pd dopo il doppio mandato di Paolo Lucchi, piglio manageriale e presa
ferrea sul partito, un cursus honorum vecchio stile
dalla segreteria del Pci alla direzione di Confesercenti passando per il
Consiglio regionale.
Tendenza egemonica sfociata nell'autosufficienza di
una giunta monocolore, inossidabile nonostante gli strali da destra e da
sinistra, le dimissioni di un assessore accusato di conflitto d'interesse, le
manifestazioni di piazza, i comitati e le raccolte di firme. Contestazioni tra
le più svariate, dalla pedonalizzazione di piazza della Libertà al taglio dei
lecci dinanzi alla Biblioteca Malatestiana.
La seconda capitale di una provincia bicefala – ma Forlì è sempre più
lontana, anche politicamente – dovrà cambiare pelle anche se il centrosinistra
riuscisse a evitare di ammainare la bandiera.
Sul piatto restano i temi centrali del
dibattito politico di questi ultimi anni. Su tutti la desertificazione del
centro storico e la sicurezza. Il primo è da sempre il punto
dolente del confronto tra Pd e le opposizioni che imputano all'amministrazione
uscente una politica di favoritismi verso la grande distribuzione, a partire
dall'autorizzazione all'ampliamento del centro commerciale Montefiore. Lo
scenario è così quello (per la verità comune a molti centri urbani) di
un'epidemia di vetrine spente. L'accusa è quella di una scarsa accessibilità
del cuore cittadino dovuta alla carenza di parcheggi e al rigore dei varchi di
accesso alla Ztl controllati da telecamere.
L'allarme sicurezza, invece, risente sicuramente dell'onda d'urto
nazionale, ma si incardina anche in un'obiettiva crescita dei furti nelle
abitazioni e nei negozi. Il piano di videosorveglianza dell'amministrazione
comunale (400 telecamere con una centrale operativa interconnessa anche a
impianti privati) non è bastato a tacitare le critiche di sottovalutazione del
problema. Cesena però sconta una carenza di organico delle forze di polizia:
città delle sue stesse dimensioni, per il solo fatto di essere sede di
questura, dispongono di un numero doppio di agenti.
Per il Pd il successore designato di
Lucchi è Enzo Lattuca, 31 anni, avvocato, ex deputato (il più giovane della
storia repubblicana) nella precedente legislatura. Apparentemente un
figlio della storia comunista trasmigrata nel Pd, subito entrato in collisione
con la svolta renziana (abbracciata invece dal sindaco Lucchi), per lui bissare
l'exploit di un'elezione al primo turno è
pura illusione. Il Pd ha approntato un'alleanza mai così multicolore: c'è
l'area ex Sel e Mdp nella lista “A Sinistra”, la lista civica “Cesena 2020”
dell'assessore allo sport Christian Castorri, il Pri – che in Romagna resta una
presenza significativa – e addirittura la lista dei Popolari capitanata da
Gilberto Zoffoli, ex candidato sindaco del centrodestra alle precedenti
elezioni. Una coalizione ampia che per forza di cose deve mostrare uno
spericolato mix tra continuità e cambiamento. Per questo fa leva sul recupero
del ruolo dei quartieri (finora a Cesena si è discusso molto di centro storico,
commercio e parcheggi) e sul potenziamento del Welfare, con la proposta di
rendere gratuito per tutti l'accesso alle scuole materne.
Il candidato sindaco della coalizione di
centrodestra è invece Andrea Rossi, imprenditore e manager molto stimato in
città, proprietario del Teatro Verdi, nessuna precedente esperienza politica. Si presenta con
una sua lista civica in alleanza con Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e
Popolo della famiglia. Rossi punta molto sull'idea di alternativa alla gestione
del potere marcata Pd, mette in primo piano la sua identità di civico oltre i
partiti per smarcarsi dall'ipoteca dell'uomo forte leghista, il sottosegretario
alla giustizia Jacopo Morrone. Gestione manageriale del municipio, ascolto
delle categorie economiche e imprenditoriali e sicurezza sono tra i temi forti
della campagna elettorale di Rossi.
La platea degli altri contendenti è
particolarmente affollata. Quello che doveva essere uno dei protagonisti della
contesa elettorale, il Movimento 5 Stelle, in virtù del 30% guadagnato alle
ultime elezioni politiche, è rimasto impantanato in una lotta intestina. Il “bollino” di Di
Maio a una delle due liste contrapposte è arrivato in extremis. La campagna
elettorale del candidato sindaco grillino, il medico ed ex consigliere comunale
Claudio Capponcini, è iniziata in salita.
Particolarmente attiva è invece la
lista civica “Cesena Siamo Noi” guidata da Vittorio Valletta, ex grillino e già
consigliere comunale. Completano il quadro la lista civica “Cesena in Comune”,
che candida sindaco l'ex consigliere comunale verde Davide Fabbri, la lista
alternativa di sinistra “Fondamenta” con il giovane Luca Capacci e la lista di
Casapound guidata dall'editore Antonio Barzanti.
Il dibattito elettorale finora si è arroventato attorno ai temi del “cambio
di regime” (scontato per una città governata da mezzo secolo dalla sinistra) e
della sicurezza.
Si stenta a riconoscere nei
programmi un'idea di futuro non stereotipata e soprattutto nessuno fa i conti
con il possibile scenario di una Romagna, territorio integrato per eccellenza
ma piagato dai municipalismi, governato a macchia di leopardo da diverse forze
politiche. Se n'è avuta l'avvisaglia in Provincia, ormai un ectoplasma
politico-amministrativo, dove i partiti di centrodestra hanno rifiutato di
collaborare col centrosinistra nella gestione dell'ente.
Oltre alle polemiche
per la desertificazione del centro storico, qualche decina di milioni di euro
di crediti inesigibili e la sconfitta nel processo contro un cittadino accusato
di stalking (dopo aver presentato
200 esposti contro il Comune, tutti archiviati), il sindaco Paolo Lucchi lascia
in eredità al suo successore un Campus universitario di prim'ordine da
completare e un ospedale che è solo sulla carta ma ha già un finanziamento
statale di 156 milioni: opere che per essere portate a termine necessiteranno
di capacità politica, coesione del territorio e sintonia con la Regione.
Circolano già ampiamente sondaggi, ipotesi, previsioni. Il centrosinistra è
stimato in partenza dieci punti avanti al centrodestra, ma decisamente lontano
da una vittoria al primo turno. Il ballottaggio potrebbe allora rivelarsi
un'opportunità più per Rossi che per Lattuca. La polemica anti-Pd che viene
dalle altre liste spinge per quel “cambio di regime” che ormai è un mantra.
Emanuele Chesi
Direttore Carlino Edizione di Cesena
13/5/19
tratto da "rivista il mulino"
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